Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11396 del 01/06/2016


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 11396 Anno 2016
Presidente: SALVAGO SALVATORE
Relatore: SALVAGO SALVATORE

SENTENZA
sul ricorso 24854-2010 proposto da
ANGELO NERI (C.F. NRENGL46A04H501A), elettivamente
domiciliato in Roma, piazza del Fante n. 2, presso lo
studio dell’avv. Costanza Acciai che lo rappresenta e
difende giusta procura a margine del ricorso
– ricorrente contro
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona
del Ministro pro tempore,
persona del Direttore

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DUG

e AGENZIA DELLE ENTRATE, in
pro tempore,

elettivamente

Data pubblicazione: 01/06/2016

domiciliati in Roma, via dei Portoghesi n. 12, presso
l’Avvocatura Generale dello Stato che li rappresenta e
difende ex lege

controricorrenti e ricorrenti incidentali

la sentenza n. 3247/2009 della Corte d’appello di Roma,
depositata il 31 agosto 2009;
sentita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del giorno 11 febbraio 2016 dal Presidente
relatore dott. Salvatore Salvago;
udito l’avv. Costanza Acciai per il ricorrente;
udito l’avv. Capolupo dell’Avvocatura Generale dello
Stato per i controricorrenti e ricorrenti incidentali;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale dott. Rosario Giovanni Russo, che ha concluso
per

l’inammissibilità

del

ricorso

incidentale

dell’Agenzia delle Entrate, il rigetto del ricorso
incidentale del Ministero dell’Economia e delle
Finanze,

raccoglimento

del

secondo

motivo

l’inammissibilità del primo motivo del ricorso Neri.

2

e

avverso

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Angelo Neri conveniva il Ministero dell’Economia e delle
Finanze innanzi al Tribunale di Roma per opporsi all’ordinanzaingiunzione n. 037759 del 7 dicembre 1999 emessa nei suoi confronti
dal Dipartimento del Territorio per lire 58.613.095 a titolo di indennità

Sant’Andrea al Quirinale in Roma.
Deduceva al riguardo: che non poteva essere considerato
occupante abusivo dell’alloggio avendolo abitato sin dalla nascita, in
quanto l’alloggio era stato in precedenza concesso a suo padre,
Giuseppe Neri; che in virtù di comportamenti concludenti
dell’amministrazione (consistiti nell’avere quest’ultima proposto la
regolarizzazione della concessione a seguito della morte del padre, e
nell’avere richiesto ed ottenuto dal Neri i canoni di concessione ai
sensi dell’art. 32 della legge 23 dicembre 1994, n. 724, nonché la
ristrutturazione a suo carico dell’alloggio) doveva ritenersi l’avvenuto
perfezionamento di una nuova concessione del bene in questione; che
i crediti dell’amministrazione anteriori al 1° febbraio 1995 si erano
prescritti.
Costituitosi il Ministero, con sentenza n. 13627/2005 depositata
il 14 giugno 2005 il Tribunale, disattesa l’eccezione di difetto di
giurisdizione avanzata dall’opposta, respingeva la domanda
condannando il Neri al pagamento delle spese di lite.
Interposto appello, basato su tre motivi, dal Neri — il quale
evocava in giudizio il Ministero e l’Agenzia delle Entrate, che
rimaneva contumace —, la Corte di appello di Roma, con sentenza n.
3247/2009 depositata il 31 agosto 2009, in parziale riforma della
sentenza impugnata, ritenendo maturata la prescrizione invocata

