Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11401 del 01/06/2016


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 11401 Anno 2016
Presidente: BERNABAI RENATO
Relatore: LAMORGESE ANTONIO PIETRO

SENTENZA

sul ricorso 7486-2012 proposto da:
GENTILI RENZO (c.f. GNTRNZ49C17F844A), elettivamente
domiciliato in ROMA, Via APPIANO 8, presso l’avvocato
ORAZIO CASTELLANA, che lo rappresenta e difende
unitamente all’avvocato STEFANO COLALELLI, giusta

Data pubblicazione: 01/06/2016

procura in calce al ricorso;
– ricorrente

2016
934

contro

BANK INSINGER DE BEAUFORT N.V., nella qualità di
cessionaria dell’azienda della NUSA SIM S.P.A. IN
LIQUIDAZIONE, in persona del legale rappresentante

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pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
CONDOTTI 91, presso l’avvocato LUCA ALBANESE, che lo
rappresenta e difende r giusta procura a margine del
controricorso;

controricorrente

avverso la sentenza n. 103/2011 della CORTE D’APPELLO

di PERUGIA, depositata il 04/02/2011;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 04/05/2016 dal Consigliere Dott. ANTONIO
PIETRO LAMORGESE;
udito, per la controricorrente, l’Avvocato LUCA
ALBANESE che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. IMMACOLATA ZENO che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

e

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Svolgimento del processo
Con atto di citazione notificato il 28 settembre 2004,
Renzo Gentili ha convenuto in giudizio la Bank Insinger De
Beaufort N.V. e la Nusa Sim, per sentire dichiarare la
nullità dell’acquisto di titoli italiani e obbligazioni

argentine, per un valore di E 41.790,00, acquistate tramite
il promotore finanziario Armando Melica, dipendente della
prima e poi dell’altra convenuta, e per ottenere la
condanna di entrambe, in solido, alla restituzione del
prezzo corrisposto. Esponeva che, avendo conferito il
mandato presso un bar di Narni, il contratto era stato
sottoscritto fuori della sede della banca, senza prevedere
il diritto di recesso e, quindi, in violazione dell’art. 30
del d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 (t.u.f.); inoltre, erano
state violate le disposizioni del t.u.f. (art. 21) e del
regolamento Consob 1 luglio 1998, n. 11522 (artt. 27 ss.),
che impongono all’istituto di credito di operare in modo
che i clienti siano sempre adeguatamente informati circa le
caratteristiche e l’adeguatezza delle operazioni di
acquisto di valori mobiliari.
Nel contraddittorio con la Bank Insinger, essendo la Nusa
rimasta contumace, il Tribunale di Terni ha rigettato la
domanda, sul presupposto che non vi fosse prova di una
stipulazione del contratto fuori dai locali commerciali.
Il gravame del Gentili è stato rigettato dalla Corte
4

d’appello di Perugia, con sentenza 4 febbraio 2011, la
3

quale ha ritenuto che, essendo i documenti sottoscritti dal
Gentili relativi ad un contratto quadro di negoziazione in
strumenti finanziari, regolarmente stipulato il 19 luglio
2001, non trovassero applicazione l’art. 30 t.u.f. e il
richiamato

art.

36

regol.

Consob

del

1998,

che

riconoscevano sì al cliente il diritto di recedere entro
sette giorni, ma solo nella diversa tipologia dei rapporti
di collocamento di strumenti finanziari e gestione del
portafoglio nella sollecitazione al pubblico; inoltre, ad
avviso

115 enrte, gebbene la banca non avesse informato

il cliente circa le caratteristiche e l’adeguatezza delle
operazioni, tale inadempimento non era causa di nullità del
contratto quadro e delle operazioni di acquisto dei titoli,
con conseguente infondatezza della domanda di nullità e
inammissibilità della domanda di risoluzione del contratto,
tardivamente introdotta solo nell’atto di appello.
Avverso questa sentenza il Gentili ricorre sulla base di
tre motivi,

cui si oppone la Bank Insinger con

controricorso e memoria.
Motivi della decisione
Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione e falsa
applicazione degli artt. 1, 21, 23 e 20 t.u.f., e vizio di
motivazione, in tema di applicabilità della disciplina
dell’offerta fuori sede, che prevede l’obbligo
dell’intermediario di indicare nei moduli e formulari la

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facoltà di recesso dell’investitore entro sette giorni
dalla data di sottoscrizione del contratto.
Il motivo è infondato.
I giudici di merito, con incensurato accertamento di fatto,
hanno affermato che i documenti sottoscritti dal Gentili

presso il bar di Narni scalo non erano relativi alle
singole operazioni di investimenti in (e cioè agli ordini
di acquisto di) strumenti finanziari, ma verosimilmente al
contratto quadro di negoziazione di strumenti finanziari.
La giurisprudenza di questa Corte si è espressa nel senso
che il diritto di recesso accordato all’investitore dal
sesto comma dell’art. 30 t.u.f., e la previsione di nullità
dei contratti in cui quel diritto non sia contemplato,
contenuta nel successivo settimo comma, trovano
applicazione non soltanto nel caso in cui la vendita fuori
sede di strumenti finanziari da parte dell’intermediario
sia intervenuta nell’ambito di un servizio di collocamento
o gestione di portafogli individuali, prestato
dall’intermediario medesimo in favore dell’emittente o
dell’offerente di tali strumenti, ma anche quando la
medesima vendita fuori sede abbia avuto luogo in esecuzione
di un servizio d’investimento diverso, ivi compresa
l’esecuzione di ordini impartiti dal cliente in esecuzione
di un contratto quadro, ove ricorra la stessa esigenza di
tutela (vd. Sez. Un. n. 13905 del 2013).

