Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11429 del 15/06/2020

Cassazione civile sez. VI, 15/06/2020, (ud. 07/11/2019, dep. 15/06/2020), n.11429

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – rel. Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2077-2019 proposto da:

IMPRESA F.G., in persona dell’omonimo titolare e legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIA

MONTEVIDEO 10, presso lo studio dell’avvocato DE ANGELIS ANTONIO,

rappresentata e difesa dagli avvocati FRANCESCA CRESCIMBENI, MICHELA

F.;

– ricorrente –

contro

F.L., R.G., elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA MORGAGNI 2/A, presso lo studio dell’avvocato UMBERTO

SEGARELLI, rappresentati e difesi dall’avvocato LUIGI ZINGARELLI;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 724/2018 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA,

depositata il 25/10/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 7/11/2019 dal Consigliere Relatore Dott. BESSO

MARCHEIS CHIARA.

Fatto

RITENUTO

CHE:

1. Con atto di citazione del 16 luglio 2010 i coniugi R.G. e F.L. convenivano in giudizio l’Impresa F.G. chiedendo, previa dichiarazione dell’inadempimento contrattuale di parte convenuta, la condanna di quest’ultima all’esecuzione delle opere previste nel progetto di realizzazione dell’immobile acquistato dagli attori, unitamente all’eliminazione dei vizi esistenti sul medesimo immobile e, in ogni caso, al risarcimento dei danni derivanti dal minore valore dello stesso. Nel corso del processo l’Impresa depositava ricorso per accertamento tecnico preventivo: il consulente tecnico nominato dal giudice quantificava i costi necessari per l’eliminazione dei difetti in Euro 26.500, riconoscendo ulteriori Euro 8.500 a titolo di “riconoscimento per inadempienza e per diminuzione del valore dell’immobile e varie”.

Il Tribunale di Terni, in parziale accoglimento della domanda, con sentenza n. 409/2016 disponeva la condanna dell’impresa convenuta al pagamento della somma di Euro 31.750 in favore degli attori e rigettava “le ulteriori domande formulate nell’interesse di parte attrice”.

2. Avverso tale sentenza proponeva appello l’Impresa F.G., al fine di ottenere la riforma della condanna al pagamento di Euro 31.750 e di quella al pagamento delle spese di lite; gli appellati proponevano a loro volta impugnazione incidentale in relazione alla mancata liquidazione del risarcimento del danno a loro asseritamente derivato dalla perdita di valore dell’immobile.

La Corte d’appello di Perugia, preliminarmente disposta la sospensione della provvisoria esecuzione della sentenza impugnata per l’ammontare di 11.700 Euro, con sentenza 25 ottobre 2018, n. 724, rigettava tanto l’appello principale quanto quello incidentale.

3. Contro la sentenza ricorre per cassazione l’Impresa Giuseppe F..

Resistono con controricorso R.G. e F.L..

La ricorrente ha depositato memoria ex art. 380-bis c.p.c.; memoria, insieme alla nota spese, è stata depositata anche dai contro ricorrenti.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

I. Il ricorso è articolato in due motivi.

a) Il primo motivo denuncia “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, motivo riconducibile all’art. 360 c.p.c., n. 5”: con l’atto di citazione in appello la ricorrente ha lamentato il difetto di legittimazione dei coniugi R. e F. con “precipuo riferimento al problema delle infiltrazioni”, problema in relazione al quale essa è stata condannata in primo grado a pagare Euro 5.700 e che era stato “sollevato anche nell’ambito del diverso giudizio instaurato dal Condominio”, ove il consulente tecnico d’ufficio aveva indicato “quale lavorazione emendativa necessaria l’esecuzione di un cappotto esterno”, cappotto esterno che è stato eseguito, così come emergerebbe dalla dichiarazione dell’amministratore del condominio, depositata dalla ricorrente prima dell’udienza di precisazione delle conclusioni d’appello, “attingendo alla somma di Euro 20.000, pagata in moneta transattiva dall’Impresa stessa”. La Corte d’appello, nell’omettere di esaminare la nota contenente la dichiarazione dell’amministratore del Condominio, avrebbe pertanto trascurato di esaminare il fatto storico della emendazione del difetto delle infiltrazioni da parte del Condominio, fatto storico decisivo perchè da esso deriverebbe che la ricorrente aveva già soddisfatto la richiesta degli attori cui si collegava la condanna al pagamento di Euro 5.700.

Il motivo è inammissibile. Il fatto storico (la prospettata emendazione del difetto delle infiltrazioni, con il versamento delle somme da parte della ricorrente in esecuzione della sentenza resa nel diverso giudizio tra la medesima e il Condominio) è infatti stato esaminato dal giudice. La Corte d’appello – a prescindere della questione della tempestività o meno della produzione della dichiarazione dell’amministratore (si veda al riguardo il controricorso) – osserva che, comunque, “non vi è prova della sovrapposizione delle due azioni, atteso che dai documenti prodotti (in particolare dalla sentenza e dalla consulenza tecnica d’ufficio, esperita nell’altra controversia e di cui è stato prodotto soltanto un estratto) non si evince se la condanna esperita in primo grado in altro procedimento riguardi lo stesso oggetto della presente controversia, nè si evince se la somma liquidata dall’altro giudice comprenda tutti i vizi, accertati nell’ambito del presente procedimento” (p. 5 della sentenza impugnata).

b) Il secondo motivo contesta “vizio di omessa pronuncia in ordine all’eccezione di erroneità della sentenza di primo grado in punto di regolamentazione delle spese di lite, motivo riconducibile all’art. 360 c.p.c., n. 4”: il giudice d’appello non si sarebbe pronunciato sul quinto motivo d’impugnazione, con cui si denunciava che il giudice di primo grado non aveva considerato “l’evidente soccombenza reciproca” (delle tre domande degli attori, solo una era stata, parzialmente, accolta) e non aveva provveduto sulle spese del procedimento cautelare (era stato rigettato il ricorso per sequestro conservativo proposto dagli attori durante il processo di primo grado) e si chiedeva pertanto la riforma della sentenza di primo grado laddove, invece di disporre la compensazione delle spese del processo, aveva condannato l’Impresa alla loro integrale refusione.

Il motivo è manifestamente infondato. La Corte d’appello, rigettati l’appello principale e quello incidentale, ha integralmente confermato la sentenza di primo grado, confermando quindi la decisione sulle spese da questa effettuata, decisione d’altro canto basata sulla corretta applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. e in particolare sul rispetto del principio per cui le spese non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa, così che rientra nel potere discrezionale del giudice di merito la valutazione dell’opportunità di compensarle in tutto o in parte (in tal senso, da ultimo, v. Cass. 8421/2017).

II. Il ricorso va quindi rigettato.

La liquidazione delle spese, effettuata nel dispositivo, segue la soccombenza.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio in favore dei controricorrenti, che liquida in Euro 3.200 di cui Euro 200 per esborsi, oltre spese generali (15%) e accessori di legge.

Sussistono, del D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1-quater, i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta/2 sezione civile, il 7 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 15 giugno 2020

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