Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11375 del 09/05/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 09/05/2017, (ud. 27/01/2017, dep.09/05/2017),  n. 11375

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23045/2015 proposto da:

BENI STABILI DUE SRL, rappresentata e difesa dall’avvocato ALBERTO

RONZONI;

– ricorrente –

contro

CONDOMINIO (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GIOVANNI

NICOTERA, 29, presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRO BIANCONI,

che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato PAOLO

GIOVANNELLI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 658/2014 del TRIBUNALE di TEMPIO PAUSANIA,

depositata il 09/10/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

27/01/2017 dal Consigliere Dott. ANTONIO SCARPA.

Fatto

RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO

La ricorrente Beni Stabili Due s.r.l. impugna, articolando due motivi di ricorso, la sentenza del 9 ottobre 2014 resa dal Tribunale di Tempio Pausania, conseguente ad impugnativa di deliberazione assembleare del 5 agosto 2013 adottata dal Condominio (OMISSIS). La sentenza del Tribunale era stata già impugnata davanti alla Corte d’Appello di Cagliari, sezione distaccata di Sassari, che, con ordinanza ex art. 348 ter c.p.c., depositata il 12 giugno 2015, aveva dichiarato inammissibile l’appello. Il ricorso per cassazione è stato proposto il 14 settembre 2015.

La ricorrente col primo motivo deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 1136 e 1137 c.c., con riguardo al punto della sentenza del Tribunale che aveva ritenuto implicita l’approvazione all’unanimità della delibera, spettando a chi impugna la stessa di provare, in via documentale, di aver espresso voto contrario. Aggiunge la ricorrente che “votazione non vi è stata”. Il secondo motivo di ricorso allega l’omesso esame di fatto decisivo per il giudizio con riguardo all’ascolto del CD contenente la registrazione audio della riunione assembleare del 5 agosto 2013, decisivo per dimostrare la mancanza di votazione sui punti 6, 10 e 13 all’ordine del giorno.

Ritenuto che il ricorso proposto dalla Beni Stabili Due s.r.l. potesse essere dichiarato manifestamente infondato, con la conseguente definibilità nelle forme di cui all’art. 380 bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5), su proposta del relatore, il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio.

Il controricorrente ha presentato memoria ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., comma 2.

La sentenza del Tribunale di Tempio Pausania aveva affermato che dal verbale dell’assemblea del 5 agosto 2013 risultasse che la società Beni Stabili Due fosse presente all’adunanza, che l’assemblea avesse approvato i punti all’ordine del giorno in contestazione e che non risultasse l’espressione di voto contrario da parte della stessa attrice, condizione di legittimazione all’impugnazione ex art. 1137 c.c..

La ricorrente non si confronta nei due motivi di ricorso con tali plurime “rationes decidendi” adottate dal Tribunale, e prova a sollecitare in sede di legittimità un terzo grado del giudizio tramite il quale far valere le erroneità della ricostruzione fattuale operata dal primo giudice. L’interpretazione della deliberazione assembleare di un condominio edilizio costituisce, però, un accertamento di fatto istituzionalmente riservato al giudice di merito e le censure dei ricorrenti al riguardo si limitano ad una mera prospettazione di un risultato interpretativo diverso da quello accolto nella sentenza. Peraltro, il testo della delibera impugnata non è trascritto nei motivi di ricorso, come prescrive l’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6.

L’art. 1137 c.c., comma 2, ammette, del resto, l’impugnazione della delibera assembleare soltanto da parte dell’assente, del dissenziente e dell’astenuto; pertanto, il condomino presente che abbia partecipato all’assemblea non può impugnare la deliberazione, se non è dissenziente (o non si sia astenuto) proprio in ordine alla deliberazione che impugna. Il dissenso dell’impugnante rispetto alla deliberazione deve essere provato ed incombe sullo stesso l’onere della relativa prova (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 3060 del 05/09/1969; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 1079 del 16/04/1973). Il verbale di un’assemblea condominiale ha natura di scrittura privata, sicchè il valore di prova legale del verbale di assemblea condominiale, munito di sottoscrizione del presidente e del segretario, è limitato alla provenienza delle dichiarazioni dai sottoscrittori e non si estende al contenuto della scrittura, e, per impugnare la veridicità di quanto risulta dal verbale, non occorre che sia proposta querela di falso, potendosi, invece, far ricorso ad ogni mezzo di prova (arg. da Cass. Sez. 2, Sentenza n. 747 del 15/03/1973). Incombe, tuttavia, sul condomino che impugni la delibera assembleare l’onere di sovvertire la presunzione di verità di quanto risulta dal relativo verbale (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 23903 del 23/11/2016). La ricorrente non fa riferimento in ricorso ad alcuna sua specifica deduzione istruttoria volta a sovvertire la risultanza del verbale che riportava l’approvazione senza dissensi della delibera. Col secondo motivo, si allega soltanto l’omesso esame non di un fatto storico, ma di un elemento istruttorio (il CD rom audio della riunione), peraltro prospettandone una valenza non decisiva, in quanto da esso si trarrebbe pur sempre che non vi fu “votazione”, il che contrasta col dato documentale che registrava l’approvazione della delibera, e comunque non varrebbe a giustificare la mancata espressione sia pur soltanto di un dissenso preventivo nell’ambito delle discussioni preliminari da parte del rappresentante in assemblea della Beni Stabili Due s.r.l..

Il ricorso va perciò rigettato e le spese del giudizio di cassazione, liquidate in dispositivo, vengono regolate secondo soccombenza.

Sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che ha aggiunto l’art. 13, comma 1 quater, del testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 – dell’obbligo di versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione integralmente rigettata.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a rimborsare al controricorrente le spese sostenute nel giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 5,200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Sesta – 2 Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 27 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 9 maggio 2017

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