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di occupazione di un alloggio sito nel compendio demaniale di

dall’appellante con il primo motivo di appello, rideterminava
l’ammontare del credito dell’amministrazione in euro 21.878,71 e
compensava le spese del grado.
In sintesi, la Corte di appello — accolta, come detto, la doglianza
relativa alla prescrizione parziale del credito ingiunto disattendeva il

secondo motivo, che nessun legittimo affidamento circa il
perfezionamento della concessione demaniale poteva trarsi dalla nota
del 19 maggio 1992 — con la quale l’amministrazione aveva
manifestato al Neri la disponibilità ad un’eventuale regolarizzazione
dell’occupazione —, atteso che nella stessa nota si precisava che il
canone sarebbe stato quantificato secondo la normativa vigente, sicché
comunque, quanto meno per il periodo successivo, il canone avrebbe
dovuto essere nuovamente determinato, e che l’art. 32 della legge n.
724 del 1994 presupponeva la sussistenza di un titolo concessorio in
atto, mentre il Neri aveva prospettato una situazione di mero fatto
(l’occupazione dell’alloggio sin dalla nascita quale convivente con il
padre, originario concessionario); b) quanto al terzo motivo, che,
seppure il Neri aveva in effetti dedotto l’omessa indicazione da parte
dell’amministrazione delle norme in base alle quali erano state
ricalcolate le somme pretese a titolo di indennizzo, questo doveva
stimarsi congruo in considerazione del pregio dell’immobile occupato.
Avverso detta sentenza Angelo Neri propone ricorso per
cassazione affidato a due motivi.
Si è costituita l’Avvocatura generale dello Stato per il Ministero
dell’Economia e delle Finanze e per l’Agenzia delle Entrate svolgendo
ricorso incidentale affidato a due motivi ed eccependo, con specifico
motivo, il difetto di legittimazione passiva dell’Agenzia.

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secondo e il terzo motivo di gravame del Neri ritenendo: a) quanto al

MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso Angelo Neri denuncia
«omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto
decisivo della controversia, prospettato dalle parti»: tornando ad
invocare il “principio del legittimo affidamento” per ribadire

occupazione

sine

titulo

unilateralmente

determinata

dall’amministrazione in contrasto con l'”avviso” del 19 maggio 1992
comunicatogli dall’amministrazione e dopo ben sette anni da detto
avviso. Sostiene che non poteva essere considerato occupante abusivo
dell’alloggio, posto che il comportamento dell’amministrazione era
stato tale da indurlo ad attendere, per il lungo periodo nel quale egli,
ex post, era stato considerato quale occupante abusivo, la positiva
conclusione dell’iter concessorio.
2. Con il secondo motivo si denuncia «violazione di legge; art. 3
1. 241/90; art. 112 c.p.c.; vizio di ultrapetizione».
Si lamenta la violazione del “principio di legalità”, non avendo
l’amministrazione indicato i criteri e le norme di riferimento per la
determinazione dell’indennizzo, così rendendo impossibile la
contestazione del quantum.
3. Con il primo motivo di ricorso incidentale il Ministero
dell’Economia e delle Finanze denuncia «difetto di motivazione, ai
sensi dell’art. 360, n. 5, c.p.c.»; in quanto la Corte di appello, nel
ritenere fondata l’eccezione di prescrizione di ogni eventuale credito
relativo al periodo antecedente al 1° febbraio 1995, ha omesso di
considerare che il comportamento del Neri — che aveva corrisposto le
somme richiestegli dall’amministrazione — costituiva riconoscimento
di debito, come tale interruttivo della prescrizione.

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l’illegittimità dell’applicazione nei suoi confronti di un’indennità di

4. Con il secondo motivo denuncia «violazione di legge con
riferimento all’art. 2944 c.c., in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c.»:
deducendo che il Neri ha pagato quanto chiestogli nel tempo per
l’occupazione dell’alloggio con consapevolezza del debito e
volontarietà, sicché detti pagamenti costituiscono riconoscimento di

