Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11406 del 30/04/2021

Cassazione civile sez. trib., 30/04/2021, (ud. 28/01/2021, dep. 30/04/2021), n.11406

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Presidente –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – rel. Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. GALATI Vincenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sul ricorso iscritto al n. 3245 del ruolo generale dell’anno 2013

proposto da:

Agenzia delle entrate, in persona del direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura dello Stato, presso i cui

uffici in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, è domiciliata;

– ricorrente –

contro

R.E. Sebino s.r.l., in persona del legale rappresentante,

rappresentata e difesa dagli Avv.ti Luigi Ferrajoli e Giuseppe

Fischioni per procura a margine del controricorso, presso il cui

studio in Roma, via della Giuliana, n. 32, è elettivamente

domiciliata;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria

regionale della Lombardia, sezione staccata di Brescia, n.

167/64/12, depositata in data 6 novembre 2012;

udita la relazione svolta nella Camera di Consiglio del 28 gennaio

2021 dal Consigliere Giancarlo Triscari.

 

Fatto

RILEVATO

che:

dall’esposizione in fatto della sentenza impugnata si evince che: l’Agenzia delle entrate aveva notificato a Project Consult s.r.l., poi incorporata nella R.E. Sebino s.r.l., due avvisi di accertamento con i quali, relativamente agli anni di imposta 2002 e 2003, aveva contestato, in primo luogo, la detrazione dell’Iva operata dalla società su acquisti non avendo la stessa effettuato alcuna operazione attiva (con conseguente percentuale di detraibilità pari a zero, ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19-bis) e, in secondo luogo, la detrazione dell’Iva assolta sull’acquisto dell’immobile nell’anno 1998, non avendo la società svolto alcuna attività a partire dall’anno 1999, rettificando la detrazione e riducendola alla quota di 1/10, ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19-bis; avverso gli avvisi di accertamento la società aveva proposto separati ricorsi che, previa riunione, erano stati rigettati dalla Commissione tributaria provinciale di Bergamo; avverso la sentenza del giudice di primo grado la società aveva proposto appello;

la Commissione tributaria regionale della Lombardia, sezione staccata di Brescia, ha accolto l’appello, in particolare ha ritenuto, per quanto di interesse, che: con riferimento al rilievo riguardante la rettifica dell’Iva detratta a seguito dell’acquisto dell’immobile, non era in contestazione il fatto che l’acquisto del bene immobile era stato compiuto con finalità preparatoria allo svolgimento dell’attività di impresa, sicchè il diritto alla detrazione non poteva essere negato anche nel caso in cui il bene acquistato non avesse generato immediatamente operazioni imponibili; con riferimento all’altro rilievo, lo stesso era riferibile ad acquisti diversi esenti, gli stessi erano da qualificarsi come operazioni di natura occasionale, e quindi non idonei ad influenzare la detraibilità dell’Iva;

l’Agenzia delle entrate ha quindi proposto ricorso per la cassazione della sentenza affidato a un unico motivo di censura, cui ha resistito la società depositando controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo di ricorso si censura la sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19, comma 5, e art. 19-bis;

in particolare, si deduce che la questione in esame non atteneva tanto al profilo della sussistenza del diritto della detrazione dell’Iva da parte della società in relazione ad un periodo antecedente all’inizio dell’attività, quanto, piuttosto, alla diversa questione del quantum di detraibilità e, sotto tale diversa prospettiva, doveva essere considerato che la società dal 1999 in poi aveva effettuato operazioni esenti ovvero non aveva realizzato alcuna operazione, con conseguente applicazione della disciplina del pro rata previsto dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19 bis;

in questo contesto, secondo parte ricorrente, posto che l’importo delle operazioni imponibili realizzate dalla parte nelle annualità accertate era pari a zero, la percentuale di detrazione doveva, parimenti, essere pari a zero, con conseguente venire meno del diritto della società alla detrazione;

il motivo è infondato;

in primo luogo, va osservato, che il percorso argomentativo seguito dalla ricorrente, secondo cui la percentuale di detrazione dell’Iva sarebbe pari a zero in quanto l’importo delle operazioni imponibili è, allo stesso modo, pari a zero, è errata sul piano della regola matematica, posto che considerare un valore pari a zero quale denominatore, secondo la regola di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19 bis, costituisce una operazione, di per sè, impossibile;

