Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11395 del 12/06/2020

Cassazione civile sez. I, 12/06/2020, (ud. 12/12/2019, dep. 12/06/2020), n.11395

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – rel. Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. DE MARZO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23892/2018 proposto da:

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in Roma Via Dei Portoghesi 12 presso

l’Avvocatura Generale Dello Stato che lo rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrente –

contro

S.M.M.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 44/2018 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE,

depositata il 05/02/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

(Ndr: testo originale non comprensibile) dal Consigliere Dott.

PARISE Clotilde.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza n. 44/2018 depositata il 5-2-2018 la Corte d’Appello di Trieste ha accolto parzialmente l’impugnazione proposta da S.M.M., cittadino del Pakistan, avverso la decisione del Tribunale della medesima città, riconoscendogli per l’effetto il diritto al rilascio di un permesso di soggiorno per motivi umanitari sul presupposto del suo radicamento lavorativo in Italia, in forza di contratto di lavoro a tempo determinato.

2.Avverso questa pronuncia ha proposto ricorso per cassazione il Ministero dell’Interno sulla base di un unico motivo nei confronti del cittadino straniero, che è rimasto intimato.

3. Il ricorso è stato fissato per l’adunanza in camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c. e art. 380 bis 1 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con unico articolato motivo il Ministero ricorrente lamenta “Violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3 e D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”. L’Amministrazione ricorrente deduce l’erroneità della sentenza impugnata per avere la Corte territoriale riconosciuto il diritto alla protezione umanitaria unicamente sul presupposto dell’integrazione lavorativa del richiedente, senza che fosse stata fornita la prova di un concreto rischio umanitario in caso di rientro nel Paese d’Origine. Rileva che, ove fosse ritenuto fondato l’orientamento espresso con la sentenza impugnata si verificherebbe una sorta di automatismo nella concessione del permesso per motivi umanitari, pur in assenza delle condizioni di legge, e solo per ragioni economiche.

2. In via preliminare, con riguardo alla disciplina applicabile ratione temporis in tema di protezione umanitaria, le Sezioni Unite di questa Corte hanno statuito che “In tema di successione delle leggi nel tempo in materia di protezione umanitaria, il diritto alla protezione, espressione di quello costituzionale di asilo, sorge al momento dell’ingresso in Italia in condizioni di vulnerabilità per rischio di compromissione dei diritti umani fondamentali e la domanda volta a ottenere il relativo permesso attrae il regime normativo applicabile; ne consegue che la normativa introdotta con il D.L. n. 113 del 2018, convertito con L. n. 132 del 2018, nella parte in cui ha modificato la preesistente disciplina contemplata dal D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, e dalle altre disposizioni consequenziali, non trova applicazione in relazione a domande di riconoscimento del permesso di soggiorno per motivi umanitari proposte prima dell’entrata in vigore (5 ottobre 2018) della nuova legge; tali domande saranno, pertanto, scrutinate sulla base della normativa esistente al momento della loro presentazione, ma, in tale ipotesi, l’accertamento della sussistenza dei presupposti per il riconoscimento del permesso di soggiorno per motivi umanitari sulla base delle norme esistenti prima dell’entrata in vigore del D.L. n. 113 del 2018, convertito nella L. n. 132 del 2018, comporterà il rilascio del permesso di soggiorno per “casi speciali” previsto dall’art. 1, comma 9, suddetto decreto legge” (Cass. S.U. n. 29459/2019).

Nel caso di specie, dunque, non trova applicazione la normativa introdotta con il D.L. n. 113 del 2018 convertito nella L. n. 132 del 2018 nella parte in cui ha modificato la preesistente disciplina del permesso di soggiorno per motivi umanitari di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, e delle altre disposizioni consequenziali, sostituendola con la previsione di casi speciali di permessi di soggiorno. La domanda di riconoscimento del permesso di soggiorno per motivi umanitari è stata presentata dal ricorrente prima dell’entrata in vigore (5/10/2018) della nuova legge e deve essere, pertanto, scrutinata sulla base della normativa esistente al momento della sua presentazione.

3. Passando ora all’esame della censura, l’unico articolato motivo di ricorso è fondato nei termini di seguito precisati.

3.1. Questa Corte ha affermato che “In materia di protezione umanitaria, il riconoscimento del diritto al permesso di soggiorno per motivi umanitari di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, al cittadino straniero che abbia realizzato un grado adeguato di integrazione sociale in Italia, deve fondarsi su una effettiva valutazione comparativa della situazione soggettiva ed oggettiva del richiedente con riferimento al Paese d’origine, al fine di verificare se il rimpatrio possa determinare la privazione della titolarità e dell’esercizio dei diritti umani, al di sotto del nucleo ineliminabile costitutivo dello statuto della dignità personale, in correlazione con la situazione d’integrazione raggiunta nel Paese d’accoglienza” (Cass. n. 4455/2018). Con la sentenza n. 29459/2019 citata le Sezioni Unite hanno ribadito il suddetto orientamento, precisando che “In tema di protezione umanitaria, l’orizzontalità dei diritti umani fondamentali comporta che, ai fini del riconoscimento della protezione, occorre operare la valutazione comparativa della situazione soggettiva e oggettiva del richiedente con riferimento al paese di origine, in raffronto alla situazione d’integrazione raggiunta nel paese di accoglienza”, e che non può essere considerato isolatamente ed astrattamente il livello di integrazione in Italia del cittadino straniero. Inoltre la valutazione della condizione di vulnerabilità che giustifica il riconoscimento della protezione umanitaria deve essere ancorata ad una valutazione individuale, caso per caso, della vita privata e familiare del richiedente in Italia, comparata alla situazione personale che egli ha vissuto prima della partenza ed alla quale egli si troverebbe esposto in conseguenza del rimpatrio, poichè, in caso contrario, si prenderebbe in considerazione non già la situazione particolare del singolo soggetto, ma piuttosto quella del suo Paese di origine, in termini del tutto generali ed astratti, in contrasto con il parametro normativo di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, (Cass. n. 9304/2019 e Cass. S.U. n. 29459/2019 citata).

3.2. La Corte territoriale, accogliendo parzialmente l’appello, non ha operato, alla stregua dei principi suesposti, alcuna valutazione comparativa della situazione soggettiva e oggettiva del richiedente, nei limiti delle sue allegazioni, con riferimento al Paese di origine, in raffronto alla situazione d’integrazione raggiunta in Italia, secondo il parametro normativo di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, declinato nel senso precisato, nè ha indicato quale fosse il profilo di vulnerabilità ritenuto sussistente, valorizzando esclusivamente la produzione documentale attinente allo svolgimento di lavoro a tempo determinato e così incorrendo nella violazione di legge denunciata. 4. In conclusione, il ricorso è accolto e la sentenza impugnata va cassata, con rinvio alla Corte d’appello di Trieste, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

la Corte accoglie il ricorso nel senso di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’appello di Trieste in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 12 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 12 giugno 2020

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