Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1139 del 19/01/2011

Cassazione civile sez. lav., 19/01/2011, (ud. 10/11/2010, dep. 19/01/2011), n.1139

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIDIRI Guido – Presidente –

Dott. STILE Paolo – Consigliere –

Dott. CURZIO Pietro – Consigliere –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. ARIENZO Rosa – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 30975-2007 proposto da:

C.V., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

GARIGLIANO 72, presso lo studio dell’avvocato DE RUGGIERI PIETRO, che

lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato NEBIOLO VIETTI

MAURO, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

ACQUE POTABILI S.P.A.;

– intimata –

sul ricorso 1417-2008 proposto da:

ACQUE POTABILI S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA PIO XI 13, presso

lo studio dell’avvocato CROCE VINCENZO, rappresentata e difesa

dall’avvocato CIARAMELLO GIOVANNI, giusta delega in atti;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

C.V.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1816/2006 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 07/12/2006 r.g.n. 904/06;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10/11/2010 dal Consigliere Dott. ROSA ARIENZO;

udito l’Avvocato VINCENZO CROCE per delega GIOVANNI CARAMELLO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUCCI COSTANTINO, che ha concluso per il rigetto del ricorso

principale, assorbito ricorso incidentale.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza n. 6376/05, del 16.11.2005/14.1.2006, resa dal Tribunale di Torino, era stata rigettata la domanda proposta da C. V. intesa all’annullamento del licenziamento asseritamente intimatogli dalla spa Acque potabili, società cessionaria del ramo di azienda della ITALGAS, e ad ottenere la condanna della società a reintegrarlo nel posto di lavoro e a pagargli le retribuzioni maturate dal 21.2.2002.

Il gravame proposto dal C. veniva respinto con sentenza della Corte di Appello di Tonno n. 1816/2006 del 22.1/7.12.2006.

Osserva in sintesi la corte territoriale, che il comportamento del C., che aveva restituito le retribuzioni percepite dalla Società Acque Potabili spa, ritenute sine titulo, volontà ribadita dal legale avv. Cassano con lettera 7.1.2002, in cui si precisava che le prestazioni lavorative erano rese in favore dell’Italgas, così come pure il comportamento successivo al trasferimento di ramo di azienda (certificati di malattia trasmessi all’Italgas, restituzione di retribuzioni, precisazione che la prestazione lavorativa veniva resa nei confronti di quest’ultima) esprimevano univocamente la risoluzione del rapporto con Acque Potabili spa per volontà del lavoratore.

Propone ricorso per Cassazione notificato il 4.12.2007 il C. con due motivi.

Resiste la società, che ricorre incidentalmente e condizionatamente all’accoglimento del ricorso principale.

E’ stata depositata dalla società memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il C. denunzia la violazione e falsa applicazione dell’art. 1352 c.c. e art. 43 c.c.n.l. acquedotti dell’8.7.96 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

Assume che l’art. 43 c.c.n.l. dispone che tanto il licenziamento che le dimissioni devono essere comunicati per iscritto. Formula corrispondente quesito di diritto, chiedendo se è vero che, se il contratto collettivo prevede la forma scritta per le dimissioni, questa deve intendersi prescritta per la validità come fatto risolutivo, con la conseguenza che le dimissioni ex art. 1352 c.c. rassegnate oralmente non sono valide.

Si rileva al riguardo che il motivo risulta inammissibile per la non corretta enunciazione del quesito: che si palesa di carattere meramente assertivo, non è esaustivo di tutte le questioni da esaminare e, peraltro, non esplicita i motivi della non corretta applicazione, da parte della corte territoriale, della regola iuris da applicare al caso concreto.

Inoltre, il motivo non è neanche sorretto da condivisibili argomentazioni in diritto, atteso che configura il comportamento del lavoratore come dimissioni, che presuppongono, come il recesso, il riconoscimento del rapporto di lavoro, negato, invece, dal ricorrente.

Ancora, il ricorrente omette di produrre il contratto collettivo di riferimento, in conformità a quanto previsto dall’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, nè ne indica la eventuale precisa allocazione tra i documenti prodotti nelle pregresse fasi del giudizio, onde non è dato verificare che fossero connesse determinate conseguenze alla mancanza di forma scritta o l’eventuale valore ricognitivo della lettera scritta.

Si denunzia, poi, la contraddittorietà della motivazione in relazione ad art. 360 c.p.c., n. 5.

Si evidenzia come nella sentenza impugnata si trascuri che, all’epoca in cui erano state restituite le retribuzioni, era in corso procedimento giudiziario con cui si chiedeva di essere mantenuti alle dipendenze dell’Italgas, contestandosi il trasferimento del ramo di azienda e si assume che la presunta negazione del rapporto sia, dunque, da collegare a vicenda giudiziaria e come tale non possa ritenersi inequivoca.

Quindi, si ripropongono domande di appello intese a far valere l’illegittimità del licenziamento comminato dalla società Acque Potabili con telegramma, assumendosi l’inesistenza di procedura di contestazione e di contraddittorio e la mancanza di deduzioni di tipo oggettivo a sostegno del recesso.

La censura non coglie nel segno, non essendo idonea a scalfire la decisione della corte territoriale, comunque corretta sul piano giuridico nella sostanza, pur se sorretta da motivazioni che vanno emendate parzialmente, nel senso dell’affermazione che dalla corretta interpretazione della volontà della parte non poteva non scaturire la non configurabilità sia delle dimissioni che del recesso, essendosi negata la stessa sussistenza del rapporto lavorativo con la cessionaria di ramo d’azienda.

Si assume, da parte intimata, che sono scritte tutte le dichiarazioni che negano il rapporto con la società Acque Potabili e che il ricorrente ha atteso, prima di insorgere giudizialmente, dal 28.4.2004, data in cui è stata decisa la validità del trasferimento del ramo di azienda fino a al 13.9.2005 (1 anno e 6 mesi) senza proporre alcun ricorso. L’osservazione non assume carattere di decisività, attesi i rilievi sulla infondatezza ed inammissibilità del ricorso sopra esposti.

Anche il ricorso incidentale, con il quale si evidenzia che a seguito del trasferimento di ramo di azienda il lavoratore dispone di uno spatium deliberandi per scegliere se proseguire il rapporto con il cessionario o recedere, non ritenendo confacente la nuova condizione di lavoro, non merita di essere preso in considerazione, essendo di natura condizionata e come tale assorbito dal rigetto del principale.

Deve, pertanto, essere respinto il ricorso principale e dichiararsi assorbita l’impugnazione incidentale per tutti i motivi esposti.

Le spese del presente giudizio vanno regolate in base al principio della soccombenza.

P.Q.M.

La Corte così provvede:

riunisce i ricorsi; rigetta il ricorso principale; dichiara assorbito quello incidentale e condanna ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di Cassazione, liquidate in Euro 30,00 per spese, Euro 3000,00 per onorario, oltre spese generali, IVA e CPA. Così deciso in Roma, il 10 novembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 19 gennaio 2011

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