Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11428 del 30/04/2021

Cassazione civile sez. lav., 30/04/2021, (ud. 02/12/2020, dep. 30/04/2021), n.11428

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – rel. Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 8200/2019 proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati GIUSEPPINA

GIANNICO, SERGIO PREDEN, LUIGI CALIULO, ANTONELLA PATTERI;

– ricorrente –

contro

Z.M., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PIETRO DELLA

VALLE 2, presso lo studio degli avvocati FRANCESCO SCHILLACI, e

FRANCESCA AIELLO, che la rappresentano e difendono;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2780/2018 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 04/09/2018 R.G.N. 1521/2017;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

02/12/2020 dal Consigliere Dott. ENRICA D’ANTONIO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

VISONA’ Stefano, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato SERGIO PREDEN;

udito l’Avvocato FRANCESCO SCHILLACI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’appello di Roma, in riforma della sentenza del Tribunale ha accolto la domanda di Z.M., coltivatrice diretta volta ad ottenere la pensione di vecchiaia dal novembre 2002.

La Corte, esclusa la decadenza e la prescrizione, ha affermato che ai sensi della L. n. 218 del 1952, art. 2, l’assicurato, se donna, aveva diritto alla pensione al compimento di 55 anni con 1040 contributi giornalieri, purchè risultasse iscritta negli elenchi anagrafici negli ultimi dieci anni precedenti la domanda di pensionamento.

Ha precisato,inoltre, che il D.Lgs. n. 503 del 1992, art. 2, faceva espressamente salvi i requisiti di assicurazione e contribuzione previsti dalla previgente normativa in favore dei soggetti che li avessero maturati entro il 31/12/1992 e che nella specie i requisiti di anzianità contributiva e di contribuzione (pari ad almeno 1040 giornate) erano già maturati dalla Z. alla data del 21/10/1980 epoca in cui risultavano versati alla ricorrente 1060 contributi.

2. Avverso la sentenza ricorre l’Inps con un motivo. Resiste la Z.. Entrambe le parti hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

3. L’Inps denuncia violazione del D.Lgs. n. 503 del 1992, art. 2, comma 3, lett. a), nonchè del R.D. n. 636 del 1939, art. 9, così come modificato dalla L. n. 218 del 1952, art. 2.

Pone la questione se alla Z., che chiede nel 2002 la liquidazione della pensione di vecchiaia a carico della gestione autonoma coltivatori diretti, sia applicabile la deroga prevista dal D.Lgs. n. 503 del 1992, art. 2, comma 3, lett. a) e, dunque, se abbia diritto alla pensione di vecchiaia sulla base dei contributi e del requisito anagrafico perfezionati alla data del 31/12/1992 nel regime precedente.

Deduce che la ricorrente aveva compiuto 55 anni solo nel 1997 e,dunque, alla data del 31/12/1992 difettava del requisito anagrafico e che alla data del raggiungimento del requisito anagrafico non era più vigente del R.D. n. 636 del 1939, art. 9, come modificato dalla L. n. 218 del 1952.

Osserva, inoltre, che la ricorrente non era bracciante agricola, ma coltivatrice diretta, con la conseguenza che il requisito contributivo di 15 contributi annui richiesto era quello della tabella B, punto 2, allegata al Decreto n. 502 e non i 1040 contributi giornalieri previsti per i braccianti agricoli.

Rileva, infine, che, pur applicando la normativa invocata dalla Corte, non ricorreva neppure l’ulteriore presupposto dell’iscrizione negli elenchi anagrafici prevalentemente con tale qualifica negli ultimi dieci anni precedenti la domanda di pensionamento.

4. Il ricorso è fondato.

5. Il D.Lgs. n. 503 del 1992, nell’introdurre “Norme per il riordinamento del sistema previdenziale dei lavoratori privati e pubblici, e nel fissare all’art. 2 i nuovi requisiti per la pensione di vecchiaia – e cioè che il diritto alla pensione di vecchiaia è riconosciuto quando siano trascorsi almeno venti anni dall’inizio dell’assicurazione e risultino versati o accreditati in favore dell’assicurato almeno venti anni di contribuzione – ha previsto all’art. 3, lett. a), che “In deroga ai commi 1 e 2: a) continuano a trovare applicazione i requisiti di assicurazione e contribuzione previsti dalla previgente normativa nei confronti dei soggetti che li abbiano maturati alla data del 31 dicembre 1992”.

