Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11416 del 11/05/2010

Cassazione civile sez. II, 11/05/2010, (ud. 20/04/2010, dep. 11/05/2010), n.11416

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIOLA Roberto Michele – est. Presidente –

Dott. MALZONE Ennio – Consigliere –

Dott. MAZZIOTTI DI CELSO Lucio – Consigliere –

Dott. BUCCIANTE Ettore – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 15572/2005 proposto da:

S.V., già titolare dell’Impresa individuale “FIORE DI

PUGLIA” elettivamente domiciliata in ROMA, VIA INNOCENZO XI 8, presso

lo studio dell’avvocato CASTELLANA ORAZIO, rappresentata e difesa

dall’avvocato SAVITO Tommaso;

– ricorrente –

e contro

CAMERA DI COMMERCIO, INDUSTRIA, ARTIGIANATO E AGRICOLTURA SEDE

(OMISSIS);

– intimata –

avverso la sentenza n. 81/2004 del GIUDICE DI PACE di CORATO,

depositata il 14/05/2004;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

20/04/2010 dal Consigliere Dott. VINCENZO CORRENTI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SCARDACCIONE Eduardo Vittorio, che ha concluso per rigetto del

ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso del 18 dicembre 2002 S.V. impugnava l’ordinanza-ingiunzione emessa dal Dirigente della CCIAA di Bari il 25 ottobre 2002, con la quale, per la violazione della L. 4 luglio 1967, n. 580, art. 20, comma 2, le era stata irrogata la sanzione amministrativa di Euro 523,00, per avere utilizzato nella preparazione di pane speciali (taralli) olio di sansa di oliva.

S.V. deduceva:

a) in via preliminare, la nullità della revisione delle analisi di prima istanza, in quanto per le relative operazioni non era stato preavvisato il consulente tecnico di parte;

b) nel merito l’inesistenza di propria responsabilità, in quanto l’olio utilizzato per il confezionamento dei taralli era stato acquistato in contenitori sigillati, prodotti da altre aziende, i quali erano etichettati, con la indicazione delle caratteristiche organolettiche e di composizione dell’olio.

Con sentenza in data 14 maggio 2004 il Giudice di pace di Corato rigettava l’opposizione in base alla seguente motivazione:

rilevato che la violazione della L. n. 580 del 1967, art. 20, elevata nei confronti della ricorrente con il verbale di accertamento n. (OMISSIS) del 21/08/98 redatto dal Comando dei CC di Bari, per avere utilizzato, nella preparazione del pane speciale – taralli, olio di sansa di oliva giusto analisi di laboratorio eseguiti in rito e la successiva emissione dell’ordinanza ingiunzione n. 2002/711 della CCIAA, appaiono nella procedura di legge seguita, esenti da vizi di forma nonchè giustificati dalle risultanze tecniche, mancando la prova contraria da poter ritenere idonea a superare la valenza probatoria qualificata dei documenti impugnati ex art. 2100 c.c..

Considerato che, nel merito, spettava in ogni caso alla ricorrente nella qualità, in sede di acquisto dei quantitativi di olio da terzi fornitori, verificare anche a campione l’effettiva qualità dell’olio che poi sarebbe utilizzato dalla ricorrente per la fabbricazione dei taralli da porre in vendita al pubblico con la qualità di taralli di olio d’oliva.

L’eventuale responsabilità, nella violazione in oggetto, di terzi non può valutarsi quale elemento a discarico della colpa accertata in capo alla ricorrente, salvo il diritto di quest’ultima di agire nei loro confronti in sede di rivalsa se ne dovessero sussistere i presupposti.

Rilevata quindi la legittimità nell’emissione dell’ordinanza ingiunzione della resistente a carico dell’odierna ricorrente e la mancanza di motivi di nullità e di annullabilità della medesima, oggi impugnata, e disattesi, di conseguenza, i motivi e le ragioni di opposizione poichè infondati in diritto.

Contro tale decisione ha proposto ricorso per cassazione S. V., con due motivi.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione dell’art. 223 norme coord. c.p.p., comma 2, si duole del fatto che avendo chiesto la revisione delle analisi e indicato il proprio consulente tecnico di parte, questi non sia stato avvisato dell’inizio delle operazioni.

La doglianza è infondata, in quanto la norma in questione prescrive che venga dato avviso alla parte, il che nella specie è avvenuto, e non anche al consulente tecnico della stessa.

Con il secondo motivo la ricorrente deduce testualmente:

2) Violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione alla L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 3 e della L. 30 aprile 1962, n. 263, art. 19 – violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5 – insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia.

Secondo il Giudice di merito era onere della Sig.ra S., verificare la qualità dell’olio utilizzato nella preparazione dei tarali, anche a campione. Non ha saputo indicare non solo il riferente normativo, ma nemmeno ha affrontato la problematica sollevata con le note conclusive, riguardante l’acquisto da parte della Sig.ra S. dell’olio in confezioni originali e sigillate, a loro volta provviste di etichettature, indicante la qualità dell’olio e le sue caratteristiche organolettiche.

La circostanza, in punto di fatto, può ritenersi pacifica anche a seguito dell’istruttoria espletata, in quanto i due testi escussi hanno confermato l’acquisto in contenitori sigillati ed il Sig. L.P., titolare di una ditta di confezionamento dell’olio, che ha approvvigionato anche la Sig.ra S., ha confermato la possibilità di un inquinamento dell’olio vergine o extravergine, attraverso le modalità di riempimento delle lattine, in quanto all’epoca utilizzava un unico macchinario anche per riempire le lattine di olio di sansa di oliva. Il problema giuridico, non affrontato dal primo Giudice, è dunque se sussiste o meno un obbligo da parte dell’acquirente della materia prima, da utilizzare nella preparazione di prodotti differenti, di analizzare, seppur a campione, anche quella materia prima che viene posta in vendita in confezioni ermetiche e sigillate, con tanto di etichettatura.

