Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11436 del 10/05/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 10/05/2017, (ud. 23/03/2017, dep.10/05/2017),  n. 11436

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – rel. Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. R.G. 9445-2016 proposto da:

B.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE GIULIO

CESARE, 95, presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRO BIANCHINI, che

lo rappresenta e difende;

– ricorrenti –

contro

COOPERATIVA SOCIALE SOCIO SANITARIA FUTURA ONLUS, in persona del

Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIALE DEL LIDO, 78, presso lo studio

dell’avvocato FRANCESCO MANCINI, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

per il regolamento di competenza avverso il provvedimento del

TRIBUNALE di ROMA, depositato il 22/03/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 23/03/2017 dal Consigliere Dott. PAOLA GHINOY;

Lette le conclusioni scritte del P.G. in persona del Sostituto

Procuratore SANLORENZO Rita, che chiede che la Corte di Cassazione

dichiari la sussistenza della competenza del Giudice del Lavoro del

Tribunale di Roma, con le determinazioni di legge.

Fatto

RILEVATO

che:

1. B.M. proponeva ricorso ai sensi della L. n. 92 del 2012, art. 1, comma 48 impugnando il provvedimento adottato in data 30/11/2015 dalla Cooperativa sociale sociosanitaria Futura Onlus che disponeva la sua esclusione dalla compagine sociale, con conseguente estinzione del rapporto di lavoro ai sensi della L. n. 142 del 2001, art. 5, comma 2 così come riformata dalla L. n. 30 del 2003. Chiedeva che alla nullità del licenziamento o alla sua illegittimità conseguissero gli effetti reintegratoti e/o risarcitori previsti dalla L. n. 300 del 1970, art. 18.

2. Il giudice del lavoro di Roma con ordinanza del 22 marzo 2016, premetteva che il consiglio di amministrazione della cooperativa convenuta aveva deliberato l’esclusione del ricorrente dalla compagine sociale per violazione delle disposizioni dettate dall’art. 14, lett. i), j) e k) dello Statuto e che pertanto il rapporto di lavoro non era cessato per licenziamento (mai precedentemente intimato), ma in ragione della cessazione del rapporto associativo, e che per tale ragione non poteva ritenersi applicabile la L. n. 142 del 2001, art. 2. Riteneva quindi che la causa non rientrasse nella competenza funzionale del giudice del lavoro secondo le disposizioni del rito speciale dettate dall’art. 409 c.p.c. e ss., ma piuttosto del tribunale ordinario, secondo le disposizioni dettate dall’art. 163 c.p.c. e ss.; richiamato l’art. 427 c.p.c., disponeva quindi la rimessione degli atti al Tribunale ordinario di Roma, concedendo termine di 30 giorni per la riassunzione della causa secondo il rito ordinario.

3. B.M. ha proposto ricorso per regolamento di competenza ex art. 42 c.p.c., a sostegno del quale deduce la violazione ed errata applicazione della L. n. 142 del 2001, art. 1, comma 3 e art. 5, comma 2, la violazione dell’art. 40 c.p.c., comma 3, la violazione dell’art. 409 c.p.c.. Sostiene che gli addebiti assunti a fondamento della risoluzione del rapporto attenevano non agli oneri e ai doveri che derivano dal rapporto mutualistico, bensì al rapporto di lavoro intrattenuto con la cooperativa in qualità di socio lavoratore con contratto a tempo indetenninato e con la mansione di operatore domiciliare sin dal 1/1/1998, sicchè la competenza spettava al giudice del lavoro.

4. Ha resistito con controricorso la Cooperativa sociale Sociosanitaria Futura Onlus. Il Pubblico Ministero ha depositato le sue conclusioni scritte, nelle quali ha chiesto dichiararsi la competenza del Giudice del Lavoro del Tribunale di Roma. La Cooperativa sociale sociosanitaria Futura Onlus ha depositato anche memoria ex art. 380 ter c.p.c.

5. Il Collegio ha autorizzato al redazione della motivazione in forma semplificata.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. il Collegio in limine litis ritiene fondata l’eccezione d’inammissibilità del regolamento di competenza formulata dalla difesa della parte controricorrente.

2. Questa Corte ha ribadito in numerosi arresti che è inammissibile il regolamento di competenza proposto avverso l’ordinanza con cui il tribunale, adito in funzione di giudice del lavoro, abbia dichiarato la propria incompetenza per materia in favore di una sezione ordinaria del medesimo ufficio giudiziario, atteso che, a seguito dell’istituzione del giudice unico di primo grado, la ripartizione di funzioni fra la suddette sezioni non implica l’insorgenza di una questione di competenza, ma esclusivamente di rito, riguardando la distribuzione degli affari all’interno dello stesso ufficio (Cass. 19/07/2016 n. 14790, Cass. 05/05/2015 n. 8905, Cass. 18/09/2007, n. 19345). Tale principio risulta confermato per effetto della L. n. 69 del 2009, art. 54 recante la delega al Governo per la riduzione e semplificazione dei procedimenti civili, che al comma 4, lett. a) che ha mantenuto fermi per il legislatore delegato i previgenti criteri di competenza (oltre che di composizione dell’organo giudicante) e del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 4 in tema di mutamento del rito.

Il regolamento di competenza infatti è un rimedio impugnatorio inteso a rimuovere un provvedimento sulla competenza, che non sussiste nel caso, mentre il disposto mutamento del rito resta ridiscutibile nell’ulteriore corso del processo (così testualmente Cass. 05/05/2015 n. 8905) se ed in quanto se ne lamenti l’idoneità a tradursi in vizio del procedimento e della sentenza.

3. Segue l’inammissibilità del ricorso.

4. Le spese del giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo. Sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.000,00 per compensi, oltre ad Euro, 200,00 per esborsi, rimborso spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 23 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 10 maggio 2017

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