somme dovute all’amministrazione per la stessa occupazione e per lo
stesso periodo di tempo.
5. Con ricorso incidentale l’Agenzia delle Entrate ha denunciato
«violazione di legge con riferimento agli artt. 61, 62 e 65 L. 1999/300,
in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c.» deducendo il difetto di
legittimazione passiva dell’Agenzia.
6. Il motivo di ricorso incidentale dell’Agenzia delle Entrate, da
esaminarsi in via preliminare, è inammissibile atteso che l’Agenzia,
evocata solo nel giudizio di appello, è rimasta contumace in quella
sede e la sentenza impugnata non ha trattato la questione della sua
legittimazione né contiene statuizioni nei suoi confronti.
7. Il ricorso principale del Neri non merita accoglimento.
7.1. Quanto al primo motivo, premesso che, nella specie, si
controverte sull’accertamento negativo del credito fatto valere
dall’amministrazione finanziaria con l’ordinanza-ingiunzione del 7
dicembre 1999 per l’occupazione sine titulo di un bene demaniale da
parte del ricorrente, questi afferma che in appello «aveva inteso
contestare … proprio l’asserita sua condizione di “occupante abusivo
o sine titulo” dell’immobile demaniale di cui aveva la detenzione»
(pp. 6-7 del ricorso), deducendo di aver abitato l’immobile fin dalla
nascita in quanto attribuito in concessione al padre; e di aver maturato
un “legittimo affidamento” alla positiva conclusione dell’iter

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debito avente effetto intenuttivo della prescrizione rispetto ad ulteriori

concessorio (pp. 2 e 5), stante la comunicazione (“avviso”) del 19
maggio 1992 con la quale l’amministrazione gli aveva manifestato «la
disponibilità ad una eventuale regolarizzazione dell’occupazione con
atto di concessione demaniale» previo impegno del Neri, tra l’altro, ad
assumere gli oneri di ristrutturazione e manutenzione dell’alloggio (p.

Orbene, avendo il Neri dedotto una situazione di mero fatto —
l’occupazione dell’alloggio fin dalla nascita — in considerazione della
quale la Corte territoriale ha ritenuto il carattere abusivo
dell’occupazione, la doglianza risulta, per un verso, inammissibile,
essendo il ricorso carente in punto di esame critico della ratio
decidendi e sollecitandosi, in sostanza, una rivalutazione in merito
circa il “legittimo affidamento” per l’avvenuto perfezionamento di una
nuova concessione asseritamente ingenerato dal comportamento
dell’amministrazione. Per altro verso, la doglianza è infondata: in
disparte la considerazione che dal tenore letterale dell’avviso” non è
dato trarre alcun univoco indice deponente per la volontà
dell’amministrazione di addivenire ad un nuovo atto di concessione in
favore del Neri, nella soggetta materia non è configurabile l’adozione
di un atto di concessione “per fatti concludenti”, trattandosi di attività
provvedimentale della pubblica amministrazione in cui la volontà si
deve esteriorizzare con atti formali peraltro nominati e tipici (per un
risalente precedente, in consimile fattispecie, si v. Sez. 1, 13 dicembre
1969, n. 3938, Rv. 344353), posto che i beni facenti parte del demanio
pubblico non possono formare oggetto di diritti a favore di terzi se non
nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi che li riguardano. A ciò
aggiungasi che la situazione di mero fatto (l’occupazione sin dalla
nascita dell’alloggio) riconosciuta ed allegata dal Neri esclude,

7

14).

evidentemente, la sussistenza della buona fede e di un titolo
astrattamente legittimante, quali necessari presupposti dell’invocato
“affidamento”.
7.2. Anche il secondo motivo non ha pregio. Invero, esso è, in
primo luogo, inammissibile: prospettandosi l’omesso esame di un

