Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11408 del 30/04/2021

Cassazione civile sez. trib., 30/04/2021, (ud. 28/01/2021, dep. 30/04/2021), n.11408

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Presidente –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – rel. Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. GALATI Vincenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sul ricorso iscritto al n. 6855 del ruolo generale dell’anno 2016

proposto da:

Agenzia delle entrate, in persona del direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura dello Stato, presso i cui

uffici in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, è domiciliata;

– ricorrente –

contro

R.E. Sebino s.r.l., in persona del legale rappresentante,

rappresentata e difesa dall’Avv. Alessandro Mainardi per procura

speciale a margine del controricorso, elettivamente domiciliata in

Roma, P.zza della Croce Rossa, n. 2, presso lo studio dell’Avv.

Riccardo Troiano;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria

regionale della Lombardia, sezione staccata di Brescia, n.

3836/65/15, depositata in data 14 settembre 2015;

udita la relazione svolta nella Camera di Consiglio del 28 gennaio

2021 dal Consigliere Giancarlo Triscari.

 

Fatto

RILEVATO

che:

dall’esposizione in fatto della sentenza impugnata si evince che: la l’Agenzia delle entrate aveva notificato a R.E. Sebino s.r.l., società incorporante di Project Consult s.r.l., un avviso di accertamento con il quale, relativamente all’anno di imposta 2006, aveva contestato la natura di società di comodo di Project Consult s.r.l., nonchè la indebita detrazione dell’Iva assolta sugli acquisti per mancanza di operazioni imponibili e la indebita detrazione dell’Iva assolta sull’acquisto di un immobile non avendo la società svolto alcuna attività, con conseguenti sanzioni; avverso l’atto impositivo la società aveva proposto ricorso che era stato accolto dalla Commissione tributaria provinciale di Bergamo; avverso la sentenza del giudice di primo grado l’Agenzia delle entrate aveva proposto appello;

la Commissione tributaria regionale della Lombardia, sezione staccata di Brescia, ha rigettato l’appello, in particolare ha ritenuto, per quanto di interesse, che: nella fattispecie quel che rilevava era il fatto che le operazioni per le quali era stata chiesta la detrazione dell’Iva erano inerenti all’attività della società e il fatto che la società fosse soggetto passivo; il requisito dell’inerenza sussisteva anche nel caso di attività preparatoria alla attività di impresa; non rilevava il fatto che Project Consult s.r.l., successivamente incorporata nella R.E. Sebino s.r.l., era rimasta inattiva, posto che la stessa aveva acquistato l’immobile nel 1998 e ne aveva avuto il possesso solo nell’anno 2006 a seguito della conclusione di un contenzioso con la società venditrice;

l’Agenzia delle entrate ha quindi proposto ricorso per la cassazione della sentenza affidato a un unico motivo di censura, cui ha resistito la società depositando controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con l’unico motivo di ricorso si censura la sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 19,19-bis e 19-bis2, per avere erroneamente ritenuto che non comportasse il venire meno del diritto alla detrazione dell’Iva la circostanza che la società non avesse effettuato operazioni attive nel corso dei periodi di imposta accertati;

secondo parte ricorrente, in particolare, alla fattispecie doveva applicarsi la previsione di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19-bis, sicchè, posto che l’importo delle operazioni imponibili realizzate dalla parte nelle annualità accertare era stato pari a zero, la relativa percentuale di detrazione era, allo stesso modo, pari a zero, con conseguente obbligo per la società di rettificare la detrazione, ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19-bis2;

il motivo è infondato;

con il presente motivo di censura, come evidenziato, l’amministrazione finanziaria non pone in dubbio la sussistenza, in astratto, del diritto alla detrazione dell’Iva conseguente all’acquisto del bene immobile, ma pone l’attenzione sulla applicabilità, al caso di specie, della previsione di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19-bis, in particolare sulla circostanza che la società avrebbe potuto detrarre l’Iva sull’acquisto secondo la percentuale indicata nel suddetto articolo, sicchè, secondo parte ricorrente, posto che l’importo delle operazioni imponibili realizzate dalla parte nella annualità accertata era pari a zero, conseguentemente la percentuale di detrazione era, pur essa, pari a zero, con conseguente diniego del diritto alla detrazione;

in primo luogo, va osservato che il percorso argomentativo seguito dalla ricorrente, secondo cui la percentuale di detrazione dell’Iva sarebbe pari a zero in quanto l’importo delle operazioni imponibili è, allo stesso modo, pari a zero, è errata sul piano della regola matematica, posto che considerare un valore pari a zero quale denominatore, secondo la regola di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19. bis, costituisce una operazione, di per sè, impossibile;

in secondo luogo, va osservato che il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19, comma 5, nel testo applicabile ratione temporis, stabilisce che “Ai contribuenti che esercitano sia attività che danno luogo ad operazioni che conferiscono il diritto alla detrazione sia attività che danno luogo ad operazioni esenti ai sensi dell’art. 10, il diritto alla detrazione dell’imposta spetta in misura proporzionale alla prima categoria di operazioni e il relativo ammontare è determinato applicando la percentuale di detrazione di cui all’art. 19-bis”, mentre l’art. 19 bis, commi 1 e 2, nel testo vigente all’epoca, prevede che “La percentuale di detrazione di cui all’art. 19, comma 5, è determinata in base al rapporto tra l’ammontare delle operazioni che danno diritto a detrazione, effettuate nell’anno, e lo stesso ammontare aumentato delle operazioni esenti effettuate nell’anno medesimo. La percentuale di detrazione è arrotondata all’unità superiore o inferiore a seconda che la parte decimale superi o meno i cinque decimi”;

