Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11437 del 12/05/2010

Cassazione civile sez. trib., 12/05/2010, (ud. 22/02/2010, dep. 12/05/2010), n.11437

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PLENTEDA Donato – Presidente –

Dott. MAGNO Giuseppe V. A. – Consigliere –

Dott. BERNARDI Sergio – rel. ed est. Consigliere –

Dott. CARLEO Giovanni – Consigliere –

Dott. D’ALESSANDRO Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

Comune di Castel D’Aiano, in persona del sindaco in carica,

domiciliato in Roma, E. Gianturco n. 11, presso l’avv. Colleluori

Rita, che lo rappresenta e difende giusta procura a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

Parrocchia di (OMISSIS), in persona del

parroco in carica, don B.P., rappresentata e difesa dagli

avvocati Giuffrè Adriano e insieme Paolo Bonetti, presso

quest’ultimo domiciliata in Roma via Collina n. 36;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 42 della Commissione tributaria regionale di

Bologna, depositata in data 30.06.2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 22

febbraio 2010 dal consigliere relatore dott. Sergio Bernardi;

udita per il ricorrente l’avvocata Rita Colleluori;

viste le conclusioni del P.M., in persona del Sostituto Procuratore

Generale dott. FUZIO Riccardo, che ha concluso per il rigetto del

ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Comune di Castel D’Aiano ricorre per la cassazione della sentenza della CTR di Bologna che ha confermato la decisione della CTP di annullamento degli avvisi di accertamento ICI 1993 e 1994 notificati alla Parrocchia di (OMISSIS) per le case canoniche adiacenti alla chiesa. L’ente Parrocchia resiste con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il Comune ha notificato gli avvisi sul rilievo che i due immobili abitativi adiacenti alla Parrocchia (OMISSIS), ancorchè destinati a dimora abituale del parroco con decreto dell’Arcivescovo di (OMISSIS), nel periodo in riferimento non vennero utilizzati in conformità alla loro destinazione pertinenziale. avendo il parroco assunto residenza in altra frazione del Comune. Sarebbe in tal modo venuto meno il rapporto di pertinenza con l’edificio di culto, e quindi la ragione di esenzione dall’imposta ICI sancita dal D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, lett. d).

Respingendo la tesi del Comune, la CTR (confermando la analoga decisione della CTP di Bologna) ha osservato che “il vincolo pertinenziale chiesa-canonica, voluto dalle autorità ecclesiastiche, non risulta essere stato revocato e quindi resta in vigore in mancanza di formale revoca. L’utilizzo o meno della canonica come dimora abituale del parroco non è da ritenere rilevante ai fini del rapporto pertinenziale, essendo tale dimora soggetta a variazione per mutevoli esigenze contingenti, che non possono generare un alternarsi di periodi in cui il rapporto pertinenziale esiste a periodi in cui viene a mancare a causa delle suddette esigenze contingenti”.

Col ricorso per cassazione si deduce violazione di legge e vizio di motivazione. Si assume che la decisione impugnata costituisce erronea applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, lett. d) perchè afferma l’esistenza del vincolo di pertinenza degli immobili abitativi all’edificio di culto sulla scorta del solo elemento soggettivo costituito dall’atto di destinazione dei beni asserviti compiuto dal titolare del diritto reale (a suo tempo l’Arcivescovo di (OMISSIS)), ancorchè sia risultato che nella specie non ricorreva l’ulteriore elemento, altrettanto necessario alla configurabilità del rapporto pertinenziale costituito dalla concreta attuale destinazione delle pertinenze a servizio della cosa principale.

Ulteriore profilo di violazione di legge (art. 2697 c.c.) sarebbe implicito nella affermazione che “il vincolo pertinenziale chiesa- canonica, voluto dalle autorità ecclesiastiche. non risulta essere stato revocato”, con la quale si sarebbe addossata al Comune la prova che non ricorreva il presupposto della esenzione, la cui positiva ricorrenza spettava invece alla Parroccia di dimostrare. Si aggiunge che la decisione sarebbe motivata in modo insufficiente e contraddittorio sul punto decisivo della sussistenza del rapporto pertinenziale, mancando di indicare gli elementi che consentirebbero di superare il rilievo che negli anni in riferimento gli immobili non sono stati utilizzati da parte della parrocchia proprietaria.

Il ricorso è fondato.

Non è in questione il costante insegnamento di questa corte per cui “al fine della configurabilità del vincolo pertinenziale (art. 817 c.c.) sotto il profilo della durevole destinazione di una cosa al servizio di un’altra, è necessario che l’utilità sia oggettivamente arrecata dalla cosa accessoria a quella principale e non al proprietario di questa, dovendo le pertinenze servire alla utilità della cosa e non anche a quella meramente personale del dominus della stessa” (6671/1984; 12983/2002; 4599/2006). Ma è incongrua la decisione dei giudici di merito che hanno ritenuto ricorrente nella specie il rapporto di pertinenzialità fra le case di abitazione e la chiesa sulla scorta di un risalente atto di destinazione dell’autorità ecclesiastica senza verificare se negli anni in riferimento quella destinazione fosse stata realizzala. Nella sua assolutezza, l’affermazione che “l’utilizzo o meno della casa canonica come dimora abituale del parroco non è da ritenere rilevante ai fini del rapporto pertinenziale” non è condivisibile, perchè il rapporto pertinenziale può essere risolto anche da comportamenti concludenti, ed il fatto che l’abitazione del parroco sia stata trasferita altrove non solo saltuariamente, ma (almeno) per due anni interi, non potrebbe non aver comportato la cessazione della destinazione degli immobili abitativi alla funzionalità dell’edificio di cullo se non fosse stata giustificata da circostanze che ne dimostrassero la contingente necessità, e ne escludessero l’implicito significato di negazione della strumentalità verbalmente riaffermata con la contestazione del provvedimento impositivo.

Circostanze che, ponendosi come eccezione rispetto alla valenza probatoria implicita nella mancata utilizzazione degli immobili da parte del parroco, spettava alla Parrocchia di dimostrare.

La sentenza impugnata va dunque cassata e la causa va rimessa per nuovo esame, nel quale, sulla scorta delle risultanze processuali, l’illustrato punto decisivo venga adeguatamente motivato.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, ad altra sezione della CTR della Emilia e Romagna.

Così deciso in Roma, il 22 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 12 maggio 2010

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