Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11393 del 12/06/2020

Cassazione civile sez. I, 12/06/2020, (ud. 01/10/2019, dep. 12/06/2020), n.11393

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. FRASCA Raffaele – rel. Presidente di Sez. –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. ANDRONIO Alessandro M. – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27337/2018 proposto da:

I.J., rappresentato e difeso dall’avvocato Roberto Maiorana ed

elettivamente domiciliato in Roma Viale Angelico 38 presso lo studio

del medesimo;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno ((OMISSIS));

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di VENEZIA, depositato il

16/08/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

01/10/2019 dal Pres. Sez. RAFFAELE FRASCA.

Fatto

RILEVATO

che:

1. I.J., cittadino nigeriano, ha proposto ricorso per cassazione contro il Ministero dell’Interno avverso il decreto del 16 agosto 2018, con cui il Tribunale di Venezia, Sezione Specializzata in Materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’UE, ha respinto il suo ricorso contro il provvedimento della competente commissione territoriale notificatogli il 14 novembre 2017 che aveva respinto la sua domanda principale di riconoscimento dello status di rifugiato, quella gradata di riconoscimento del diritto alla protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. b) e quella ulteriormente subordinata al rilascio di un permesso di soggiorno per motivi umanitari ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6.

2. Il Ministero intimato non ha resistito.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo si denuncia testualmente, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, “errato esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto della discussione tra le parti: la condizione di pericolosità e le situazioni di violenza generalizzata esistenti in Nigeria. Contraddittorietà della pronuncia”.

La stessa intestazione presenta un’evidente contraddizione: è invocato il paradigma dell’art. 360 c.p.c., n. 3, ma si indica riassuntivamente come oggetto del motivo un “errato esame di un fatto” e, quindi, si postula “contraddittorietà della pronuncia”.

Lo scioglimento della contraddizione sulla base della sola lettura della intestazione palesa che non si denuncia un vizio ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 e nemmeno un vizio ai sensi del n. 5 della stessa norma, atteso che si parla di “errato esame” e non di “omesso esame” e comunque considerando che quello che si indica come “fatto” non è tale, trattandosi semmai del risultato di una valutazione di fatti. Il riferimento finale alla “contraddittorietà della pronuncia” suggerisce l’ipotesi che si intenda argomentare l’inesistenza della motivazione per la sua intima contraddittorietà e, dunque, un vizio di violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, dunque riconducibile al paradigma dell’art. 360 c.p.c., n. 4.

La lettura dell’illustrazione conferma questa ipotesi, ancorchè l’art. 132, n. 4 nemmeno si citi: infatti, si allude all’esistenza di una “anomalia motivazionale attinente all’esistenza stessa della motivazione e consistente, nel caso di specie, nell’esistenza di un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili”.

Ora, a pagina 3, nella prima parte dell’illustrazione, si allude alla motivazione del Tribunale indicandola come enunciativa (a) della non credibilità della vicenda personale narrata, (b) della inidoneità degli elementi prospettati per ritenere che vi sia fondato timore che il ricorrente possa, nel caso di rimpatrio, subire una persecuzione personale e diretta o un danno grave alla persona, ed infine (c) della non configurabilità della situazione del paese di provenienza come di per sè giustificativa delle “concessione di una protezione – neppure in via gradata – in quanto non ritenuta problematica od oggetto di conflitti interni in special modo nella zona di provenienza del ricorrente, pur riconoscendo che siano attualmente presenti disordini e violenze in Nigeria” (che si assumono considerate e si indicano).

Quanto riferito sub c) è oggetto di un generico rinvio al decreto con l’espressione “cfr. pag. 3-4 decreto”.

Per effetto di tale rinvio consegue che la motivazione cui il motivo vorrebbe riferirsi si deve individuare in quella delle dette pagine, che, dalla lettura del decreto impugnato si palesa relativa al diniego della protezione c.d. sussidiaria.

1.1. Il motivo è privo di fondamento.

La sua struttura, in primo luogo, è tale da non individuare in modo specifico la motivazione che sarebbe affetta da contraddittorietà tale da ridondare in motivazione inesistente e dar luogo al vizio – pur non formalmente evocato, ma certamente corrispondente alla sostanza della doglianza – di cui all’art. 132 n. 4 c.p.c. Poichè il motivo di ricorso per cassazione deve rispettare il principio di specificità (Cass. Sez. Un., n. 7074 del 2017, che in motivazione non massimata sul punto, ribadisce il consolidato principio di diritto di cui a Cass. n. 4741 del 2005), tanto basterebbe a disattendere la censura.

In ogni caso, il motivo, con le successive considerazioni che indirettamente vorrebbero evocare la motivazione estesa dal decreto impugnato, si occupa soltanto di quelle che, dopo avere rilevato che il ricorrente non aveva dedotto di poter subire un danno grave ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b) il decreto impugnato ha svolto a proposito dell’ipotesi di cui alla lett. c) della norma, ma lo fa alludendo – sempre indirettamente – alle sole ampie enunciazioni che il decreto ha svolto sulla situazione generale della Nigeria. Esse sono enunciate dal decreto a partire dalla metà della pagina 3 sino al rigo che precede gli ultimi quattordici righi della pagina 4. Le enunciazioni del decreto di cui a questi righi continuano poi fino al sedicesimo rigo della pagina 5.

Ebbene, le enunciazioni inerenti alla descrizione generale della situazione della Nigeria contengono riferimenti a situazioni critiche di talune zone del paese e peraltro nell’illustrazione del motivo vengono indirettamente e genericamente riferite anche con l’indicazione di affermazioni che da quanto il Tribunale ha detto non risultano nelle pagine 3-4 non risultano affatto: si allude alla diffusione in tutto il territorio nigeriano di una diffusa violazione dei diritti umani, a quella che le autorità non rispetterebbero il divieto di tortura ed alla sottoposizione dei prigionieri a trattamenti inumani e degradanti tra cui esecuzioni extragiudiziali.

