Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1142 del 21/01/2014


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 1142 Anno 2014
Presidente: SEGRETO ANTONIO
Relatore: FRASCA RAFFAELE

SENTENZA
sul ricorso 6156-2011 proposto da:
GRECO SALVATRICE ELENA GRCSVT33C51Z352Q,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELLA SCROFA 22,
presso lo studio dell’avvocato ROCCHETTI NICOLA, che la
rappresenta e difende, giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente contro

BERTOZZI LUCIANO BRTLCN43A26F139P, elettivamente
domiciliato in ROMA, PIAZZA DELLA LIBERTA’ 10, presso lo
studio dell’avvocato CAPECCI FRANCESCO, che lo rappresenta e
difende unitamente all’avvocato PERRELLA ENRICO, giusta delega

Data pubblicazione: 21/01/2014

i

in calce all’atto di citazione in primo grado e giusta mandato a margine
dell’atto di nomina di ulteriore difensore;

controrkorrente

avverso la sentenza n. 4946/2010 della CORTE D’APPELLO di
ROMA del 5.10.2010, depositata il 25/11/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
07/11/2013 dal Consigliere Relatore Dott. RAFFAELE FRASCA;
udito per il controricorrente l’Avvocato Francesco Capecci che si
riporta agli scritti.
E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott.
ANTONIETTA CARESTIA che ha concluso per l’inammissibilità del
ricorso; in subordine per il rigetto.

L,
Ric. 2011 n. 06156 sez. M3 – ud. 07-11-2013
-2-

R.g.n. 6156-11 (ud. 7.11.2013)

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

§1. Nel giugno del 2001 Luciano Bertozzi citava davanti al Tribunale di Roma Elena
Greco Salvatrice (in arte Sandra Milo) e Giuseppe Lo Presti, per sentirli condannare al
risarcimento del danno (quantificato in L. 400.000.000) da lui subito in conseguenza di una
truffa asseritamente posta in essere dai convenuti e per la quale, in sede penale, il Lo Presti
era stato condannato con sentenza definitiva, mentre la Greco aveva patteggiato. Esponeva,

in particolare, il Bertozzi nell’atto di citazione di primo grado: che egli era proprietario,
assieme alla moglie Lucia Campagiorni, di un immobile, sito in Roma, sul quale nel 1992
aveva acceso un mutuo di L. 120.000.000 a favore della moglie, la quale si era impegnata a
cedergli la sua quota dell’immobile quale corrispettivo degli aiuti ricevuti; che, consigliato
dal Lo Presti, il quale gli aveva proposto di liberare l’immobile dal mutuo anticipandogli il
denaro al fine di venderlo libero o di accendervi un mutuo di importo superiore, aveva
conferito al Lo Presti stesso, unitamente alla moglie, una procura a vendere, rilasciandogli
contestualmente un assegno per L. 130.000.000 a garanzia del pagamento delle somme
anticipate dal Lo Presti; che in data 11 novembre 1993 aveva venduto l’immobile alla
Greco, la quale il 15 dello stesso mese aveva ottenuto un mutuo di L. 500.000.000
iscrivendo un’ipoteca sullo stesso immobile; che nel gennaio 1994 egli riacquistava
l’immobile, ignorando che esso era gravato da una nuova ipoteca in quanto il Lo Presti gli
aveva consegnato una copia dell’atto di acquisto nella quale mancavano le righe in cui vi si
faceva riferimento.
§2. Il Tribunale di Roma, con sentenza del 2004, condannava i convenuti, rimasti
contumaci, al pagamento di E 187.750,00.
Avverso tale sentenza proponeva appello la Greco davanti alla Corte d’appello di
Roma, che, con sentenza del 25 novembre 2010, nella resistenza del Bertozzi e nella
contumacia del Lo Presti, rigettava l’appello principale, condannando la Greco, altresì, in
accoglimento dell’appello incidentale del Bertozzi, al pagamento dell’ulteriore somma di E
56.400,00 (corrispondente alla provvisionale che era stata disposta a carico del Lo Presti in
sede di giudizio penale e che il Betozzi aveva lamentato di non aver riscosso dal
medesimo), più interessi e spese.
§3. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per Cassazione la Greco.
Ha resistito con controricorso il Bertozzi.
MOTIVI DELLA DECISIONE
3
Est. Cori. Raffaele Frasca

