Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11381 del 11/05/2010

Cassazione civile sez. I, 11/05/2010, (ud. 23/03/2010, dep. 11/05/2010), n.11381

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUCCIOLI Maria Gabriella – Presidente –

Dott. CECCHERINI Aldo – rel. Consigliere –

Dott. NAPPI Aniello – Consigliere –

Dott. BERNABAI Renato – Consigliere –

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 26012-2008 proposto da:

P.S. (c.f. (OMISSIS)), domiciliato in ROMA,

PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA CIVILE DELLA CORTE DI

CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato MASSA GIUNIO, giusta

procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di GENOVA depositato il

02/10/2007; n. 227/07 V.G.;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

23/03/2010 dal Consigliere Dott. ALDO CECCHERINI;

udito, per il ricorrente, l’Avvocato GIUNIO MASSA che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Libertino Alberto che ha concluso per l’inammissibilità o per

il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso del 23.7.2003 P.S. chiese la corresponsione dell’equo indennizzo ai sensi della L. n. 89 del 2001, con riferimento a giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo emesso per l’esecuzione di opere, processo iniziato nel giugno 1988 e ancora pendente alla data dell’instaurazione del giudizio per equa riparazione.

La Corte di Appello di Genova adita, rilevò l’inosservanza dei parametri di ragionevole durata enunciati dalla Convenzione Europea, escluse l’esistenza del danno patrimoniale perchè non provato, e liquidò Euro 2.500,00 per danno non patrimoniale, condannando il Ministero al pagamento delle spese processuali.

Avverso la decisione il signor P. propose ricorso per cassazione, e questa corte, con sentenza 16 gennaio 2007 n. 780, cassò il decreto con rinvio. La corte di legittimità ritenne fondato il primo profilo di censura del primo motivo, avendo il giudice di merito determinato l’indennizzo per danno morale in misura difforme dai parametri della Corte europea dei diritti dell’uomo.

Riassunta la causa, la Corte d’appello di Genova, con decreto 2 ottobre 2007, premesso che il giudizio, iniziato il 15 giugno 1988, era ancora pendente in primo grado alla data del deposito del ricorso introduttivo (23 luglio 2003), ritenne ingiustificato il ritardo di undici anni,, e liquidò a titolo di equa riparazione la somma di Euro 11.000,00; compensò le spese del giudizio di legittimità e pose a carico dell’amministrazione le altre.

Avverso questo decreto, non notificato, il signor P. ha proposto ricorso per Cassazione notificato a mezzo posta il (OMISSIS) al Ministero presso l’Avvocatura generale dello Stato, con nove motivi di ricorso. L’amministrazione resiste con controricorso notificato il 26 novembre 2008.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo del ricorso si denuncia la violazione della L. 24 marzo 2001, n. 89, artt. 3, 4 e 5, e art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, per avere la corte del merito considerato ragionevole la durata di quattro anni di una controversia di non particolare difficoltà, discostandosi dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo. Si formula il quesito di diritto, con il quale si chiede di dichiarare violata la L. n. 89 del 1991, l’art. 6 della Convenzione europea, nonchè i principi da ritenersi vincolanti fissati nelle decisioni CEDU sulla durata ragionevole del processo che deve parametrarsi per il primo grado in anni tre.

Il motivo è fondato. Nell’impugnato decreto, infatti, la corte territoriale ha determinato in quattro anni la durata ragionevole di un giudizio di primo grado privo di elementi di particolare complessità, discostandosi dal parametro CEDU di durata ragionevole di un processo in primo grado, stabilito in tre anni, senza alcuna motivazione.

Con l’accoglimento di questo motivo di ricorso, restano assorbiti i motivi secondo, quarto, quinto, sesto, ottavo e nono.

Con il terzo motivo si denuncia la violazione delle stesse norme di cui al motivo precedente, perchè, essendo oggetto del giudizio presupposto il pagamento di una cambiale di L. 10.000.000 nel (OMISSIS), cifra ragguardevole per una piccola impresa all’epoca, la posta in gioco avrebbe imposto la liquidazione di un’indennità più alta di quella, minima, stabilita dal giudice di merito.

La questione è proposta dal ricorrente per la prima volta in questo grado di giudizio. Davanti al giudice di merito, secondo quanto si legge nell’impugnato decreto, solo l’amministrazione aveva toccato l’argomento della posta in gioco, per sostenere al contrario la modestia della posta in gioco. Il mezzo è pertanto inammissibile.

Con il settimo motivo si denuncia la violazione dell’art. 2909 c.c. essendosi formato il giudicato sul punto che la durata del giudizio era stata, come affermato già nella precedente sentenza di questa corte, superiore ai quindici anni.

Il mezzo è inammissibile. Non si indica dove il giudice di rinvio avrebbe ritenuto la durata complessiva del procedimento inferiore ai quindici anni stabiliti nella precedente sentenza di cassazione.

L’accoglimento del primo motivo comporta la cassazione del decreto.

La causa, inoltre, può essere decisa anche nel merito, non richiedendosi a tal fine ulteriori accertamenti di fatto, con la determinazione della ragionevole durata del giudizio presupposto, in primo grado, in tre anni, e con la liquidazione a favore della parte ricorrente della somma di Euro 11.250,00 a titolo di equa riparazione, con gli interessi legali dalla domanda.

Devono inoltre essere poste a carico della parte soccombente le spese dell’intero giudizio, liquidate come in dispositivo, senza tener conto delle spese non documentate o non ripetibili per vacazioni e trasferte.

P.Q.M.

Accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara inammissibili i motivi terzo e settimo, e assorbiti gli altri; cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, condanna l’amministrazione al pagamento in favore della parte ricorrente di Euro 11.250,00, oltre agli interessi legali dalla domanda; la condanna inoltre al pagamento delle spese del giudizio, liquidate, per ciascuno dei due giudizi svoltisi davanti alla corte d’appello, in Euro 1.500,00, di cui Euro 600,00 per diritti e Euro 800,00 per onorari, oltre alle spese generali e dagli accessori come per legge; e per ciascuno dei giudizi di legittimità in complessivi Euro 1.000,00, di cui Euro 900,00 per onorari, oltre alle spese generali e dagli accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della prima sezione della Corte suprema di cassazione, il 23 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 11 maggio 2010

 

 

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