In disparte il rilievo appena fatto, che evidenzia come il motivo addebiti, sebbene indirettamente, alla motivazione sulla situazione generale affermazioni che non ha fatto, emerge che quanto enunciato dal decreto negli ultimi quattordici righi della pagina 4 e in quella seguente, in cui il Tribunale evidenzia che la regione Edo di origine del ricorrente è immune dalle criticità segnalate, viene ignorato dal motivo e tanto basta per rivelare che esso non si parametra all’effettiva motivazione (sicchè il motivo sarebbe ulteriormente inammissibile alla stregua del consolidato principio di cui a Cass. n. 359 del 2005, ribadito sempre in motivazione non massimata da Cass., Sez. Un., n. 7074 del 2017) e denuncia comunque una contraddittorietà del tutto inesistente.

2. Con il secondo motivo si prospetta in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 “omesso/errato esame delle dichiarazione rese dal ricorrente alla Commissione Territoriale e delle allegazioni portate in giudizio per la valutazione delle condizioni personali del ricorrente”.

Il motivo, che, per quanto si comprende solo nell’affermazione finale di cui a pagina 11 del ricorso (righi 6-7) concerne il diniego della protezione c.d. sussidiaria esordisce dicendo espressamente che: “assumiamo per trascritte le dichiarazioni rese in Commissione e quindi ripresentate dinanzi al Giudice di prime cure”. In tal modo non fornisce l’indicazione specifica di ciò su cui si fonda, prescritta dall’art. 366 c.p.c., n. 6 e tanto basta a renderlo inammissibile. Non solo non si indica con riproduzione diretta quanto emergente da detti atti e nemmeno lo si indica (si badi neppure successivamente nell’illustrazione) riproducendolo indirettamente e precisando la parte dell’atto alla quale l’indiretta riproduzione corrisponderebbe, ma neppure si localizzano detti atti come prodotti in questa sede di legittimità.

Comunque, il tenore dell’illustrazione non contiene la denuncia della violazione o falsa applicazione di norme di diritto.

3. Con il terzo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3: “mancata concessione della protezione sussidiaria cui il ricorrente aveva diritto ex lege in ragione delle attuali condizioni socio politiche del paese di origine: violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14”.

Il motivo si diffonde dalla pagina 11 alla pagina 21 del ricorso con considerazioni evocative della situazione della Nigeria, ma nuovamente ignora le considerazioni svolte dal decreto in ordine alla regione di provenienza del ricorrente. In chiusura della illustrazione, peraltro, si evoca Cass. (ord.) n. 15466 del 2014 in modo pretestuoso, atteso che in quell’occasione si addebitò al giudice di merito di non avere individuato la zona di provenienza dell’istante: a pagina 5, infatti, quell’ordinanza osservò che: “(…) deve osservarsi che l’esame della situazione oggettiva con riferimento all’esclusione di una condizione di pericolo dovuta a violenza diffusa e non controllata o controllabile dalle autorità statuali non è stato effettuato in modo sufficientemente adeguato nella sentenza impugnata. E’ mancato, a fronte di una incontestata situazione di violenza indiscriminata in diverse aree e regioni della Nigeria, l’effettiva individuazione della zona di provenienza del ricorrente (…)”.

Ne segue che il motivo ignora l’effettiva motivazione svolta dal Tribunale per negare la protezione sussidiaria, che è stata incentrata, dopo l’analisi della situazione della Nigeria e la specificazione dell’esistenza di alcune aeree di criticità, nell’esclusione della Regione di Edo dal novero di esse.

Tanto basta a disattenderlo.

4. Con il quarto motivo si denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 letteralmente: “Il Tribunale ha errato a non applicare al ricorrente la protezione, ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 non potendo essere rifiutato il permesso di soggiorno allo straniero, qualora ricorrano seri motivi di carattere umanitario, nonchè del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19 che vieta l’espulsione dello straniero che possa essere perseguitato nel suo paese d’origine o che vi possa correre gravi rischi. Omesso esame dell’art. 10 Cost.”.

Il motivo si articola con considerazioni di carattere generale sui requisiti della concedibilità della protezione c.d. sussidiaria e ciò dalla pagina 21 sino alle prime due righe della pagina 24. Fa seguire poi sino alla pagina 26 considerazioni generali sulla c.d. protezione umanitaria e, quindi, le concretizza con riferimento al ricorrente sostenendo che “nella specie il ricorrente proviene dalla Nigeria di cui sopra abbiamo già trattato sia in merito alle condizioni socio-ecnomiche che alla ridottissima aspettativa di vita (appena 53 anni), confrontata con quella interna al nostro paese” e da tanto desume che tanto basterebbe a giustificare la concessione della protezione umanitaria.

Assume, poi, espressamente che “il Tribunale si è limitato ad affermare “che non sussistono i presupposti della protezione umanitaria””.

Il motivo, che a questo punto concerne solo quest’ultima, è pretestuoso: la frase fra virgolette non è presente nella motivazione enunciata dal Tribunale a pagina 5 e che si articola sotto il paragrafo 3 per 25 righe, concludendosi con la citazione di Cass. n. 4455 del 2018.

Non solo: il motivo ignora la motivazione così enunciata dal Tribunale e tanto basta per renderlo privo di ammissibilità.

5. Il ricorso è rigettato.

Non è luogo a statuizione sulle spese, dato che la difesa erariale non ha svolto attività difensiva.

Stante il tenore della pronuncia (di rigetto del ricorso), si deve dare atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese del giudizio di cassazione. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima Sezione Civile, il 1 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 12 giugno 2020

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