R.g.n. 6156-11 (ud. 7.11.2013)

§1. Preliminarmente va rilevato che il controricorso è inammissibile, in quanto è
stato redatto per conto del resistente dal difensore Avvocato Francesco Capecci, in forza di
delega a margine dell’atto di citazione in primo grado e, quindi, in palese violazione
dell’art. 365 c.p.c., norma che trova applicazione anche al controricorso, giusta il secondo
comma dell’art. 370 c.p.c.
Il Bertozzi, peraltro, ha successivamente depositato atto di nomina di nuovo

difensore, recante una procura a margine riguardo a tale nomina in aggiunta al ministero
del difensore originario: essa, ferma la nullità della procura originaria, sarebbe stata da
ritenere tamquam non esser per il nuovo difensore, stante la soggezione del processo al
disposto del secondo comma dell’art. 83 c.p.c. anteriore alla 1. n. 69 del 2009.
Tuttavia, in relazione alla partecipazione all’adunanza è stato depositato dal Bertozzi
una scrittura privata di conferimento di procura disgiunta agli avvocati Francesco Capecci,
già nominato irritualmente nel ricorso, ed Enrico Perrella. Tale procura risulta autenticata
da notaio e, dunque, risulta idonea a legittimare la partecipazione all’adunanza
dell’Avvocato Capecci, che vi è comparso.
§2. Con l’unico motivo di ricorso la ricorrente censura la sentenza della Corte
capitolina per “Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo
della controversia nonché violazione e falsa applicazione degli artt. 651 e 445 c.p.p.”,
dolendosi in particolare del fatto che la Corte, nel confermare la sentenza di primo grado,
si sarebbe fondata sulla sentenza di patteggiamento della Greco, che non ha forza di
giudicato, e sulla sentenza di condanna emessa a carico del Lo Presti, che non può avere
forza di giudicato nei confronti di chi, come la Greco, non ha preso parte al dibattimento a
conclusione del quale la stessa è stata pronunciata.
§2. Il ricorso è inammissibile per diverse ragioni.
§2.1. Lo è, in primo luogo, perché non identifica né la parte della motivazione con
cui la Corte territoriale sarebbe incorsa nel vizio ai sensi del n. 5 dell’art. 360 c.p.c.
(peraltro indicato con la terminologia anteriore alla modifica di cui al d.lgs. n. 40 del 2006,
poi ulteriormente sostituito dal d.l. n. 83 del 2012, convertito, con modificazioni, nella 1. n.
n. 134 del 2012) né la parte della motivazione con cui essa avrebbe violato le due norme di
diritto del codice penale.
Infatti, con riferimento al vizio ai sensi del n. 5 dell’art. 360 c.p.c., dopo la generica
deduzione che <>, deduzione che già dimentica il profilo della
contraddittorietà, si omette di individuare la parte della motivazione della sentenza che
sarebbe caratterizzata dall’omessa motivazione e quella che sarebbe caratterizzata dalla
insufficienza.
Poiché è principio consolidato che <> (ex multis, Cass. n.
3010 del 2010).
§2.2. Si deve, poi aggiungere che il motivo ai sensi del n. 5 è ulteriormente
inammissibile perché nell’intera illustrazione nemmeno è dato rintracciare l’uso delle
espressioni con cui è indicato il paradigma di cui a detta norma, nel testo applicabile al
ricorso, cioè l’indicazione del fatto controverso e delle ragioni di decisività dello stesso.
In fine, sempre con riferimento al motivo ai sensi del n. 5 dell’art. 360 la lettura
dell’illustrazione neppure palesa la quaestio facti oggetto di motivazione omessa o
5
Est. Cois. Raffaele Frasca

