Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11374 del 24/05/2011

Cassazione civile sez. III, 24/05/2011, (ud. 04/04/2011, dep. 24/05/2011), n.11374

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PREDEN Roberto – Presidente –

Dott. FILADORO Camillo – rel. Consigliere –

Dott. D’ALESSANDRO Paolo – Consigliere –

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

C.G. (OMISSIS), A.G.

(OMISSIS), considerati domiciliati “ex lege” in ROMA, presso

CANCELLERIA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato

SCARSO Carmelo, giusta delega in atti;

– ricorrenti –

contro

A.A. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA GIUSEPPE AVEZZANA 8, presso lo studio dell’avvocato

DEMARTINO FILIPPO, rappresentato e difeso dall’avvocato VINDIGNI

FRANCESCO giusta delega a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 436/2006 della CORTE D’APPELLO di

CATANIA,Sezione prima civile, emessa l’11/05/2006, depositata il

18/05/2006; R.G.N. 1238/2002;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

04/04/2011 dal Consigliere Dott. CAMILLO FILADORO;

udito l’Avvocato VINDIGNI FRANCESCO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

DESTRO Carlo, che ha concluso per l’inammissibilità.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Con sentenza 11 maggio-18 maggio 2006 la Corte d’appello di Catania rigettava l’appello proposto da A.G. e C. G. avverso la decisione del Tribunale di Modica del 7 maggio- 13 maggio 2002 che aveva rigettato la domanda dagli stessi proposti, revocando il decreto ingiuntivo opposto da A.A., per l’importo di L. 57.240.000.

Gli appellanti, con atto notificato in data 11 luglio 2002, avevano chiesto che fosse dichiarata la nullità della sentenza, in quanto la notificazione della istanza di riassunzione e del pedissequo decreto di fissazione era avvenuta oltre il termine assegnato dal giudice (e precisamente il 26 novembre 1998, anzichè entro il 20 novembre 1998). Il processo, iniziato da A.A. nei confronti del fallimento di A.G. e C.G., era stato dichiarato interrotto per sopravvenuta chiusura del fallimento.

Il ricorso in riassunzione era stato notificato a questi ultimi oltre il termine indicato dal giudice, che aveva rigettato la domanda proposta da A.G. e C.G., revocando il decreto ingiuntivo opposto. L’appellato, A.A., costituendosi in giudizio aveva eccepito la tardività della eccezione di estinzione del processo, in quanto non avvenuta nello stesso grado in cui si assumeva essersi verificata ed, ancora, la sua infondatezza, in quanto il termine in questione era da considerare ordinatorio e non perentorio.

La Corte territoriale ha sottolineato che se l’avvenuta notificazione del ricorso per riassunzione del processo – già interrotto – oltre il termine (ordinatorio) fissato dal giudice, avrebbe consentito alla controparte – in assenza della pur ammissibile proroga del termine stesso, da disporsi anche di ufficio purchè richiesta prima della scadenza) di eccepirne la estinzione, ai sensi dell’art. 37 c.p.c., costituendosi nella udienza fissata per la comparizione delle parti per il successivo 22 gennaio 1999, era da rilevare la tardività della relativa eccezione in quanto sollevata per la prima volta in appello. Richiamando la giurisprudenza di questa Corte, i giudici di appello concludevano che, poichè gli appellanti erano stati posti in condizione di formulare la eccezione di estinzione già in primo grado e la eccezione di estinzione era stata sollevata solo con l’atto di appello, l’appello doveva essere rigettato.

Avverso tale decisione A.G. e C.G. hanno proposto ricorso per cassazione sorretto da un unico motivo.

Resiste con controricorso A.A..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, mancando i quesiti di diritto prescritti dall’art. 366 bis c.p.c. nel testo vigente all’epoca.

I ricorrenti devono essere condannati in solido al pagamento delle spese, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE dichiara inammissibile il ricorso. Condanna i ricorrenti, in solido, al pagamento delle spese che liquida in Euro 2.700,00 (duemilasettecento/00) di cui Euro 2.500,00 (duemilacinquecento/00) per onorari di avvocato, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 4 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 24 maggio 2011

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