Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11415 del 24/05/2011

Cassazione civile sez. VI, 24/05/2011, (ud. 17/12/2010, dep. 24/05/2011), n.11415

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. PICCIALLI Luigi – Consigliere –

Dott. BUCCIANTE Ettore – Consigliere –

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

F.L. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA PREMUDA 14, presso lo STUDIO LEGALE SFORZA, rappresentato e

difeso dall’avvocato MORICCA ANNA, giusta procura a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

C.G. (OMISSIS), selettivamente domiciliato in

ROMA, PIAZZA GENTILE DA FABRIANO 3, presso lo studio dell’avvocato

CAVALIERE RAFFAELE, che lo rappresenta e difende, giusta mandato a

margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso l’ordinanza R.G. 4580/08 del TRIBUNALE di LAMEZIA TERME,

depositata il 21/10/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

17/12/2010 dal Consigliere Relatore Dott. CARLO DE CHIARA.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. CARMELO

SGROI.

Fatto

PREMESSO IN FATTO

1. – Il Tribunale di Lamezia Terme ha respinto l’opposizione proposta dal sig. F.L. al decreto ingiuntivo notificatogli il 4 novembre 2008 dall’avv. C.G. per il pagamento di compensi professionali, provvedendo con ordinanza ai sensi della L. 13 giugno 1942, n. 794, art. 30 dopo aver accertato che l’opposizione riguardava la sola entità dei compensi.

Il sig. F. ha quindi proposto ricorso per cassazione per tre motivi, cui l’intimato ha resistito con controricorso.

Con relazione ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. è stata ipotizzata l’infondatezza del ricorso.

Ritualmente comunicata e notificata la relazione, soltanto l’avvocato di parte controricorrente ha depositato memoria.

2. – Va esaminato per primo il terzo motivo di ricorso, in quanto pone la pregiudiziale questione dell’inammissibilità della domanda di maggiorazione degli onorari del 20% ai sensi dell’art. 5, comma 4, della tariffa professionale approvata con D.M. 8 aprile 2004, n. 127.

La tesi del ricorrente è che, essendo stato il decreto ingiuntivo richiesto in base a parcella corredata dal parere del consiglio dell’ordine professionale che faceva riferimento alla maggiorazione di cui all’art. 4 della medesima tariffa, non fosse poi consentito al professionista – pur allegando un errore materiale da parte del consiglio dell’ordine invocare, con la comparsa di risposta all’atto di opposizione, la diversa norma di cui al comma 5, n. 4, cit.

2.1. – Si tratta, però, di una tesi infondata. Non vi è stata, infatti, alcuna mutatio libelli, non essendovi stata (o, comunque, non essendo chiaramente dedotta in ricorso) l’introduzione in giudizio di alcun fatto nuovo, ma solo la rettifica di un presupposto in diritto della medesima domanda.

3. – Con il primo motivo di ricorso si denuncia vizio di motivazione a proposito dell’applicazione dei massimi tariffar e del presupposto di fatto della già richiamata maggiorazione del 20%.

3.1. – Il motivo è inammissibile. Non perchè, come sostenuto dal ricorrente, non sia consentito denunciare il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, nel ricorso per cassazione proposto, come nella specie, ai sensi dell’art. 111 Cost. (è infatti qui applicabile il nuovo testo della norma codicistica, introdotto dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 2), ma piuttosto perchè:

a) quanto all’applicazione dei massimi tariffari, la censura anzitutto si basa su una errata ricostruzione della ratio della decisione impugnata, sostenendo che tale applicazione sarebbe stata giustificata dal Tribunale con la sola circostanza che il processo aveva compreso un procedimento cautelare incidentale, laddove il Tribunale ha invece ritenuto che tale circostanza “concorra” soltanto a giustificare l’applicazione dei massimi; inoltre la medesima circostanza non è del tutto priva di rilievo ai fini della valutazione di cui trattasi, con la conseguenza che la minimizzazione del suo rilievo ai fini del decidere, sollecitata dal ricorrente, implica inammissibile interferenza nei poteri di valutazione propri ed esclusivi del giudice di merito;

b) quanto alla maggiorazione del 20% in considerazione della pluralità delle controparti e del conseguente esame di particolari situazioni di fatto o di diritto, la censura del ricorrente si muove tutta sul piano del merito, presupponendo un inammissibile riesame degli atti processuali, da parte di questa Corte, al fine di appurare che in realtà l’avv. C. non aveva affatto discusso siffatte situazioni particolari.

4. – Con il secondo motivo di ricorso si denuncia difetto di motivazione e violazione dell’art. 2697 c.c.. Secondo il ricorrente il giudice di primo grado non avrebbe dovuto riconoscere i compensi pretesi dall’avv. C. per talune attività, corrispondenti a specifiche voci di tariffa, delle quali il legale non aveva provato l’effettivo svolgimento.

4.1. – Il motivo è inammissibile.

Nel ricorso si afferma che il sig. F. aveva, nell’atto di opposizione, contestato espressamente l’avvenuta esecuzione di “alcune” prestazioni o attività, senza tuttavia precisare quali (nè più precisa al riguardo è l’ordinanza impugnata). In mancanza di precisazione delle prestazioni o attività la cui esecuzione da parte dell’avvocato era pacifica, per non essere stata contestata dall’opponente, e di quelle la cui esecuzione, invece, essendo stata contestata, andava provata dall’opposto, risulta impossibile per questa Corte valutare l’ammissibilità delle censure, che il ricorrente formula con riferimento a talune prestazioni specificamente indicate.

5. – Il ricorso va in conclusione respinto.

Le spese processuali, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese processuali, liquidate in Euro 3.200,00, di cui 3.000,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 17 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 24 maggio 2011

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