R.g.n. 6156-11 (ud. 7.11.2013)

insufficiente e, dunque, si evidenzia che in essa non è sostanzialmente argomentato
alcunché che sia riconducibile al terreno del vizio di cui a tale numero, che, com’è noto,
pertiene all’erroneità della ricostruzione di quella quaestio. L’articolazione del motivo
secondo la disciplina del n. 5 fissata dal d.lgs. n. 40 del 2006 avrebbe richiesto
l’individuazione del fatto controverso oggetto del vizio motivazionale e, quindi,
l’indicazione delle ragioni di decisività evidenziatrici dell’insufficienza della motivazione
su di esso o della sua contraddittorietà o della omissione di motivazione su di esso. Ma

nulla di tutto ciò si rintraccia nell’illustrazione del motivo.
§2.3. Il motivo, inoltre, risulta ulteriormente inammissibile in entrambe le censure
per inosservanza dell’art. 366 n. 6 c.p.c., in quanto, pur fondandosi su argomentazioni
basate sull’efficacia della sentenza penale di patteggiamento pronunciata nei confronti
della Greco e su quella della sentenza di condanna a carico del Lo Presti, omette di fornire
la loro indicazione specifica, cioè di precisare se e dove esse siano state prodotte in questo
giudizio di legittimità, al fine di poter essere esaminate da questa Corte.
A questo proposito si ricorda che, secondo un orientamento consolidato ed accolto
anche dalla Sezioni Unite (cfr. Cass. sez. un. n. 28547 del 2008, n. 7161 del 2010 e n.
22726 del 2011), l’art. 366 n. 6 c.p.c, norma che costituisce (Cass. n. 7455 del 2013, da
ultimo) il precipitato del principio di autosufficienza dell’esposizione del motivo di ricorso
per cassazione, impone a pena di inammissibilità di indicare specificamente non solo gli
atti processuali e i documenti su cui il ricorso si fonda mediante riproduzione diretta del
contenuto che sorregge la censura oppure mediante riproduzione indiretta di esso con
specificazione della parte del documento cui corrisponde l’indiretta riproduzione, ma
anche di indicare la sede processuale in cui gli stessi si trovano nel giudizio di legittimità.
§2.4. Deve infine notarsi che ulteriore ragione di inammissibilità del motivo è
l’assoluta il giudice di merito non ha invocato l’efficacia di giudicato della sentenza di
mancanza di pertinenza con l’effettiva motivazione della sentenza impugnata.
Infatti, se si procede alla lettura dell’illustrazione del motivo, si evidenzia che parte
ricorrente assume del tutto erroneamente — con censura che a questo punto si palesa
esclusivamente riconducibile alla denuncia di violazione degli artt. 445 e 651 c.p.p. che la
Corte territoriale non ha affatto deciso sulla domanda attribuendo alla sentenza di
patteggiamento pronunciata nei confronti della Greco efficacia di giudicata quanto
all’accertamento del fatto di reato, ma ha considerato quella sentenza come un elemento
probatorio e, analogamente, non ha considerato in violazione dell’art. 651 c.p.p. dotata di
efficacia di giudicato a carico della Greco, ancorché essa non avesse partecipato al giudizio
6
Est. Cons.IRaffe1e Frasca

R.g.n. 6156-11 (ud. 7.11.2013)

penale nel quale ebbe luogo la condanna del Lo Presti, bensì l’ha apprezzata come
evidenziatrice di elementi probatori idonei in concorso con il patteggiamento della Greco e
con altri a dimostrare la compartecipazione della medesima ai comportamenti delittuosi di
truffa accertati a carico del Lo Presti.
E’ sufficiente, all’uopo, riportare il passo motivazionale della sentenza impugnata,
nel quale essa esamina l’incidenza delle due sentenze.
Argomenta la sentenza in questi termini: <> (Cass. n. 359 del 2005, seguita
da numerose conformi).
Il ricorso si presenta affetto, dunque, data la inidoneità del motivo da una sostanziale
mancanza di motivi e, quindi dalla causa di inammissibilità di cui al n. 4 dell’art. 366 c.p.c.
§2.5. E’ appena il caso di notare che, se non fossero sussistite le rilevate cause di
inammissibilità, il motivo di violazione dell’art. 444 c.p.p. sarebbe stato infondato al lume
dello stesso principio di diritto consolidato di cui a Cass. n. 10847 del 2007, che vi si
invoca, che apparirebbe correttamente applicato dalla sopra riportata motivazione.
La quale, inoltre, altrettanto correttamente risulterebbe avere utilizzato come
elemento probatorio la sentenza penale a carico del Lo Presti, giusta il principio di diritto
di cui, da ultimo a Cass. n. 15112 del 2013, secondo cui <

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