Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11400 del 11/05/2010

Cassazione civile sez. lav., 11/05/2010, (ud. 09/03/2010, dep. 11/05/2010), n.11400

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCIARELLI Guglielmo – Presidente –

Dott. MONACI Stefano – Consigliere –

Dott. DI NUBILA Vincenzo – Consigliere –

Dott. STILE Paolo – rel. Consigliere –

Dott. MORCAVALLO Ulpiano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

E.V., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso LA

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato RAFFAELE SANTORO, giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

DITTA DOMENICO VENTURA S.A.S.;

– intimata –

e sul ricorso 32526-2006 proposto da:

DITTA DOMENICO VENTURA S.R.L., in persona del suo Amministratore

Unico Sig. V.U., succeduta alla DITTA DOMENICO VENTURA

di Umberto Ventura & C. s.a.s., domiciliata in ROMA, PIAZZA

CAVOUR,

presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE,

rappresentata e difesa dall’avvocato CIRILLO RICCARDO, giusta delega

a margine del controricorso e ricorso incidentale;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

E.V., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso LA

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato RAFFAELE SANTORO, giusta delega a margine del ricorso;

– controricorrente al ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 646 7/2 005 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 23/11/2005 R.G.N. 1597/05;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/03/2010 dal Consigliere Dott. STILE Paolo;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FEDELI Massimo, che ha concluso per il rigetto di entrambi i ricorsi.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso al Tribunale di Napoli, in funzione di giudice del lavoro, depositato il 22-3-2202. E.V. esponeva di avere lavorato alle dipendenze della S.a.s. DOMENICO VENTURA di Umberto Ventura & C. esercente attivita’ di fornitura di vitto presso alcune Case Circondariali della Regione Campania, dal 16-12-96 al 6/7/2001, data in cui era stato licenziato senza preavviso.

Aggiungeva di avere esercitato le sue mansioni di operaio presso la Casa Circondariale di (OMISSIS) senza ricevere il compenso per il lavoro svolto in giorni festivi nonche’ le mensilita’ aggiuntive e l’indennita’ sostitutiva delle ferie.

Soggiungeva di essere stato trasferito, in data 15-1-2001, per ragioni organizzative, presso la Casa Circondariale di Benevento nonche’, successivamente, a seguito della revoca del permesso di accesso, presso quella di (OMISSIS).

Precisava che. con raccomandata del 22-6-2001, aveva comunicato alla societa’ che le sue condizioni di salute lo ponevano nell’impossibilita’ di svolgere correttamente la prestazione e che, ciononostante, previa contestazione di assenze da lavoro, gli era stato intimato il licenziamento in data 6-7-2001. Tanto puntualizzato, posta la ricorrenza del requisito dimensionale, contestava la sussistenza della giusta causa di recesso, giacche’ non era a lui imputabile alcun inadempimento. Lamentava una condotta ai suoi danni qualificabile come “mobbing”. attuata, prima con gli immotivati trasferimenti e, poi, con l’illegittimo licenziamento, e chiedeva la condanna del datore di lavoro al pagamento della somma di Euro 13.927,38 per differenze retributive nonche’ di Euro 25.826,44 a titolo di risarcimento del danno biologico e morale, oltre accessori come per legge, e la declaratoria d’illegittimita’ del licenziamento, con la reintegra nel posto di lavoro ed il risarcimento del danno.

Costituitasi in giudizio, la S.a.s. DOMENICO VENTURA di Umberto Ventura & C. eccepiva la nullita’ del ricorso, quanto alle pretese retributive. nonche’ l’infondatezza delle altre domande proposte, chiedendone il rigetto.

Premessa la legittimita’ dei trasferimenti e contestata, comunque, la ricorrenza dei requisito dimensionale, deduceva la resistente, in particolare, che l’ E. dal 2-6-2001 non si era presentato al lavoro presso la Casa Circondariale di (OMISSIS) ne’ aveva fornito, al riguardo, anche successivamente, giustificazione alcuna, sicche’ il licenziamento, ontologicamente disciplinare, era stato irrogato, in presenza di una giusta causa di recesso, nel rispetto della normativa legale e contrattuale.

Eccepiva, inoltre, la genericita’ della doglianza avente ad oggetto il presunto comportamento persecutorio, del quale non erano stati specificati gli estremi ed i contenuti.

Il Giudice adito, con sentenza del 4-2-2004, depositata il 1-6-2205, rigettava il ricorso.

Avverso tale decisione proponeva appello l’Esposito, insistendo per l’accoglimento delle conclusioni rassegnate in primo grado.

Lamentava, in particolare, che il licenziamento era stato impugnato anche perche’ conseguenza del “mobbing” e che la ricorrenza di questo aveva ricevuto conferma a seguito dell’escussione dei testi.

Costituitasi in giudizio, la s.a. s. DOMENICO VENTURA di Umberto Ventura & C, riproposte le argomentazioni gia’ svolte in primo grado, eccepiva l’inammissibilita’ del gravame, contestandone, comunque, la fondatezza e chiedendone il rigetto. Proponeva, inoltre, appello incidentale, deducendo che la domanda avente ad oggetto il pagamento delle differenze retributive doveva essere rigettata nel merito ovvero, subordinatamente, dichiarata inammissibile, e che quella avente ad oggetto il risarcimento del danno biologico e morale, anch’essa ritenuta inammissibile dal primo Giudice, doveva essere rigettata nel merito per carenza di prova.

