Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11409 del 11/05/2010

Cassazione civile sez. II, 11/05/2010, (ud. 04/03/2010, dep. 11/05/2010), n.11409

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROVELLI Luigi Antonio – Presidente –

Dott. MALZONE Ennio – rel. Consigliere –

Dott. GOLDONI Umberto – Consigliere –

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

P.B. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CAPPELLETTA della GIUSTINIANA 58, presso lo studio

dell’avvocato MASSIMINI ANTONIO, rappresentato e difeso dall’avvocato

BERTACCHE GIOVANNI;

– ricorrenti –

contro

T.M. (OMISSIS), T.A.

(OMISSIS), T.B. (OMISSIS), T.

G.D. (OMISSIS), T.L.

(OMISSIS), T.V. (OMISSIS), S.M.

L. vedova T. (OMISSIS), elettivamente domiciliati

in ROMA, VIA DI CASAL BOCCONE 110, presso lo studio dell’avvocato

VALLETTA GIUSEPPE, che li rappresenta e difende unitamente

all’avvocato DE MURI GIOVANNI BATTISTA;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1903/2003 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 22/12/2003;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

04/03/2010 dal Consigliere Dott. MALZONE Ennio;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FINOCCHI GHERSI Renato, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione 16.10.1982 P.B. conveniva in giudizio, davanti al Tribunale di Vicenza, T.L., per il pagamento della somma di L. 90.970.298 dovuta per onorario professionale convenzionalmente pattuito nella misura dell’8% sul costo del fabbricato industriale da erigersi in (OMISSIS) su terreno di proprieta’ del committente.

Asseriva l’attore che dopo il deposito del progetto in Comune, gli era stato revocata la prosecuzione dell’incarico.

Il convenuto, costituitosi, assumeva che il mandato riguardava la costruzione di un capannone di 800 – 1000 mq da destinare ad autosalone, mentre il P. gli aveva fatto firmare sia il mandato sia il progetto e solo in seguito aveva avuto piena cognizione del fatto che la progettazione riguardava un manufatto multiplo di dimensioni declupe del previsto con oneri proporzionali, per cui gli aveva revocato il mandato.

L’adito Tribunale con sentenza 15 maggio – 20 ottobre 1986 rigettava la domanda attrice, rilevando che il mandato professionale prevedeva soltanto un fabbricato ad uso industriale, mentre erano state progettate anche due case contigue ad uso abitazione.

La Corte di Appello di Venezia con sentenza 20 gennaio – 29 febbraio 1992 rigettava l’appello proposto dal P. nei confronti degli eredi di T.L., essi T.M. ved. T. e G., B., G.D. e T.L., condannando l’appellante alle ulteriori spese del grado.

Osservava la Corte di merito che la prova orale aveva dimostrato come il professionista avesse ampiamente esorbitato dall’incarico affidatogli e che indice di tale abuso era la previsione di una aliquota convenzionale dell’8% del tutto sproporzionata rispetto a quella usuale del 3,50%.

La Corte di Cassazione con sentenza n. 12161/95, depositata il 16.4.97, in accoglimento del ricorso proposto dal P., cassava la sentenza impugnata con rinvio alla stessa Corte di merito, rilevando che non era stata data ragione del mancato riconoscimento di un compenso al professionista per l’attivita’ comunque svolta.

Riassunto il processo la Corte di Appello di Venezia con sentenza n. 1903/03, depositata il 22.12.2003, in parziale accoglimento della domanda, condannava i convenuti in solido, a pagare all’attore in riassunzione, per i titoli esposti in motivazione, ’importo di Euro 5.044,75, oltre interessi al tasso ufficiale dalla domanda al saldo, dichiarando interamente compensate le spese di tutti i gradi di giudizio.

Ricorre il P. esponendo due motivi, cui resistono gli intimati con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di diritto si censura la sentenza impugnata per violazione dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5 e difetto di motivazione, per non avere la Corte di merito applicato al compenso spettante al professionista la maggiorazione del 25% in considerazione che “l’incarico non era parziale ab origine ma si e’ interrotto per revoca dell’incarico da parte di T.L.”;

Con il secondo motivo si censura la sentenza impugnata per difetto di motivazione, per essersi discostata senza ragione dalla quantificazione del compenso determinata dal c.t.u. ing. D.;

Con il terzo motivo si censura la sentenza impugnata per violazione dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5 perche’ in violazione della L. n. 144 del 1949, art. 15 ed immotivatamente non ha concesso la rivalutazione del compenso per il maggior danno ex art. 224 c.p.c., comma 2, considerando esaustiva l’applicazione degli interessi ragguagliati al tasso ufficiale di sconto della Banca d’Italia.

Infondato e’ il primo motivo di ricorso in quanto la norma di riferimento attiene agli incarichi ab origine parziali, mentre il mandato conferito al professionista non si riferiva ad un incarico parziale, bensi’ alla realizzazione di un progetto limitato ad un fabbricato artigianale di mq. 800 – 1000.

D’altro canto, in sede di legittimita’(sentenza n. 12161/95), era gia’ stata giudicata ultronea l’attivita’ di progettazione per mq.

5.000. rispetto all’incarico ricevuto di progettazione di un capannone di mq. 800 – 1000.

Infondato e’ anche il secondo motivo, perche’ la Corte di merito non era tenuta ad attenersi alle conclusioni del c.t.u., in quanto esorbitanti dall’incarico ricevutecene era quello di quantificare il compenso dovuto per la progettazione di un fabbricato di circa mq.

800 – 1000. Correttamente la Corte di merito ha rapportato la valutazione all’opera professionale concretamente demandata al professionista e detratto l’acconto ricevuto di L. 6.000.000, pari a Euro 3.098,74, ha determinato l’importo ancora dovuto in Euro 5.044,75.

Stessa sorte subisce il terzo motivo di ricorso, ove si osservi che il ragguaglio degli interessi al tasso ufficiale di sconto della Banca d’Italia ha posto il professionista al riparo di eventuali incidenze negative sulla somma dovuta determinate dall’andamento della moneta corrente.

Il rigetto del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio in forza del principio della soccombenza.

PQM

Rigetta i ricorso e condanna il ricorrente a pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 1.500,00, di cui Euro 200,00 per spese, oltre spese generali ed oneri accessori come per legge.

Cosi’ deciso in Roma, il 4 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 11 maggio 2010

 

 

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