Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11425 del 15/06/2020

Cassazione civile sez. VI, 15/06/2020, (ud. 07/11/2019, dep. 15/06/2020), n.11425

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – rel. Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 33478-2018 proposto da:

ELEMEDIA SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PRINCIPESSA CLOTILDE 2,

presso lo studio dell’avvocato ANGELO CLARIZIA, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato GIOVANNI MANGIAIARDI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO, in persona del Ministro in

carica, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1213/2018 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 29/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 7/11/2019 dal Consigliere Relatore Dott. BESSO

MARCHEIS CHIARA.

Fatto

RITENUTO

CHE:

1. La società Elemedia s.p.a. proponeva opposizione avverso l’ordinanza-ingiunzione, comminata dall’Ispettorato territoriale Toscana del Ministero dello sviluppo economico per avere trasmesso, in relazione all’impianto dell’emittente “(OMISSIS)” di sua proprietà, ubicato in località Croce di Belvedere, nel comune di Serravalle Pistoiese, su una frequenza di 90.200 MHz anzichè su quella a suo tempo autorizzata di 90.250 MHz, con conseguente applicazione della sanzione di cui al D.Lgs. n. 259 del 2003, art. 98. L’opponente sosteneva l’inapplicabilità dell’art. 98 – a norma del quale “in caso di installazione e fornitura di reti di comunicazione elettronica od offerta di servizi di comunicazione elettronica ad uso pubblico in difformità a quanto dichiarato ai sensi dell’art. 25, comma 4, il Ministero irroga una sanzione amministrativa pecuniaria da Euro 3.000 ad Euro 58.000” – in quanto l’articolo è riferibile ai soli fornitori di reti soggetti ad autorizzazione generale ai sensi del medesimo D.Lgs. n. 259 del 2003, art. 25 e perchè, in ogni caso, la diversa frequenza riscontrata dall’Ispettorato era stata causata da un guasto tecnico e non da un comportamento volontario.

Con sentenza n. 440/2016 il Tribunale di Pistoia rigettava l’opposizione.

La sentenza era impugnata da Elemedia s.p.a. Con sentenza 29 maggio 2018, n. 1213, la Corte d’appello di Firenze respingeva il gravame e confermava la decisione di primo grado.

2. Contro la sentenza ricorre per cassazione Elemedia s.p.a Resiste con controricorso il Ministero per lo Sviluppo Economico.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

I. Il ricorso è articolato in tre motivi.

a) Il primo motivo, rubricato “nullità della sentenza o del procedimento”, lamenta che il giudice d’appello abbia dapprima dichiarato l’appello inammissibile e poi l’abbia deciso nel merito, in tal modo emettendo una sentenza incerta e intrinsecamente contraddittoria.

Il motivo non può essere accolto in quanto la ratio decidendi della pronuncia è rappresentata, come si evince dal dispositivo (“la Corte d’appello di Firenze, definitivamente pronunciando sull’impugnazione in oggetto, ogni altra domanda, eccezione e deduzione disattesa, respinge l’appello, confermando l’impugnata sentenza”), dal rigetto nel merito del gravame, così che l’affermazione della inammissibilità dell’appello va intesa come una mera dichiarazione di stile che non rende incerta o contraddittoria la pronuncia.

b) Il rigetto del primo motivo comporta l’assorbimento del secondo che contesta “violazione e falsa applicazione degli artt. 342 e 434 c.c.”.

c) Il terzo motivo fa valere “violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 259 del 2003, art. 98,L. n. 223 del 1990, art. 32,D.Lgs. n. 177 del 2005, artt. 24 e 52 e L. n. 689 del 1981, art. 1”: il richiamato art. 98 non può applicarsi a chi, come la ricorrente, sia titolare di concessione ministeriale in quanto sanziona l’installazione e fornitura di reti e l’offerta di servizi di comunicazione “in difformità a quanto dichiarato ai sensi del D.Lgs. n. 259 del 2003, art. 25, comma 4”, che a sua volta disciplina il rilascio della autorizzazione generale alla fornitura di reti e servizi di radiocomunicazione, autorizzazione che viene richiesta mediante una dichiarazione che costituisce denuncia di inizio attività.

Il motivo è manifestamente fondato alla luce della pronuncia di questa Corte secondo cui “in forza del principio di tassatività della fattispecie sanzionatoria, al soggetto già abilitato a trasmettere in virtù di concessione rilasciata ai sensi della L. n. 223 del 1990, art. 32, che esegua modifiche all’impianto di radiodiffusione in assenza di autorizzazione D.Lgs. n. 177 del 2005, ex art. 28, è applicabile la sanzione della disattivazione degli impianti prevista dalla L. n. 223 del 1990, art. 32, comma 5, in luogo della diversa sanzione amministrativa pecuniaria di cui al D.Lgs. n. 259 del 2003, art. 98, comma 8, poichè tale ultima sanzione è correlata all’obbligo di procedere alla denuncia di inizio attività stabilito dal D.Lgs. n. 259 del 2003, art. 25, comma 4, che non è imposto nel caso di precedente abilitazione” (Cass. 10889/2018). La L. n. 223 del 1990, art. 32, che al comma 1 consente ai privati che “eserciscono impianti di radiodiffusione sonora o televisiva in ambito nazionale o locale e i connessi collegamenti di telecomunicazione” di “proseguire nell’esercizio degli impianti stessi, a condizione che abbiano inoltrato domanda per il rilascio della concessione di cui all’art. 16” e al comma 5 sanziona l’inosservanza delle disposizioni di cui all’articolo con “la disattivazione degli impianti da parte del Ministro delle poste e delle telecomunicazioni” non è d’altro canto stato abrogato dal D.Lgs. n. 177 del 2005 ed è anzi stato oggetto di richiamo dal medesimo D.Lgs. (v. ancora Cass. 10889/2018).

II. Il ricorso va quindi accolto in relazione al terzo motivo e la sentenza deve essere cassata in relazione al motivo accolto; non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa viene decisa nel merito con l’accoglimento dell’opposizione e l’annullamento dell’ordinanza-ingiunzione.

Quanto alle spese, considerata la novità e complessità delle questioni affrontate, se ne dispone l’integrale compensazione per l’intero giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il terzo motivo di ricorso, rigettato il primo e dichiarato assorbito il secondo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, accoglie l’opposizione proposta dalla ricorrente e annulla l’ordinanza-ingiunzione opposta; compensa tra le parti le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta/2 sezione civile, il 7 novembre 2019.

Depositato in cancelleria il 15 giugno 2020

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