Con sentenza del 20 ottobre – 23 novembre 2005, l’adita Corte di Appello di Napoli, in parziale riforma della impugnata decisione, dichiarava l’inammissibilita’ della domanda avente ad oggetto il pagamento delle competenze retributive per carenza di censure puntuali e specifiche alla sentenza di primo grado; rigettava la domanda avente ad oggetto il risarcimento del danno da mobbing, non essendo stata riscontrata una condotta vessatoria, da parte del datore di lavoro: confermava nel resto la sentenza di primo grado ed, in particolare, la ritenuta legittimita’ dell’intimato licenziamento, non avendo fornito l’Esposito adeguata giustificazione alla prolungata assenza dal lavoro.

Per la cassazione di tale pronuncia ricorre E.V. con due motivi. Resiste la s.r.l. Ditta Domenico Ventura, succeduta alla Ditta Domenico Ventura di Umberto Ventura & C. s.a.s., con controricorso, proponendo altresi’ ricorso incidentale affidato ad un unico motivo, cui resiste con controricorso E.V., che ha anche depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Va preliminarmente disposta la riunione del ricorso principale e di quello incidentale, trattandosi di impugnazioni avverso la medesima sentenza (art. 335 c.p.c.).

Con il primo motivo di ricorso, E.V., denunciando l’esistenza di un vizio di omessa o contraddittoria motivazione sulla giustificazione delle proprie assenze, lamenta che la Corte di appello abbia erroneamente ritenuto che le giustificazioni dallo stesso fornite non fossero idonee ad evitare l’addebito contestatogli. Il motivo e’ infondato.

La sentenza, infatti, e’ sul punto ampiamente motivata, osservando che la contestazione mossa prendeva a riferimento una norma contrattuale – art. 167 CCNL di categoria – che impone va al lavoratore di giustificare le assenze e che prevedeva (“ipotesi della giusta causa a partire dal quinto giorno di assenza ingiustificata;

nel caso di specie, l’azienda aveva atteso oltre venti giornate di assenza, senza che in detto lasso di tempo l’Esposito avesse dato alcuna notizia di se’.

La stessa fonte contrattuale -prosegue la Corte di appello – prevedeva l’applicazione di una sanzione disciplinare conservativa nelle ipotesi di assenze protrattesi fino a cinque giorni e l’applicazione del licenziamento per giusta causa ove il numero delle assenze sia superiore.

Nel caso di specie, il lavoratore non aveva comunicato all’azienda ne’ in forma scritta, come impone la norma collettiva, ne’ in altro modo la sua assenza; lo stesso nemmeno in sede di procedimento disciplinare aveva in qualche modo dato conto o giustificato la sua inadempienza, nulla opponendo alla contestazione in ordine alla mancata tempestiva giustificazione delle assenze, che riconosceva essere intervenute, ma limitandosi ad opporre un presunto stato ansioso – depressivo confortalo da certificazione medica inidonea ad attestare la malattia se non a partire dal giorno 27/6/2001.

Infatti come correttamente rilevato dalla Corte di appello -, le giustificazioni fornite dall’ E. erano assolutamente inidonee a dare conto della mancata presentazione al lavoro sin dal 2/6/01, per cui ricorreva l’ipotesi di giusta causa contestata e sanzionata con la risoluzione del rapporto.

Con il secondo motivo, il ricorrente, denunciando omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in relazione alla sussistenza del danno da mobbing risarcibile, dopo aver contestato l’omessa motivazione riporta per esteso un ampio brano della motivazione, che tuttavia non condivide.

Anche le ulteriori deduzioni contenute in ricorso si presentano come censure attinenti al merito della sentenza, specie per i profili riguardanti il preteso mobbing su cui la pronuncia ha ampiamente e congruamente argomentato, pure in ordine ai trasferimenti che del denunciato mobbing sarebbero espressione.

1.1 Giudice a qua ha, infatti, tenuto a soffermarsi anche sul “presunto animus nocendi del datore di lavoro, desumibile, in astratto, soltanto dalle minacce di licenziamento, riferite dagli stretti congiunti dell’ E.”. osservando come esso fosse sfornito di prova perche’ palesemente contraddetto, anche indipendentemente dalla scarsa attendibilita’ del risultato di prova, vuoi dalle congrue giustificazioni, non contestate in sede di appello, fornite dalla societa’ datrice di lavoro, a sostegno del trasferimento dalla Casa Circondariale di (OMISSIS), vuoi dalla stessa offerta della sede di (OMISSIS), anch’essa rifiutata per motivi logistici, in alternativa a quella, non gradita, di (OMISSIS).

Ad ulteriore avallo di tale conclusione la Corte territoriale ha voluto opportunamente aggiungere che, in sede cautelare, era stata esclusa la ricorrenza del funus boni iuris anche relativamente al successivo trasferimento dell’Esposito presso la Casa Circondariale di (OMISSIS), attesa la revoca dell’autorizzazione all’ingresso nella Casa Circondariale di (OMISSIS).

La censura va, pertanto, disattesa.

Va disatteso altresi’ il ricorso incidentale con cui la societa’, denunciando omessa motivazione su di un punto decisivo della lite, violazione delle norme del codice di rito in tema di nullita’ dell’atto introduttivo e delle norme in tema di onere della prova nel processo del lavoro, lamenta che la Corte di appello abbia dichiarato inammissibile la domanda di pagamento delle competenze retributive anziche’ rigettarla.

Invero, sul punto la Corte territoriale ha correttamente giustificato la statuizione di inammissibilita’ del gravame, per carenze di censure puntuali, rimarcando come detta statuizione fosse coperta dal giudicato, essendo l’appello completamente privo di accenni a questo aspetto della vertenza.

L’esito del presente giudizio induce a compensare tra le parti le spese.

P.Q.M.

LA CORTE Riunisce i ricorsi e li rigetta. Compensa le spese.

Così deciso in Roma, il 9 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 11 maggio 2010

 

 

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