il dedotto vizio va denunciato, a pena di inammissibilità, non per
“violazione di legge” (art. 360, primo comma, n, 3, c.p.c.) — come
avvenuto nella specie —, bensì ex art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c.
(Sez. 6 – L, 12 gennaio 2016, n. 329, Rv. 638341; Sez. 3, 17 settembre
2013, n. 21165, Rv. 628690; Sez. 3, 16 settembre 2013, n. 21099, Rv.
628624; Sez. 6 – 5, 15 maggio 2013, n. 11801, Rv. 626729; Sez, 5, 18
maggio 2012, n. 7871, Rv. 622908; Sez. 3, 11 maggio 2012, n. 7268,
Rv. 622422; Sez. 2, 17 dicembre 2009, n. 26598, Rv. 610965; Sez. 3,
4 giugno 2007, n. 12952, Rv. 597585).
Il motivo è altresì infondato. Vertendosi in tema di
contestazione del quantum recato dall’ordinanza-ingiunzione, vale il
principio consolidato secondo cui in siffatte controversie non viene in
evidenza un’impugnazione dell’atto amministrativo, bensì
direttamente il fondamento della pretesa dell’amministrazione,
devolvendosi pertanto al giudice la cognizione piena circa la
legittimità e la fondatezza della pretesa, sicché il giudizio deve
esercitarsi sul rapporto, non solo sull’atto, e l’oggetto del giudizio è
delimitato dai motivi fatti valere con l’opposizione, non essendo
consentito all’amministrazione dedurre, a sostegno della pretesa,
motivi o circostanze diverse da quelle enunciate con il provvedimento.
In tale quadro, posto che l’amministrazione ha ingiunto al
Neri il pagamento di somme a titolo di differenze tra quanto

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motivo di gravame per ultrapetizione, in violazione dell’art. 112 c.p.c.,

determinato per l’occupazione sine titulo dell’alloggio e quanto
effettivamente versato dal Neri — il quale ha espressamente
affermato di aver versato tutti canoni nella misura richiesta
dall’amministrazione ex art. 32 della legge 23 dicembre 1994, n.
724 a seguito dell'”avviso” citato —, ciò che rileva è unicamente la

(l’occupazione abusiva di un bene facente parte di un compendio
demaniale). Per il resto, il Neri ben avrebbe dovuto specificamente
contestare il quantum ingiuntogli sulla base degli importi medio
tempore versati e del periodo di abusiva occupazione contestatagli;
e d’altra parte la congruità dell’importo, ritenuta dalla Corte di
appello, appare immune da vizi logici ed implicitamente adesiva
alle stime degli organi tecnici dell’amministrazione.
8. Del pari infondato il ricorso incidentale del Ministero
dell’Economia e delle Finanze, affidato a due motivi che possono
essere trattati congiuntamente, involgendo entrambi la questione della
pretesa sussistenza di un riconoscimento di debito avente effetto
interruttivo della prescrizione (art. 2944 c.c.).
Invero, proprio il contesto, sopra riferito, in cui sono avvenuti i
pagamenti da parte del Neri (effettuati da questi in relazione al più
volte menzionato “avviso” dell’amministrazione) esclude il
riconoscimento — con effetto interruttivo, quale comportamento
obiettivamente incompatibile con la volontà di disconoscere la pretesa
dell’amministrazione — del diverso credito (per occupazione sine
titulo) azionato dall’amministrazione con l’ordinanza-ingiunzione.
Pertanto, correttamente la Corte di appello ha affermato l’intervenuta
prescrizione quinquennale per la parte del credito relativa al periodo

9

configurazione giuridica della situazione obiettivamente esistente

precedente al 10 febbraio 1995, essendo stata pacificamente notificato
il provvedimento al Neri il l febbraio 2000.
9. In conclusione, entrambi i ricorsi devono essere rigettati, con
le conseguenti statuizioni in ordine alle spese del presente giudizio di
legittimità, da compensarsi in ragione della metà atteso l’esito

P.Q.M.
la Corte rigetta entrambi i ricorsi e condanna il ricorrente principale
alla rifusione in favore del Ministero dell’Economia e delle Finanze
della metà delle spese del giudizio di legittimità che liquida, per
l’intero, in euro 3.000, oltre spese prenotate a debito; dichiara
compensata tra le parti la restante metà.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio dell’il febbraio 2016.

complessivo dello stesso.

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