Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1143 del 19/01/2011

Cassazione civile sez. lav., 19/01/2011, (ud. 23/11/2010, dep. 19/01/2011), n.1143

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIDIRI Guido – Presidente –

Dott. AMOROSO Giovanni – Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Consigliere –

Dott. MELIADO’ Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 8703-2007 proposto da:

A.R., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato MARRA MARIA TERESA, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro in carica,

domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso L’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis, (atto

di costituzione depositato in data 4/05/07);

– resistente con mandato –

avverso la sentenza n. 7080/2005 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 20/03/2006 R.G.N. 1822/02;

udita la reflazione della causa svolta nella pubblica udienza del

23/11/2010 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE MELIADO’;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUCCI COSTANTINO, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso per

quanto di ragione.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza in data 14.11.2005/20.3.2006 la Corte di appello di Napoli, pronunciando in sede di rinvio dalla Suprema Corte di Cassazione, condannava, in riforma della sentenza resa dal pretore di Napoli l’1.6.1995, il Ministero dell’Interno al pagamento in favore di A.R. della somma di Euro 2618,16 quali interessi legali e rivalutazione monetaria su provvidenze assistenziali tardivamente corrisposte.

Per la cassazione della sentenza propone ricorso A.R. con due motivi. L’Avvocatura dello Stato, per il Ministero intimato, ha depositato procura difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo ed il secondo motivo, proposti ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, il ricorrente prospetta violazione e falsa applicazione dell’art. 442 c.p.c., nonchè vizio di motivazione, osservando che la corte territoriale aveva condannato il Ministero intimato solo a quanto richiesto a titolo di interessi (Euro 2618,16), ma non anche alla rivalutazione ed agli interessi sulla rivalutazione, sull’erroneo assunto che dai conteggi allegati (ad avviso della corte medesima esenti da censure giuridiche e contabili) l’importo di tali ultime voci risultasse “uguale a 0”, laddove, invece, la rivalutazione monetaria risultava in Euro 3.656,50 e gli interessi sulla stessa in Euro 247,38.

I motivi, che, in quanto connessi, possono essere esaminati congiuntamente, vanno dichiarati inammissibili, per prospettarsi, in realtà, con gli stessi un errore revocatorio, e non un vizio di motivazione.

Costituisce, infatti, insegnamento consolidato di questa Corte di legittimità in relazione alla revocazione prevista dall’art. 395 c.p.c., n. 4 (v. ad es. ex multis Cass. n. 10637/2007) che l’errore di fatto, che legittima l’impugnazione per revocazione ai sensi della norma citata, consiste in una falsa percezione della realtà, in un errore, cioè, obiettivamente ed immediatamente rilevabile, tale da avere indotto il giudice ad affermare l’esistenza di un fatto decisivo incontestabilmente escluso dagli atti o dai documenti di causa, ovvero l’inesistenza di un fatto decisivo positivamente accertato in essi, sempre che tale fatto non abbia costituito un punto controverso sul quale sia intervenuta adeguata pronuncia.

Nel caso, il ricorrente prospetta (e ritualmente documenta) che la corte territoriale, pur avendo assunto che la domanda non era stata contrastata “nè nei suoi presupposti di fatto la corresponsione ritardata della sorte capitale – nè nel suo profilo quantitativo” (così nella decisione impugnata), aveva riconosciuto, sulla base degli stessi conteggi elaborati dall’appellante, che l’importo dovuto quanto a rivalutazione risultava pari a “0”, laddove, in realtà, tale indicazione riguardava solo il mese di marzo 1991, e non anche il complessivo periodo preso in considerazione (1.10.1986/13.3.1991), con riferimento al quale, sulla base dei medesimi conteggi, elaborati per singola mensilità, risultava un credito complessivo per rivalutazione pari ad Euro 3.656,50 e per interessi su rivalutazione pari ad Euro 247.38.

Ne deriva che l’errore allegato non costituiva un punto controverso della decisione e non risulta, quindi, riferibile ad un vizio della relativa motivazione.

Il ricorso va, pertanto, dichiarato inammissibile.

Nulla sulle spese, non avendo svolto il Ministero intimato attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; nulla per le spese.

Così deciso in Roma, il 23 novembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 19 gennaio 2011

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