Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1140 del 21/01/2021

Cassazione civile sez. II, 21/01/2021, (ud. 14/07/2020, dep. 21/01/2021), n.1140

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7983/2016 proposto da:

V.D., elettivamente domiciliata in ROMA, LARGO DEI COLLI

ALBANI 32, presso lo studio dell’avvocato ALFONSO DELLARCIPRETE, che

la rappresenta e difende giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

C.N., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ANASTASIO II,

n. 80, presso lo studio dell’avvocato LITTORIO DI NARDO,

rappresentato e difeso dall’avvocato ADRIANO BARBATO, giusta procura

in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3791/2015 del TRIBUNALE di ROMA, depositata il

18/02/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

14/07/2020 dal Consigliere Dott. CHIARA BESSO MARCHEIS.

 

Fatto

PREMESSO

Che:

1. V.D. proponeva opposizione avverso il decreto con cui il Giudice di pace di Roma le aveva ingiunto il pagamento di Euro 1.741,30 in favore di C.N., quale corrispettivo per lavori di manutenzione e riparazione eseguiti da quest’ultimo sulla propria autovettura. Il Giudice di pace di Roma, con sentenza n. 664/2010, accoglieva l’opposizione e revocava il decreto opposto.

2. Avverso tale sentenza proponeva appello C.N..

Il Tribunale di Roma, respinta l’eccezione di inammissibilità dell’impugnazione per carenza di specificità dei motivi, ha ritenuto fondato il motivo di gravame basato sulla inesistenza del diritto alla garanzia biennale e ha affermato il diritto dell’appellante al pagamento delle riparazioni effettuate; con sentenza 18 febbraio 2015, n. 3791 ha così riformato la pronuncia impugnata e ha confermato il decreto opposto.

3. Contro la sentenza ricorre per cassazione V.D.. Resiste con controricorso C.N..

Il controricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380-bis.1 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

Che:

I. Il ricorso è articolato in cinque motivi.

1) Il primo motivo denuncia “inammissibilità dell’appello per violazione della norma dell’art. 342 c.p.c., in relazione a quella dell’art. 360, comma 1, n. 4 e alla consolidata giurisprudenza della Corte Suprema”.

Il motivo non può essere accolto. Il Tribunale di Roma ha infatti rilevato (pp. 5-6 del provvedimento impugnato) che nell’atto di appello C. “ha mosso specifiche censure alla sentenza pronunciata dal Giudice di pace sia nella parte in cui questi ha riconosciuto la operatività della garanzia per i vizi a favore di V. (..), sia nella parte in cui il giudice di prime cure ha ritenuto insufficienti le fatture poste a sostegno del decreto ingiuntivo”, il che d’altro canto risulta dagli estratti dei motivi d’appello riportati dalla ricorrente alle pp. 7-9 del ricorso.

2) Il secondo e il quarto motivo sono tra loro connessi e ne è opportuna la trattazione congiunta:

a) il secondo motivo riporta “mancata impugnazione dell’ultimo capo della sentenza di primo grado, ossia di non potere decidere nel merito, sussistenza del giudicato interno su tale punto; violazione della norma dell’art. 624 c.p.c., in relazione a quella dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4”; dato che l’appellante non ha impugnato il punto della impossibilità per il Giudice di pace di pronunciarsi sul diritto di C., “stante il vizio sostanziale, non emendato, della non autenticità delle fatture neanche nel giudizio di merito”, la questione non poteva essere esaminata dal giudice d’appello;

b) il quarto motivo lamenta la “asserita sussistenza delle condizioni per l’emissione del decreto ingiuntivo; violazione della norma degli artt. 633 e 634 c.p.c. in relazione a quella dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4”: il giudice d’appello, nel ritenere che sussistevano le condizioni per la concessione del decreto, avrebbe trascurato che la modifica introdotta dalla L. n. 432 del 1995, non ha mutato “il principio basilare della necessità della autenticità delle ricevute fiscali (fatture) prodotte in atti”, con conseguente “mancanza di pregio della motivazione suddetta”.