il presupposto, dunque, dell’applicazione della percentuale di riduzione dell’Iva detraibile, nel contesto di cui alla previsione in esame, è dato dal fatto che il contribuente, nello stesso anno di imposta, abbia realizzato operazioni esenti ed è di queste, infatti, che occorre tenere conto nella determinazione della effettiva percentuale di Iva detraibile;

nella fattispecie, non solo la sentenza non dà in alcun modo atto che la società aveva realizzato operazioni esenti nell’anno di imposta di riferimento, ma lo stesso motivo di ricorso in alcun modo assolve all’onere di specificità, non riportando il contenuto degli atti impositivi da cui evincere che la società aveva svolto attività esenti negli anni accertati sì da condurre a ritenere legittimo il richiamo alla disciplina del calcolo del pro-rata;

quel che si rileva, dunque, è la non corretta equiparazione, compiuta dall’Agenzia delle entrate, della mancata effettuazione di operazioni attive con l’effettuazione di operazioni esenti, posto che solo in relazione a queste ultime sarebbe potuto discendere la totale indetraibilità dell’imposta assolta sugli acquisti;

con specifico riferimento, invero, alla mancata effettuazione di operazioni attive ai fini del riconoscimento del diritto alla detrazione Iva, va evidenziato che questa Corte ha più volte precisato che, se, da un lato, in ordine agli acquisti di beni ed in generale alle operazioni passive occorre accertare, ai fini della detraibilità dell’imposta, che ricorra l’effettiva inerenza all’esercizio dell’impresa, cioè il loro compimento in stretta connessione con le finalità imprenditoriali, d’altro lato, non è richiesto, tuttavia, “il concreto esercizio dell’impresa, potendo la detrazione dell’imposta spettare anche nel caso di assenza di operazioni attive, con riguardo alle attività meramente preparatorie” poichè “è inerente all’esercizio dell’impresa anche l’acquisto di beni e servizi destinati alla costituzione delle condizioni necessarie perchè l’attività tipica possa cominciare, rientrando nel concetto di strumentalità altresì le attività meramente preparatorie” (Cass. civ., 31 marzo 2011, n. 7344; Cass. civ., 28 gennaio 2015, n. 1578; Cass. civ., 21 settembre 2016, n. 18475; Cass. civ., 3 ottobre 2018, n. 23994);

tale soluzione è coerente con l’orientamento della Corte di Giustizia che, a più riprese, ha esplicitamente affermato che: “chi ha l’intenzione, confermata da elementi obiettivi, di iniziare in modo autonomo un’attività economica ai sensi della Sesta Direttiva, art. 4 ed effettua a tal fine le prime spese di investimento deve essere considerato come soggetto passivo. In quanto agisca come tale, egli ha quindi, conformemente alla Sesta Direttiva, artt. 17 e ss., il diritto di detrarre immediatamente l’iva dovuta o pagata sulle spese d’investimento sostenute in vista delle operazioni che intende effettuare e che danno diritto alla detrazione, senza dover aspettare l’inizio dell’esercizio effettivo della sua impresa” e, inoltre, che: “chi ha l’intenzione, confermata da elementi obiettivi, di iniziare in modo autonomo un”attività economica” ai sensi della Dir. n. 112 del 2006, art. 9 ed effettua a tal fine le prime spese di investimento deve essere considerato come soggetto passivo” (Corte di Giustizia, 28 febbraio 1996, in C110/94, Inzo; Corte di Giustizia, 15 gennaio 1998, in C-37/95, Ghent Coal; Corte di Giustizia, 8 giugno 2000, in C-400/98, Brigitte Breitsohl; recentemente Corte di Giustizia, 2 giugno 2016, in C263/15, Lajver), ferma restando la verifica che il bene o servizio acquistato, anche se non immediatamente inserito nel ciclo produttivo, sia necessario alla organizzazione della impresa ovvero funzionale all’iniziativa economica “programmata” in vista della successiva attuazione (Cass. n. 25986 del 10/12/2014);

la ragione di doglianza di parte ricorrente, dunque, non può trovare accoglimento, posto che il giudice del gravame ha accertato che l’immobile oggetto di acquisto era destinato allo svolgimento dell’attività imprenditoriale, essendo funzionalmente allo svolgimento dell’attività di impresa della società e, in questo contesto, l’inattività della società era giustificata da una situazione di oggettiva indisponibilità del bene, con la conseguenza che, in questo contesto, il riferimento all’applicabilità della disciplina del pro rata è del tutto inconferente, difettando il presupposto dell’effettuazione di operazioni esenti nel periodo di imposta accertato;

in conclusione, il motivo è infondato, con conseguente rigetto del ricorso e condanna della ricorrente alle spese di lite.

PQM

La Corte:

rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite che si liquidano in complessive Euro 5.600,00, oltre spese forfettarie nella misura del quindici per cento ed accessori.

Così deciso in Roma, il 28 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 30 aprile 2021

 

 

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