Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11391 del 12/06/2020

Cassazione civile sez. I, 12/06/2020, (ud. 01/10/2019, dep. 12/06/2020), n.11391

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. FRASCA Raffaele – rel. Presidente di Sez. –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. ANDRONIO Alessandro M. – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25607/2018 proposto da:

D.Y., rappresentato e difeso dall’Avvocato Davide Verlato,

elettivamente domiciliato in Roma, presso la Cancelleria della Corte

di Cassazione;

– ricorrente –

contro

Commissione Territoriale per il Riconoscimento della Protezione

Internazionale Verona Sez. Vicenza e Ministero Dell’interno

(OMISSIS);

– intimati –

avverso il decreto n. 4230 del TRIBUNALE di VENEZIA, Sezione

Specializzata in Materia di Immigrazione, depositato il 27/07/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

01/10/2019 dal Pres. di sez. FRASCA RAFFAELE.

Fatto

RILEVATO

che:

1. D.Y. alias D.Y., cittadino del Senegal, ha proposto ricorso per cassazione contro il Ministero dell’Interno avverso il decreto del 27 luglio 2018, con cui il Tribunale di Venezia, Sezione Specializzata in Materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’UE, ha respinto il suo ricorso contro il provvedimento della competente commissione del 10 agosto 2017, notificatogli il 3 novembre 2017, che aveva respinto la sua domanda principale di riconoscimento dello status di rifugiato e quelle gradatamente subordinate di riconoscimento del diritto alla protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14 e quella subordinata al rilascio di un permesso di soggiorno per motivi umanitari si sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6.

2. Il Ministero e la Commissione intimati non hanno resistito.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Il Collegio rileva che non è necessario riferire dei motivi su cui si fonda il ricorso, in quanto deve in via pregiudiziale rilevare la sua improcedibilità e gradatamente la sua inammissibilità.

Infatti, si deve rilevare:

a) che è stata prodotta una copia informatica della sentenza impugnata con a margine della prima pagina dicitura apposta a penna, in carattere rosso, “copia conforme all’originale estratto da fascicolo telematico”, ma dopo tale dicitura non vi è alcuna sottoscrizione da parte del difensore del ricorrente Avvocato Davide Verlato;

b) che, in conseguenza, la copia prodotta non può essere considerata autentica e, non essendovi stata costituzione delle parti intimate, viene in rilievo il principio di diritto di cui a Cass. n. 8312 del 2019, secondo cui: “Il deposito in cancelleria, nel termine di venti giorni dall’ultima notificazione, di copia analogica della decisione impugnata – redatta in formato elettronico e sottoscritta digitalmente, e necessariamente inserita nel fascicolo informatico -, priva di attestazione di conformità del difensore D.L. n. 179 del 2012, ex art. 16 bis, comma 9 bis, convertito dalla L. n. 221 del 2012, oppure con attestazione priva di sottoscrizione autografa, non determina l’improcedibilità del ricorso per cassazione laddove il controricorrente (o uno dei controricorrenti), nel costituirsi (anche tardivamente), depositi a sua volta copia analogica della decisione ritualmente autenticata, ovvero non disconosca la conformità della copia informale all’originale; nell’ipotesi in cui, invece, la controparte (o una delle controparti) sia rimasta soltanto intimata, ovvero abbia effettuato il suddetto disconoscimento, per evitare di incorrere nella dichiarazione di improcedibilità il ricorrente ha l’onere di depositare l’asseverazione di conformità all’originale della copia analogica, entro l’udienza di discussione o l’adunanza in camera di consiglio”;

c) che, pertanto, non essendosi costituite le parti intimate e non essendo stata prodotta l’asseverazione nemmeno prima dell’odierna adunanza, il ricorso apparare improcedibile;

d) che il ricorso gradatamente sarebbe stato, comunque, affetto da inammissibilità in quanto esso e le relative relate di notificazione eseguite alla difesa erariale, sono stati depositati senza alcuna asseverazione di conformità a quanto estratto dalla PEC del difensore del ricorrente notificante, cioè dello stesso Avvocato Davide Verlato;

e) che, pertanto, si sarebbe dovuto dare rilievo, ove non fosse sussistita la causa di improcedibilità, all’applicazione del seguente principio di diritto: “Il deposito in cancelleria, nel termine di venti giorni dall’ultima notifica, di copia analogica del ricorso per cassazione predisposto in originale telematico e notificato a mezzo PEC, senza attestazione di conformità del difensore L. n. 53 del 1994, ex art. 9, commi 1 bis e 1 ter, o con attestazione priva di sottoscrizione autografa, non ne comporta l’improcedibilità ove il controricorrente (anche tardivamente costituitosi) depositi copia analogica del ricorso ritualmente autenticata ovvero non abbia disconosciuto la conformità della copia informale all’originale notificatogli D.Lgs. n. 82 del 2005, ex art. 23, comma 2. Viceversa, ove il destinatario della notificazione a mezzo PEC del ricorso nativo digitale rimanga solo intimato (così come nel caso in cui non tutti i destinatari della notifica depositino controricorso) ovvero disconosca la conformità all’originale della copia analogica non autenticata del ricorso tempestivamente depositata, per evitare di incorrere nella dichiarazione di improcedibilità sarà onere del ricorrente depositare l’asseverazione di conformità all’originale della copia analogica sino all’udienza di discussione o all’adunanza in camera di consiglio.” (Cass., Sez. Un., n. 22438 del 2018).

2. Il ricorso è dichiarato, dunque, improcedibile.

Non è luogo a provvedere sulle spese del giudizio di cassazione.

Stante il tenore della pronuncia (declaratoria della inammissibilità del ricorso), va dato atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater della “sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis se dovuto”. Spetterà all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento.

P.Q.M.

La Corte dichiara improcedibile il ricorso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima Sezione Civile, il 1 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 12 giugno 2020

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