Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11409 del 30/04/2021

Cassazione civile sez. II, 30/04/2021, (ud. 07/01/2021, dep. 30/04/2021), n.11409

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26419/2019 proposto da:

B.I., rappresentato e difeso GIOVANBATTISTA SCORDAMAGLIA, per

procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, rappresentato e difeso dall’Avvocatura

Generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, via dei

Portoghesi 12, domicilia per legge;

– resistente –

avverso la SENTENZA n. 285/2019 della CORTE D’APPELLO DI CATANZARO,

depositata il 14/2/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 7/1/2021 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE DONGIACOMO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

La corte d’appello, con la sentenza in epigrafe, ha respinto l’impugnazione che B.I., nato in (OMISSIS), aveva proposto avverso l’ordinanza con la quale il tribunale aveva, a sua volta, rigettato la domanda di protezione internazionale da lui presentata.

B.I., con ricorso notificato il 12/9/2019, ha chiesto, per due motivi, la cassazione della sentenza.

Il ministero dell’interno ha depositato atto di costituzione.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1. Con il primo motivo, il ricorrente, lamentando la violazione o la falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2,3 e 14, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, ha censurato la sentenza impugnata, tra l’altro, nella parte in cui la corte d’appello ha rigettato la domanda di protezione sussidiaria senza considerare che, come già dedotto nell’atto d’appello, le fonti internazionali attestano l’esistenza nella regione di provenienza del richiedente, e cioè la Casamance, di una situazione di conflitto e di violenza generalizzata.

1.2. Con il secondo motivo, il ricorrente, lamentando la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5,D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32 e dell’art. 3 CEDU, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello ha rigettato la domanda di protezione umanitaria senza, però, considerare il suo inserimento sociale e lavorativo in Italia e la condizione di vulnerabilità personale in cui si verrebbe a trovare ove fosse nuovamente immesso, in conseguenza del rimpatrio, in un contesto sociale, politico e ambientale, come quello del suo Paese d’origine, idoneo a determinare una significativa ed effettiva compromissione dei suoi diritti fondamentali.

2.1. Il primo motivo è fondato, con assorbimento del secondo.

2.2. Ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 cit., art. 14, lett. c), la nozione di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato, interno o internazionale va accertata in conformità della giurisprudenza della Corte di Giustizia UE (sentenza 30 gennaio 2014, in causa C-285/12), secondo cui il conflitto armato interno rileva solo se, eccezionalmente, possa ritenersi che gli scontri tra le forze governative di uno Stato e uno o più gruppi armati, o tra due o più gruppi armati, siano all’origine di una minaccia grave e individuale alla vita o alla persona del richiedente la protezione sussidiaria: il grado di violenza indiscriminata deve aver, pertanto, raggiunto un livello talmente elevato da far ritenere che un civile, se rinviato nel Paese o nella regione in questione, correrebbe, per la sua sola presenza sul territorio, un rischio effettivo di subire detta minaccia (Cass. n. 18306 del 2019). La sussistenza di tale presupposto, peraltro, dev’essere accertata dal giudice di merito mediante integrazione istruttoria officiosa, tramite l’apprezzamento di tutte le informazioni, generali e specifiche, di cui si dispone pertinenti al caso, aggiornate al momento dell’adozione della decisione (cfr. Cass. 9230 del 2020).

Il giudice, però, a norma del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, ha il dovere di indicare la fonte a tal fine utilizzata nonchè il contenuto dell’informazione da essa tratta e ritenuta rilevante ai fini della decisione, così da consentire alle parti la verifica della pertinenza e della specificità dell’informazione predetta rispetto alla situazione concreta del Paese di provenienza del richiedente la protezione (Cass. n. 13449 del 2019, Cass. n. 13450 del 2019, Cass. n. 13451 del 2019, Cass. n. 13452 del 2019).

2.3. La decisione impugnata non soddisfa i suindicati requisiti.

La corte d’appello, infatti, ha ritenuto che in Senegal non esiste una situazione di conflitto armato interno limitandosi a fare, sul punto, riferimento, per ciò che riguarda la regione della Casamance, alle informazioni disponibili sul sito (OMISSIS), vale a dire ad una fonte che, per quanto autorevole, non è, tuttavia – al pari dell’altra cui ha fatto riferimento (e cioè il sito (OMISSIS)) – riconducibile a quelle previste dall’art. 8, comma 3, cit..

In effetti, ai fini dell’accertamento della fondatezza di una domanda di protezione internazionale, il giudice di merito non può poggiare la propria valutazione sulla esclusiva base della credibilità soggettiva del richiedente, essendo tenuto, ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, ad un dovere di cooperazione che gli impone di accertare la situazione reale del paese di provenienza mediante l’esercizio di poteri-doveri officiosi d’indagine e di acquisizione documentale, peraltro derivanti anche dall’adozione del rito camerale, in modo che ciascuna domanda venga esaminata alla luce di informazioni aggiornate sul paese di origine del richiedente asilo che (se non già reperibili in atti nel fascicolo della Commissione territoriale) la Commissione Nazionale sul diritto d’asilo, sulla base dei dati forniti dall’UNHCR, dall’EASO o del Ministero degli esteri, ai sensi dell’art. 8 cit., comma 3, fornisce agli organi giurisdizionali chiamati a pronunciarsi su impugnazioni di decisioni negative.

Ora, l’indicazione delle fonti di cui all’art. 8 cit. non ha carattere esclusivo, ben potendo le informazioni sulle condizioni del Paese estero essere tratte da concorrenti canali di informazione, anche via web, quali ad esempio i siti delle principali organizzazioni non governative attive nel settore dell’aiuto e della cooperazione internazionale (quali ad esempio Amnesty International e Medici Senza Frontiere), che spesso contengono informazioni dettagliate e aggiornate (cfr. Cass. n. 13449 del 2019), ma non può essere di certo sufficiente, senza neanche aver dato conto dell’attivazione dei canali informativi previsti dalla legge, il riferimento a dati desunti da una fonte, come il sito web “(OMISSIS)”, riguardante categorie di soggetti, come i turisti, non comparabili con i richiedenti la protezione internazionale (cfr. Cass. n. 16202 del 2012, la quale ha cassato la decisione della Corte di appello, che aveva ritenuto inverosimili le dichiarazioni di un cittadino del Togo sul rischio di persecuzione nel paese d’origine, facendo esclusivo riferimento, tra l’altro, alle risultanze del sito del Ministero degli Esteri destinato all’informazione turistica).

Tale fonte, invero, pur essendo espressione dell’Unità di crisi del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, assolve compiti (assistere gli italiani e tutelarne gli interessi in situazioni di crisi all’estero) diversi da quelli indicati dalla norma anzi detta e, dunque, come questa Corte ha avuto modo di osservare (Cass. n. 8819 del 2020), non collegabili al dovere di cooperazione istruttoria che vige in materia, volto ad acquisire COI (Country of Origin Information) pertinenti e aggiornate al momento della decisione (ovvero ad epoca ad essa prossima), da richiedersi agli enti a ciò specificamente preposti.

3. La sentenza impugnata dev’essere, pertanto, cassata con rinvio, per un nuovo esame, alla corte d’appello di Catanzaro che, in differente composizione, provvederà anche sulle spese del presente giudizio.

PQM

La Corte così provvede: accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo; cassa la sentenza impugnata con rinvio, per un nuovo esame, alla corte d’appello di Catanzaro che, in differente composizione, provvederà anche sulle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 7 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 30 aprile 2021

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