Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11411 del 11/05/2010
Cassazione civile sez. II, 11/05/2010, (ud. 16/03/2010, dep. 11/05/2010), n.11411
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRIOLA Roberto Michele – Presidente –
Dott. MALZONE Ennio – Consigliere –
Dott. ODDO Massimo – Consigliere –
Dott. MAZZIOTTI DI CELSO Lucio – Consigliere –
Dott. BUCCIANTE Ettore – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 5405/2005 proposto da:
C.L. (OMISSIS), C.G.
(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA NAZIONALE
204, presso lo studio dell’avvocato BOZZA ALESSANDRO, rappresentati e
difesi dall’avvocato RIZZOLI Gianluigi;
– ricorrenti –
contro
COND (OMISSIS) (OMISSIS), in persona
dell’Amministratore pro tempore Geom. B.M., elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA DI DONNA OLIMPIA 134, presso lo studio
dell’avvocato IZZO Nunzio, che lo rappresenta e difende unitamente
agli avvocati SARDINI VITTORIO, CORTESI RITA;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 3212/2004 del GIUDICE DI PACE di BOLOGNA,
depositata il 28/09/2004;
udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del
16/03/2010 dal Consigliere Dott. ETTORE BUCCIANTE;
udito l’Avvocato IZZO Nunzio, difensore del resistente che ha chiesto
il rigetto del ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
CENICCOLA Raffaele, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 28 settembre 2004 il Giudice di pace di Bologna ha respinto la domanda proposta da C.L. e C.G. nei confronti del condominio dell’edificio sito in (OMISSIS) in quella città: domanda intesa ad ottenere l’annullamento della deliberazione assembleare del 17 giugno 2003, con cui le spese per l’installazione di un’antenna parabolica comune era stata ripartita in sei quote uguali e due di esse erano state poste a carico degli attori, nel presupposto che questi ultimi avessero ricavato due distinte unità immobiliari dall’appartamento di loro proprietà.
I soccombenti hanno proposto ricorso per cassazione, in base a due motivi. Il condominio si è costituito con controricorso.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso C.L. e C.G., denunciando “violazione e mancata applicazione dell’art. 320 c.p.c.”, lamentano che il Giudice di pace ha omesso di dare corso al tentativo di conciliazione e al libero interrogatorio delle parti, con conseguente “nullità dell’intero procedimento”.
La doglianza risulta infondata, alla luce della costante giurisprudenza di questa Corte (v., per tutte, Cass. 8 ottobre 2004 n. 20074), che è univocamente orientata nel senso che “nel giudizio innanzi al giudice di pace, l’omissione dell’obbligatorio tentativo di conciliazione delle parti alla prima udienza (art. 320 c.p.c.) non è espressamente sanzionata con la previsione di nullità e può produrre tale effetto soltanto qualora abbia comportato, in concreto, un pregiudizio del diritto di difesa”: eventualità, quest’ultima, che i ricorrenti non hanno affatto prospettato.
Con il secondo motivo di impugnazione C.L. e C. G. deducono che il Giudice di pace è incorso in “violazione e falsa applicazione di norme di diritto, art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, in relazione all’art. 1137 c.c., ed alle risultanze istruttorie”, per avere erroneamente e ingiustificatamente ritenuto sia che l’appartamento in questione fosse stato suddiviso in due distinte unità immobiliari, sia che fosse stata validamente deliberata la distribuzione della spesa per l’installazione dell’antenna in sei quote anzichè in cinque, sia che la questione fosse stata inserita nell’ordine del giorno della riunione assembleare del 17 giugno 2003.
Anche questa censura va disattesa, poichè “il ricorso per cassazione contro una sentenza emessa secondo equità dal giudice di pace, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, non può avere ad oggetto la denuncia della violazione di una specifica norma di legge ma deve contenere, a pena di inammissibilità, la precisa indicazione dei principi informatori della materia che si reputano violati e, pure specificamente, il superamento del limite dagli stessi fissato” (Cass. 18 giugno 2008 n. 16545) e poichè “le sentenze pronunciate dal giudice di pace secondo equità entro la data di entrata in vigore del D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 (cui si applica il precedente testo dell’art. 339 c.p.c., comma 3) sono soggette a ricorso per cassazione per difetto di motivazione solo qualora tale vizio sia riconducibile alla previsione dell’art. 360 c.p.c., n. 4, cioè quando esso determini la nullità della sentenza per essere la motivazione assolutamente mancante o apparente, ovvero fondata su affermazioni contrastanti o perplesse, sicchè non sia possibile evidenziarne la ratio decidendi; non sono invece deducibili, nei confronti di tali sentenze, censure relative alla mera sufficienza ed alla correttezza della motivazione” (Cass. 26 gennaio 2007 n. 1745).
Il ricorso deve essere pertanto rigettato, con conseguente condanna dei ricorrenti – in solido, stante il comune loro interesse nella causa – a rimborsare al resistente le spese del giudizio di cassazione, che si liquidano in 200,00 Euro, oltre a 1.000,00 Euro per onorari, con gli accessori di legge.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna i ricorrenti in solido a rimborsare al resistente le spese del giudizio di cassazione, liquidate in 200,00 Euro, oltre a 1.000,00 Euro per onorari, con gli accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 16 marzo 2010.
Depositato in Cancelleria il 11 maggio 2010