In sostanza la normativa del 1992, con la deroga in essa prevista, stabilisce che continuano a trovare applicazione i più favorevoli requisiti di assicurazione e contribuzione previsti dalla previgente normativa nei confronti dei soggetti che li avessero già maturati alla data del 31/12/1992. Tale deroga riguarda sia i lavoratori subordinati che quelli autonomi.

6. La Corte territoriale ha ritenuto che alla data del 31/12/1992 la ricorrente possedesse i requisiti di cui alla L. n. 218 del 1952.

Tale norma, sul “Riordinamento delle pensioni dell’assicurazione obbligatoria per la invalidità, la vecchiaia ed i superstiti”, stabilisce all’art. 9 che “L’assicurato ha diritto alla pensione: 1) al compimento del 60 anno di età per gli uomini e del 55^ anno di età per le donne quando siano trascorsi almeno quindici anni dalla data iniziale dell’assicurazione e risultino versati o accreditati 1560 contributi giornalieri di cui alla tabella B, n. 3, per i braccianti eccezionali, se uomini, ovvero 1040 contributi giornalieri di cui alla tabella B, n. 3, per le donne e i giovani, purchè risultino inscritti come tali negli elenchi anagrafici negli ultimi dieci anni precedenti la domanda di pensionamento”.

7. Come correttamente evidenziato dall’Istituto, alla data del 31/12/1992 la ricorrente non aveva l’età anagrafica prevista dalla suddetta normativa, allora vigente, in quanto, nata nel (OMISSIS), ha compiuto i 55 anni previsti dalla norma solo nel (OMISSIS). La diversa interpretazione delle norme accolta dalla Corte territoriale finisce per affermare una sorta di ultrattività della normativa preesistente, sebbene le regole al momento della domanda di pensionamento fossero da tempo cambiate e dunque l’avvenuto compimento dei 55 anni doveva sussistere alla data del 31/12/1992.

Il dettato normativo è, invece, chiaro nell’attribuire, a coloro che, pur possedendo i requisiti per il pensionamento in base all’ordinamento di appartenenza, hanno proseguito l’attività lavorativa, il beneficio di poter conservare le più favorevoli regole anche se successivamente modificate.

8. Analoghe osservazioni devono essere svolte con riferimento all’ulteriore censura dell’Inps secondo cui la Z. era coltivatrice diretta e,dunque al fine di determinare il numero di contributi necessari per ottenere la pensione di vecchiaia occorreva avere riguardo alla normativa di cui R.D. n. 1047 del 1957.

Va rilevato, infatti, che l’art. 17 del R.D. citato (Estensione dell’assicurazione per invalidità e vecchiaia ai coltivatori diretti, mezzadri e coloni) stabilisce che “Per le persone assicurate ai sensi della presente legge, i limiti di età per il conseguimento della pensione di vecchiaia sono stabiliti al compimento del sessantacinquesimo anno di età per gli uomini ed al sessantesimo anno di età per le donne. Agli effetti della determinazione dei requisiti di contribuzione stabiliti dal R.D.L. 14 aprile 1939, n. 636, art. 9, i coltivatori diretti, i mezzadri ed i coloni sono equiparati alle diverse categorie di giornalieri di campagna in base al numero dei contributi annualmente accreditati a ciascuno).

Dunque anche avuto riguardo alla normativa dei coltivatori diretti non può prescindersi dal requisito anagrafico che, al pari di quello contributivo,è necessario per il raggiungimento del diritto alla pensione di vecchiaia.

9. Alla luce della considerazioni che precedono il ricorso deve essere accolto e, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto la causa può essere decisa con il rigetto dell’originaria domanda della Z..

Le spese dei giudizi di merito vanno compensate avuto riguardo l’esito alterno del giudizio nei gradi merito.

Le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza.

PQM

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e,decidendo nel merito, rigetta l’originaria domanda della Z.; compensa le spese dei giudizi di merito e condanna la Z. a pagare le spese del presente giudizio di legittimità liquidate in Euro 3000,00 per compensi professionali, oltre 15% per spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 2 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 30 aprile 2021

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