Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11431 del 10/05/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 10/05/2017, (ud. 08/03/2017, dep.10/05/2017),  n. 11431

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8576/2015 proposto da:

POSTE ITALIANE SPA, C.F. (OMISSIS), in persona dell’Amministratore

Delegato e legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, L.G. FARAVELLI 22, presso lo studio

dell’avvocato ARTURO MARESCA, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

B.C., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CRESCENZIO

58, presso lo studio dell’avvocato BRUNO COSSU, che larappresenta e

difende unitamente agli avvocati ALBERTO PICCININI e SAVINA BONIBOI;

– controricorrente –

e contro

ALI SPA AGENZIA LAVORO;

– intimata –

avverso la sentenza n. 65/2014 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 27/03/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata dell’8/03/2017 dal Consigliere Dott. ROSSANA MANCINO.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

1. la Corte di appello di Bologna respingeva il gravame proposto dalla s.p.a. Poste Italiane avverso la decisione di primo grado, che, per quanto in questa sede rileva, aveva dichiarato l’illegittimità del contratto per prestazioni di lavoro temporaneo e delle proroghe stipulati dalla B. con la s.p.a. Ali – Agenzia per il lavoro, a seguito di contratto di fornitura con Poste Italiane s.p.a. stipulato in relazione a “Casi previsti dal ccnl di categoria di appartenenza dell’impresa utilizzatrice” e, per l’effetto, la sussistenza tra la lavoratrice e la società Poste Italiane di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato a far data dal 2.1.2003, con condanna al ripristino del rapporto con l’utilizzatrice Poste Italiane ed al risarcimento del danno, pari alle retribuzioni maturate dalla data di messa in mora del 31.7.2006 sino alla riammissione, detratto l’aliunde perceptum;

2. per la Corte del merito, se pure nel contratto di fornitura tra le imprese le ragioni di ricorso allo stesso sottese potessero essere molteplici, rispetto alla singola utilizzazione il contratto di lavoro tra l’impresa che forniva la manodopera ed il lavoratore doveva esattamente esplicitare e specificare quali delle ragioni indicate nel contratto giustificassero l’assunzione del dipendente e la sua destinazione presso l’utilizzatore, onde consentire il controllo successivo sulla congruenza tra le ragioni richiamate e quelle per le quali il dipendente era stato assunto dall’impresa di fornitura ed inviato presso l’utilizzatrice; specificazioni mancate nella specie in cui la causale era indicata in modo del tutto generico;

3. a giudizio della Corte era, poi, inapplicabile alla fattispecie la L. n. 183 del 2010, art. 32, comma 5, in ordine alle conseguenze risarcitorie;

4. per la cassazione di tale decisione ricorre la società Poste Italiane, affidando l’impugnazione a due motivi, ulteriormente illustrati con memoria, cui resiste, con controricorso, la lavoratrice;

5. Ali s.p.a. è rimasta intimata;

6. il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione semplificata.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

7. con il secondo motivo di ricorso, il cui esame è logicamente prioritario, viene denunziata violazione e falsa applicazione della L. n. 196 del 1997, art. 1, comma 2, lett. c) e art. 5, della L. n. 196 del 1997, art. 3, comma 3, e art. 10, sul rilievo che il contratto di fornitura non deve contenere l’indicazione dei motivi di ricorso alla fornitura di lavoro temporaneo ai sensi della L. n. 196 del 1997, art. 1, comma 5, dovendo tali ragioni essere indicate unicamente nel contratto per prestazione di lavoro temporaneo, ovvero nel contratto stipulato tra il lavoratore e la società di fornitura, e che ogni vicenda relativa al contratto di lavoro temporaneo è da imputare esclusivamente ai rapporti intercorrenti tra società fornitrice e lavoratrice, nei cui confronti devono essere fatte valere le pretese azionate; aggiunge che nel caso specifico il ricorso al lavoro temporaneo era consentito dalla legge o dal contratto collettivo e che, in ogni caso la mancata, erronea o generica indicazione dei motivi di ricorso alla fornitura di lavoro temporaneo può produrre solo ed esclusivamente la costituzione del rapporto alle dipendenze della società fornitrice;

8. il motivo è infondato alla stregua della giurisprudenza di questa Corte, richiamata, da ultimo, da Cass. sez. sesta-L 16 dicembre 2016, n. 26066, in fattispecie simile a quella posta con il ricorso all’esame;

9. la norma di riferimento è la L. n. 196 del 1997, art. 1, comma 2, che consente il contratto di fornitura di lavoro temporaneo solo nelle seguenti ipotesi: “a) nei casi previsti dai ccnl della categoria di appartenenza della impresa utilizzatrice, stipulati dai sindacati comparativamente più rappresentativi; b) nei casi di temporanea utilizzazione di qualifiche non previste dai normali assetti produttivi aziendali; c) nei casi di sostituzione dei lavoratori assenti, fatte salve le ipotesi di cui al comma 4” (che prevede le situazioni in cui è vietata la fornitura di lavoro temporaneo);