I motivi, secondo cui il giudice d’appello non poteva pronunciarsi sulla sussistenza dei presupposti per l’emissione del decreto ingiuntivo e si è comunque erroneamente pronunciato, non possono essere accolti. Il Tribunale, nell’esaminare la questione della carenza delle condizioni per l’emissione del decreto ingiuntivo, ha infatti precisato che la questione era stata sollevata in primo grado e poi reiterata in comparsa di costituzione del giudizio d’appello dalla ricorrente e la pronuncia sul punto del Giudice di pace è stata contestata dall’appellante C. (v. l’estratto dell’atto di appello riportato a p. 7 del ricorso), così che non vi è stata alcuna violazione del giudicato interno. Quanto all’osservazione del Tribunale che le fatture sono “pienamente idonee a costituire prova scritta ai fini della emissione del decreto ingiuntivo anche in relazione al credito relativo a prestazioni di servizi” si tratta di affermazione conforme all’orientamento di questa Corte secondo cui “la fattura è titolo idoneo per l’emissione di un decreto ingiuntivo in favore di chi l’ha emessa”, con la precisazione che “nell’eventuale giudizio di opposizione la stessa non costituisce prova dell’esistenza del credito, che dovrà essere dimostrato con gli ordinari mezzi di prova dall’opposto” (così Cass. 5915/2011), dimostrazione che ad avviso del Tribunale è stata raggiunta nel giudizio di opposizione.

3) Il terzo motivo contesta “violazione dell’art. 645 c.p.c., in relazione all’art. 112 c.p.c. e art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4”; il Tribunale, nel sostenere che la garanzia poteva essere operante solo nei confronti della Auto Ucci s.r.l. da cui la ricorrente aveva acquistato l’auto, avrebbe introdotto una questione “del tutto nuova”.

Il motivo non può essere accolto. Il Tribunale ha negato la sussistenza della garanzia per vizi sulla circostanza che la vettura è stata consegnata per la riparazione all’appellante in data 12 giugno 2006, quando era ormai spirato il termine di durata della medesima; il rilievo che una garanzia potrebbe discendere dal contratto di vendita tra V. e Auto Ucci, valendo in tal caso solo nei confronti del venditore, è pertanto osservazione ulteriore, dal carattere non decisivo, che semplicemente rafforza il ragionamento seguito dal Tribunale.

4) Il quinto motivo denuncia “omesso esame di fatti decisivi per una corretta pronuncia della decisione, violazione della norma del novellato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5”; il Tribunale non si sarebbe pronunciato sul punto decisivo della controversia, ossia sulla circostanza che in virtù della legge italiana la durata della garanzia era di mesi ventisei così che, anche volendo considerare l’immatricolazione avvenuta in (OMISSIS), la garanzia era ancora operante quando l’autovettura è stata consegnata a C. e sulla “circostanza che la corrispondenza interna costituiva prova documentale, sicchè quella testimoniale non poteva essere neanche ammessa”.

Il motivo è inammissibile. Inammissibile è la prima parte, in cui quello che si denuncia non è l’omesso esame di fatti storici, ma l’eventuale erronea applicazione di norme giuridiche (secondo questa Corte, il vizio “riconducibile all’ipotesi di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, può concernere esclusivamente l’accertamento e la valutazione dei fatti rilevanti ai fini della decisione della controversia, non anche l’interpretazione e l’applicazione delle norme giuridiche”, così da ultimo Cass. 4863/2020); inammissibile è anche la seconda parte del motivo, ove la doglianza è del tutto generica, priva di riferimenti specifici, sostanziandosi nel mero richiamo alla “corrispondenza interna” e alla “prova testimoniale”.

II. Il ricorso va quindi rigettato.

Le spese, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio in favore del controricorrente che liquida in Euro 2.050, di cui Euro 200 per esborsi, oltre spese generali (15%) e accessori di legge.

Sussistono, del D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1-quater, i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1- bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale della Sezione Seconda Civile, il 14 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 21 gennaio 2021

 

 

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