in ogni caso, va osservato che con il presente motivo di censura, come evidenziato, l’amministrazione finanziaria non pone in dubbio, sia con riferimento al primo che al secondo rilievo, la sussistenza, in astratto, del diritto alla detrazione dell’Iva conseguente all’acquisto del bene immobile e degli altri acquisti, ma pone l’attenzione sulla applicabilità, al caso di specie, della previsione di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19-bis, in particolare sulla circostanza che la società avrebbe potuto detrarre l’Iva sugli acquisti secondo la percentuale indicata nel suddetto articolo, sicchè, secondo parte ricorrente, posto che l’importo delle operazioni imponibili realizzate dalla parte nella annualità accertata era pari a zero, conseguentemente la percentuale di detrazione era, pur essa, pari a zero, con conseguente diniego del diritto alla detrazione;

il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19, comma 5, nel testo applicabile ratione temporis, stabilisce che “Ai contribuenti che esercitano sia attività che danno luogo ad operazioni che conferiscono il diritto alla detrazione sia attività che danno luogo ad operazioni esenti ai sensi dell’art. 10, il diritto alla detrazione dell’imposta spetta in misura proporzionale alla prima categoria di operazioni e il relativo ammontare è determinato applicando la percentuale di detrazione di cui all’art. 19-bis”, mentre l’art. 19 bis, ai comma 1 e 2, nel testo vigente all’epoca, prevede che “La percentuale di detrazione di cui all’art. 19, comma 5, è determinata in base al rapporto tra l’ammontare delle operazioni che danno diritto a detrazione, effettuate nell’anno, e lo stesso ammontare aumentato delle operazioni esenti effettuate nell’anno medesimo. La percentuale di detrazione è arrotondata all’unità superiore o inferiore a seconda che la parte decimale superi o meno i cinque decimi”;

il presupposto, dunque, dell’applicazione della percentuale di riduzione dell’Iva detraibili, nel contesto di cui alla previsione in esame, è dato dal fatto che il contribuente, nello stesso anno di imposta, abbia realizzato operazioni esenti ed è di queste, infatti, che occorre tenere conto nella determinazione della effettiva percentuale di Iva detraibile;

nella fattispecie, parte ricorrente si limita a dedurre, senza alcuna specificazione, che la società aveva realizzato operazioni esenti nell’anno di imposta di riferimento, ma lo stesso motivo di ricorso in alcun modo assolve all’onere di specificità, non riportando il contenuto degli atti impositivi da cui evincere che la società aveva svolto attività esenti negli anni accertati sì da condurre a ritenere legittimo il richiamo alla disciplina del calcolo del pro rata;

quel che si rileva, dunque, è la non corretta equiparazione, compiuta dall’Agenzia delle entrate, della mancata effettuazione di operazioni attive con l’effettuazione di operazioni esenti, posto che solo in relazione a queste ultime sarebbe potuto discendere la totale indetraibilità dell’imposta assolta sugli acquisti;

nè può rilevare la circostanza che il giudice del gravame ha accertato che, con riferimento agli ulteriori acquisti diversi dall’immobile, gli stessi erano esenti, posto che la medesima pronuncia ha, altresì, accertato che gli stessi erano occasionali;

sul punto, questa Corte (Cass. civ., 25 giugno 2020, n. 12689) ha precisato che “Nel calcolo della percentuale di detrazione di cui al comma precedente non si tiene, invece, conto delle operazioni di cui al citato D.P.R., art. 19-bis, comma 2, tra le quali vi sono le operazioni “accessorie alle operazioni imponibili”, il cui ammontare viene sterilizzato (e non computato) ai fini del calcolo della suddetta percentuale. A questo riguardo si ritiene che costituiscano proventi di un’attività strumentale ed accessoria, tale da non concorrere al calcolo della percentuale di detraibilità IVA pro rata, quelli derivanti da una attività svolta in modo assolutamente occasionale e, quindi, estranea a quella propria di impresa del contribuente, la cui occasionalità va accertata in concreto e non sulla base delle mere previsioni statuarie (Cass., Sez. V, 14 marzo 2013, n. 5970), secondo parametri di regolarità causale rispetto al fine produttivo (Cass., Sez. V, 13 novembre 2013, n. 25475; Cass., Sez. V, 7 maggio 2008, n. 11085; Cass., Sez. V, 28 maggio 2001, n. 7214); nessuna contestazione è stata compiuta dalla ricorrente in ordine alla natura occasionale delle operazioni, secondo quanto accertato dal giudice del gravame;