5

Quest’orientamento, tuttavia, non giova al ricorrente nel
caso concreto, dal momento che, come chiarito dalle Sezioni
Unite, la disciplina del recesso di cui si sta parlando non
può che riguardare i singoli rapporti negoziali in base ai
quali, di volta in volta, l’investitore si trovi a
uno

strumento

finanziario

offertogli

sottoscrivere

dall’intermediario fuori sede, e non la stipulazione del
c.d. contratto-quadro, che di per sé non implica l’acquisto
di strumenti finanziari ed è perciò sicuramente estranea
alla nozione di “collocamento”, sia pur latamente intesa.
Del resto, come accertato dai giudici di merito, il cliente
poteva recedere in qualsiasi momento dallo stesso contratto
:
ve

quadro, in base a una clausola ivi inserita, inviando una
comunicazione scritta mediante lettera raccomandata.
Il secondo motivo denuncia la violazione e falsa
applicazione degli artt. 1418 c.c., 21 e 23 t.u.f., 28 e 29
regol. Consob. del 1998, e vizio di motivazione, per avere
erroneamente escluso l’invalidità del contratto per effetto
dell’inadempimento della banca agli obblighi informativi
derivanti dal contratto quadro e dalla legge.
Il motivo è infondato, essendo diretto all’enunciazione di
un principio di diritto opposto a quello seguito dalla
giurisprudenza di legittimità e dalla sentenza impugnata.
Questa Corte ha avuto più volte occasione di ribadire che
unicamente la violazione di norme inderogabili concernenti

la validità del contratto è suscettibile, ove non
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altrimenti stabilito dalla legge, di determinarne la
nullità e non già la violazione di norme riguardanti il
comportamento dei contraenti, la quale può essere fonte di
responsabilità. Ne consegue che la violazione dei doveri di
informazione del cliente e di corretta esecuzione delle

operazioni che la legge pone a carico dei soggetti
autorizzati alla prestazione dei servizi di investimento
finanziario, può dar luogo a responsabilità
precontrattuale, con conseguenze risarcitorie, ove dette
violazioni

avvengano nella fase antecedente o coincidente

con la stipulazione del contratto di intermediazione
destinato a regolare i successivi rapporti tra le parti
(cd. contratto-quadro), mentre è fonte di responsabilità
contrattuale e può condurre, eventualmente, alla
risoluzione del contratto, ove le violazioni riguardino le
operazioni di investimento o disinvestimento compiute in
esecuzione del contratto-quadro. Va quindi escluso, in
assenza di una esplicita previsione normativa, che la
violazione dei menzionati doveri di comportamento possa
determinare, a norma dell’art. 1418, comma 1, c.c., la
nullità del cosiddetto contratto-quadro o dei singoli atti
negoziali posti in essere in base ad esso (a partire da
Cass., sez. un., n. 26)24 del 2007, vd., tra le altre, le
sentenze della I sez. civ. n. 2414 del 2016 e n. 8462 del
2014).

7

Il terzo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione
,
degli artt. 99, 112 e 163 c.p.c. e 6 del d.lgs. 17 gennaio
.

2003 n. 5, e vizio di motivazione, per avere ritenuto nuova
e inammissibile la domanda di risoluzione del contratto,
proposta in appello, sebbene si trattasse di una mera
rispetto alla domanda di nullità

emendatio libelli

originariamente proposta nel primo grado di giudizio.
Il motivo è infondato.
Le Sezioni Unite, alla luce del ruolo che l’ordinamento
affida alla nullità contrattuale, quale sanzione del
disvalore dell’assetto negoziale, e considerando che la
risoluzione contrattuale è coerente solo con l’esistenza di
I

un contratto valido, hanno ritenuto che il giudice di

% merito, investito della domanda di risoluzione del
contratto, abbia il potere-dovere di rilevare dai fatti
allegati e provati, o comunque emergenti dagli atti, ogni
forma di nullità del contratto stesso (vd. Cass., sez. un.,
n. 14828 del 2012), anche di tipo protettivo (vd. Cass.,
sez. un., n. 26242 del 2014). Sulla base di questa
ricostruzione, il giudice è tenuto (nei limiti del
devoluto) a rilevare d’ufficio la nullità, anche in
appello, cui segue la facoltà della parte di proporre
un’espressa istanza di accertamento in tal senso (vd. Cass.
da ultimo cit.). Diverso è, però, il caso – che è quello in
esame – in cui la parte abbia proposto soltanto una domanda

di nullità del contratto, rigettata nel merito dal
8

tribunale, e solo in appello abbia introdotto, in via
subordinata, una domanda di risoluzione, trattandosi
evidentemente di una inammissibile domanda nuova, a norma
dell’art. 345 c.p.c.
In conclusione, il ricorso è rigettato. Sussistono giusti

considerazione dell’evoluzione giurisprudenziale
nell’interpretazione dell’art. 30 t.u.f.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; compensa le spese del giudizio.
Roma, 4 maggio 2016.

per compensare le spese del presente giudizio, in

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