La Giurisprudenza, per larga parte penale di Questa Suprema Corte, ha precisato e delineato i comportamenti che il commerciante o il detentore dei prodotti alimentari in involucri e recipienti sigillati deve tenere, per verificare la corrispondenza della materia prima acquistata, in ipotesi di confezionamento della stessa in involucri o recipienti sigillati.

Stabilito che per “confezione originale” deve intendersi ogni recipiente o contenitore chiuso, destinato a garantire l’integrità originale della sostanza alimentare, da qualsiasi manomissione, nonchè ad essere aperto soltanto dal detentore (Cass. Sez. 3^, 23.02.93, Lucchi; conferma 26.06.92, Gulinelli); la Giurisprudenza ha egualmente creato la linea di demarcazione tra la responsabilità omissiva colpevole e la non addebitabilità del fatto, stabilendo che lo stesso è inevitabile, quando il detentore è nell’impossibilità materiale di accertare la rispondenza delle merci acquistate alle prescrizioni legali, ovvero, quando il controllo o le analisi produrrebbero la deperibilità del prodotto (Cass. Sez. 6^, 28.06.89;

conferma Sez. 3^, 1.2.95).

La norma le diligenza e prudenza, che deve sorreggere l’azione dell’acquirente della materia prima, non può estendersi naturalmente alla verifica di tutti i contenitori, nella specie da 5 It. di olio, in quanto il costo di tale materia prima farebbe ascendere il prodotto finito a costi insopportabili, rendendo non più competitiva la sua commercializzazione.

Nè può essere di utilità esaminare uno di tali contenitori a campione, in quanto lo stesso non sarebbe rappresentativo della massa e, quindi, non sarebbe di ausilio per individuare la rispondenza di tutti gli altri contenitori alle prescrizioni legali.

I limiti quindi della normale diligenza non possono spingersi sino al punto di obbligare il detentore ad eseguire le analisi chimiche il contenuto delle singole lattine.

D’altra parte, poichè l’olio utilizzato nella produzione dei tarali è assolutamente esiguo, rispetto agli altri componenti, l’apertura delle lattine, in attesa dell’esito delle analisi, sicuramente pregiudica il prodotto, ossidando l’olio, rendendolo dunque facilmente deperibile. E’ l’ipotesi analizzata da Cass. Pen. Sez. 3^, 13. 05.89 n. 4085, indicata nei nostri scritti conclusivi di 1^ Grado, che cosi massima: In tema di disciplina degli alimenti, per “confezione originale” deve intendersi ogni recipiente o contenitore chiuso, destinato a garantire l’integrità originaria della sostanza alimentare da qualsiasi manomissione e ad essere aperto esclusivamente dal consumatore di essa.

Ed invero, quando i prodotti alimentari non sono confezionati in involucri o recipienti sigillati, che non ne consentono l’analisi senza il loro deterioramento o la loro distruzione, il commerciante o detentore di essi a scopo di vendita o somministrazione risponde a titolo di colpa della non corrispondenza del prodotto alimentare alle norme di legge perchè, in tal caso, la merce è controllabile anche attraverso appropriate analisi, almeno a campione, dal che discende l’onere di porre in essere quelle cautele che la prudenza, le circostanze del caso e la natura del prodotto consigliano. Ne consegue che, ferma restando la responsabilità del produttore, il rivenditore o ut aizzatore risponde della detenzione per la vendita o della somministrazione di sostanze alimentari insudiciate, invase da parassiti, in stato di alterazione o, comunque, nocive, a meno che esse gli siano state consegnate in confezioni originali sigillate, destinate ad essere aperte solo dal consumatore, le quali non rivelino esteriormente alcun vizio e per le quali l’analisi o qualsiasi altro appropriato controllo si risolverebbe, per la facile deperibilità del prodotto, nella non commestibilità di esso ed, in pratica, nell’impossibilità di immetterlo al consumo”.

E’ evidente che la colpa non può estendersi oltre i limiti della normale diligenza, nei termini prima precisati, per cui ove oggettivamente l’olio utilizzato sia risultato difforme dalle indicazioni contenute sulla lattina, è evidente che nessuna colpa può addebitarsi alla Sig.ra S. e, quindi, la violazione contestata non è perseguibile per la carenza del requisito psicologico di cui alla L. n. 689 del 1981, art. 3.

D’altra parte, una simile fattispecie, trasposta in sede penale, comporterebbe la non punibilità, in relazione al disposto della L. n. 283 del 1962, art. 19.

Il motivo è fondato.

La sentenza impugnata, infatti, non ha saputo indicare quale sarebbe il fondamento normativo dell’obbligo di analisi a campione delle confezioni sigillate, nè per quale ragione nella specie era da escludere l’esimente della buona fede, anche alla luce della giurisprudenza di questa S.C. citata nel ricorso.

Ne consegue che in relazione al motivo accolto la sentenza impugnata va cassata, con rinvio al Giudice di pace di Bari, che provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.

PQM

la Corte rigetta il primo motivo del ricorso; accoglie il secondo motivo e per l’effetto cassa la sentenza impugnata, con rinvio al Giudice di pace di Bari, anche per le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 20 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 11 maggio 2010

 

 

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