con specifico riferimento, invero, alla mancata effettuazione di operazioni attive ai fini del riconoscimento del diritto alla detrazione Iva, va evidenziato che questa Corte ha più volte precisato che, se, da un lato, in ordine agli acquisti di beni ed in generale alle operazioni passive occorre accertare, ai fini della detraibilità dell’imposta, che ricorra l’effettiva inerenza all’esercizio dell’impresa, cioè il loro compimento in stretta connessione con le finalità imprenditoriali, d’altro lato, non è richiesto, tuttavia, “il concreto esercizio dell’impresa, potendo la detrazione dell’imposta spettare anche nel caso di assenza di operazioni attive, con riguardo alle attività meramente preparatorie” poichè “è inerente all’esercizio dell’impresa anche l’acquisto di beni e servizi destinati alla costituzione delle condizioni necessarie perchè l’attività tipica possa cominciare, rientrando nel concetto di strumentalità altresì le attività meramente preparatorie” (Cass. civ., 31 marzo 2011, n. 7344; Cass. civ., 28 gennaio 2015, n. 1578; Cass. civ., 21 settembre 2016, n. 18475; Cass. civ., 3 ottobre 2018, n. 23994);

tale soluzione è coerente con l’orientamento della Corte di Giustizia che, a più riprese, ha esplicitamente affermato che: “chi ha l’intenzione, confermata da elementi obiettivi, di iniziare in modo autonomo un’attività economica ai sensi della Sesta Direttiva, art. 4, ed effettua a tal fine le prime spese di investimento deve essere considerato come soggetto passivo. In quanto agisca come tale, egli ha quindi, conformemente alla Sesta Direttiva, artt. 17 e ss., il diritto di detrarre immediatamente l’iva dovuta o pagata sulle spese d’investimento sostenute in vista delle operazioni che intende effettuare e che danno diritto alla detrazione, senza dover aspettare l’inizio dell’esercizio effettivo della sua impresa” e, inoltre, che: “chi ha l’intenzione, confermata da elementi obiettivi, di iniziare in modo autonomo un'”attività economica” ai sensi della Dir. n. 112 del 2006, art. 9, ed effettua a tal fine le prime spese di investimento deve essere considerato come soggetto passivo” (Corte di Giustizia, 28 febbraio 1996, in C110/94, Inzo; Corte di Giustizia, 15 gennaio 1998, in C-37/95, Ghent Coal; Corte di Giustizia, 8 giugno 2000, in C-400/98, Brigitte Breitsohl; recentemente Corte di Giustizia, 2 giugno 2016, in C263/15, Lajver), ferma restando la verifica che il bene o servizio acquistato, anche se non immediatamente inserito nel ciclo produttivo, sia necessario alla organizzazione della impresa ovvero funzionale all’iniziativa economica “programmata” in vista della successiva attuazione (Cass. n. 25986 del 10/12/2014);

la ragione di doglianza di parte ricorrente, dunque, non può trovare accoglimento, posto che il giudice del gravame ha accertato che l’immobile oggetto di acquisto era destinato allo svolgimento dell’attività imprenditoriale e che le operazioni passive da cui sorgeva il credito Iva erano inerenti, con la conseguenza che, in questo contesto, il riferimento all’applicabilità della disciplina del pro rata è del tutto inconferente, difettando il presupposto dell’effettuazione di operazioni esenti nel periodo di imposta accertato;

proprio sulla base delle considerazioni espresse, non è corretta la ulteriore ragione di censura relativa al secondo rilievo, posto che la stessa non tiene conto della ratio della pronuncia del giudice del gravame, in particolare del fatto che è stata ritenuta illegittima la pretesa in quanto la detrazione dell’Iva era stata richiesta, in questo caso, per acquisti diversi qualificabili come occasionali, dunque non idonei ad influenzare la detraibilità dell’Iva;

con questa ragione della decisione non si è confrontata in alcun modo la ricorrente, limitandosi a prospettare, anche in questo caso, la applicabilità della percentuale di detraibilità pari a zero, profilo non conferente, come già osservato;

in conclusione, il motivo è infondato, con conseguente rigetto del

ricorso e condanna della ricorrente alle spese di lite.

PQM

La Corte:

rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite che si liquidano in complessive Euro 5.000,00, oltre spese forfettarie nella misura del quindici per cento ed accessori.

Così deciso in Roma, il 28 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 30 aprile 2021

 

 

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