10. la causale indicata nel contratto di fornitura in esame è la seguente: “Casi previsti dai contratti collettivi nazionali di categoria di appartenenza dell’impresa utilizzatrice, stipulati dai sindacati comparativamente più rappresentativi e, nello specifico, per soddisfare esigenze di carattere temporaneo nei limiti previsti dalla L. n. 196 del 1997, art. 1, comma 2”;

11. il contratto, pertanto, invece di specificare la causale all’interno delle categorie consentite dalla legge, si limita a parafrasare il testo della legge, peraltro con riferimento indistinto a tutte e tre le categorie, senza compiere alcuna specificazione (e, ad. es. quanto alla lett. c, non si indica a quali esigenze sostitutive si fa riferimento);

12. la genericità della causale rende il contratto illegittimo, per violazione della L. n. 196 del 1997, art. 1, commi 1 e 2, che consente la stipulazione solo per le esigenze di carattere temporaneo rientranti nelle categorie specificate nel comma 2, esigenze che il contratto di fornitura non può quindi omettere di indicare, nè può indicare in maniera generica e non esplicativa, limitandosi a riprodurre il contenuto della previsione normativa;

13. neanche può ritenersi che il rilevato onere di specificazione non fosse richiesto rispetto ad una genericità della previsione collettiva, posto che solo la indicazione precisa delle esigenze sostitutive sottese all’assunzione dell’attuale parte intimata avrebbe consentito il riscontro in termini probatori della effettività della ragione sottesa alla fornitura del lavoro dello stesso nell’ufficio di adibizione, consentendo di escludere che il lavoro della predetta, adibita a mansioni di recapito presso il CMP di Bologna, fosse funzionale alla diversa esigenza di sopperire ad ordinarie carenze di organico della Filiale di tale città;.

14. è invece fondato il primo mezzo d’impugnazione, con il quale si deduce la violazione e falsa applicazione della L. n. 183 del 2010, art. 32, rilevandosi che la Corte di appello avrebbe dovuto fare applicazione di tale norma, essendo la stessa applicabile a tutti i giudizi in corso, tanto nel merito quanto in sede di legittimità, e che la stessa sia riferibile anche ai giudizi in materia di fornitura e/o somministrazione;

15. come già ritenuto, anche per tale profilo di censura, da Cass. sez. sesta-L n. 26066 del 2016, cit., il problema interpretativo, consistente nello stabilire se la formula “casi di conversione del contratto a tempo determinato”, riguardi esclusivamente i contratti a termine o anche i contratti di lavoro temporaneo, è stato risolto dall’ultima giurisprudenza di legittimità nel senso della estensibilità della formula anche a tali ultimi contratti (Cass. 29.5.2013 n. 13404, Cass. 17.1.2013 n. 1148 e, da ultimo, Cass. 18046 del 2014, alle cui argomentazioni si rimanda anche per i riferimenti a C.G.U.E. C-290/12 dell’11.4.2013);

16. nelle richiamate pronunce si è osservato, tra l’altro, che la norma in questione richiama in senso ampio l’istituto del contratto di lavoro a tempo determinato, con formulazione unitaria, riferendosi ai “casi” di conversione del contratto a tempo determinato”, senza associare tale espressione all’indicazione di normativa specifica di riferimento e senza riguardo ad ulteriori elementi selettivi, il che rende irrilevante la circostanza che in alcuni di questi casi alla conversione del rapporto a tempo indeterminato si unisca anche una conversione “soggettiva”, nel caso della somministrazione e del lavoro temporaneo nei riguardi dell’utilizzatore;

17. l’indennità omnicomprensiva, commisurata ad un importo variabile tra un minimo di 2,5 ed un massimo di 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, con norma interpretativa, L. 28 giugno 2012, n. 92, art. 1, comma 13, è stata indicata come idonea a ristorare per intero il pregiudizio subito dal lavoratore, comprese le conseguenze retributive e contributive relative al periodo compreso tra la scadenza del termine e la pronuncia del provvedimento con quale il giudice abbia ordinato la “ricostituzione” del rapporto di lavoro;

18. l’utilizzazione del termine da ultimo indicato denota che il concetto di conversione comprende tanto i provvedimenti di natura dichiarativa, tanto quelli di natura costitutiva, quale quello previsto dal D.Lgs. n. 276 del 2003, con riferimento alla somministrazione irregolare;

19. in conclusione, rigettato il secondo e accolto il primo motivo di ricorso, la sentenza dev’essere cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio, per essere necessari ulteriori accertamenti, alla Corte d’appello di Bologna, in diversa composizione, per la determinazione della misura dell’indennità forfetaria, in applicazione dei principi enunciati, e per le spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il primo motivo del ricorso, rigettato il secondo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Bologna, in diversa composizione, per la determinazione della misura dell’indennità forfetaria, in applicazione dei principi enunciati.

Così deciso in Roma, il 8 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 10 maggio 2017

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