Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11370 del 24/05/2011

Cassazione civile sez. III, 24/05/2011, (ud. 16/03/2011, dep. 24/05/2011), n.11370

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PREDEN Roberto – Presidente –

Dott. AMATUCCI Alfonso – Consigliere –

Dott. SPIRITO Angelo – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Adelaide – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

F.A. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA GERMANICO 109, presso lo studio dell’avvocato SEBASTIO

GIOVANNA, rappresentata e difesa da sè medesima con studio in

MILANO, PIAZZA AUGUSTO IMPERATORE TITO 8;

– ricorrente –

contro

FASTWEB S.P.A. (OMISSIS), in persona della D.ssa C.S.,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA A. SERPIERI 8, presso lo

studio dell’avvocato BUSCEMI GAETANO, che la rappresenta e difende

giusta delega a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso l’ordinanza del TRIBUNALE di MILANO SEZIONE UNDICESIMA

CIVILE, emessa il 2/3/2010, depositata l’08/03/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

16/03/2011 dal Consigliere Dott. RAFFAELE FRASCA;

udito l’Avvocato GAETANO BUSCEMI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Rosario Giovanni, che ha concluso per il rigetto del primo

motivo; accoglimento del secondo motivo; assorbimento del terzo

motivo.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. F.A. ha proposto ricorso straordinario per cassazione, ai sensi dell’art. 111 Cost., comma 7, contro Fastweb s.p.a. avverso l’ordinanza del 26 marzo 2010 con la quale il Tribunale di Milano, provvedendo ai sensi dell’art. 669-terdecies c.p.c., ha dichiarato cessata la materia del contendere sull’istanza cautelare, ha rigettato il motivo di reclamo sulla quantificazione delle spese del primo grado cautelare ed ha condannato la ricorrente alle spese del procedimento di reclamo.

Il provvedimento impugnato è stato reso sul reclamo dalla F. proposto avverso l’ordinanza del 22 gennaio 2010, con cui il Giudice monocratico dello stesso Tribunale -investito nel novembre del 2009 di un ricorso ai sensi dell’art. 700 c.p.c. inteso ad ottenere che la Fastweb si astenesse, in relazione ad un contratto di utenza telefonica, dalla sospensione, disconnessione e disattivazione delle linee telefoniche e ripristinasse le modalità di pagamento con addebito su carta di credito – aveva rigettato il ricorso per carenza di periculum in mora con gravame delle spese.

2. Al ricorso ha resistito con controricorso la Fastweb.

3. La ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. il ricorso prospetta tre motivi.

Il primo lamenta, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 “violazione o falsa applicazione dell’art. 700 c.p.c. e dell’art. 91 c.p.c.” e sostiene l’erroneità dell’applicazione da parte del Tribunale del principio della soccombenza virtuale sulla domanda cautelare, sia ai fini della conferma della statuizione sulle spese del primo grado cautelare, sia ai fini della statuizione sulle spese del reclamo.

Il secondo deduce sempre in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 “violazione o falsa applicazione del D.M. 18 aprile 2004, n. 127”, nonchè, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, “omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione”, sotto il profilo dell’adeguatezza dello scaglione di riferimento per la liquidazione delle spese di entrambi i gradi cautelari.

Il terzo motivo si duole, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 di “violazione del principio di proporzionalità e del diritto a difendersi (art. 24 Cost.)”, sempre con riferimento alla liquidazione delle spese, che si assume fatta senza il rispetto del principio del quid disputandum, con evocazione di Cass. sez. un. n. 19014 del 2007.

2. Il ricorso appare inammissibile, perchè proposto contro un provvedimento che al contrario di quanto invoca espressamente parte ricorrente – non è qualificabile come sentenza in senso sostanziale agli effetti della proponibilità del rimedio del ricorso straordinario in Cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost., comma 7.

Non è condivisibile, infatti, l’assunto in senso contrario che parte ricorrente fonda sulla sostituzione dell’art. 669-septies c.p.c., comma 2 operata dalla L. n. 69 del 2009, art. 50 con effetto – ai sensi dell’art. 58, comma 1, della stessa legge – per i giudizi introdotti dopo la sua entrata in vigore, cioè dal 4 luglio 2009 (fra i quali rientra quello di cui è causa).

Queste le ragioni.

2.1. La sostituzione di cui si è detto si è concretata nella introduzione di due nuovi commi al posto del comma secondo della norma, che prevedeva che il provvedimento di rigetto o di declaratoria di incompetenza sull’istanza cautelare ante causam quanto alla statuizione sulle spese fosse impugnabile con un’opposizione ai sensi dell’art. 645 c.p.c. e segg. e che, mentre nella versione originaria della norma, introdotta dalla riforma della L. n. 353 del 1990, si riferiva ad un provvedimento che non era suscettibile di reclamo ai sensi dell’art. 669-terdecies, invece, per effetto della sentenza della Corte costituzionale n. 253 del 1994 (che dichiarò illegittimo detto articolo nella parte in cui non prevedeva il reclamo contro il provvedimento cautelare negativo), era diventata riferibile ad un provvedimento reclamabile. Con la conseguenza che il coordinamento fra la previsione del reclamo e quella dell’opposizione quanto alle spese si era detto realizzabile nel senso di subordinare il rimedio dell’opposizione al decorso del termine per il reclamo, con la cui proposizione si poteva ottenere di ridiscutere tanto la negazione della misura cautelare quanto la statuizione sulle spese, restando quel rimedio esperibile, dopo il decorso del termine per il reclamo, nell’ipotesi in cui si fosse inteso discutere solo su quella statuizione (Cass. sez. un. n. 16214 del 2001).

Il comma 2 della nuova norma prevede ora che se l’ordinanza di incompetenza o di rigetto è pronunciata prima dell’inizio della causa di merito, con essa il giudice provvede definitivamente sulle spese del procedimento.

Il comma 3 dice che la condanna alle spese è immediatamente esecutiva.

Come si vede la sostituzione ha comportato la soppressione del rimedio dell’opposizione ai sensi dell’art. 645 c.p.c. e segg.

Il lettore della norma, stante il suo tenore, percepisce due dati:

a) che il giudice adito ante causam deve provvedere sulle spese del procedimento cautelare e che lo deve fare “definitivamente”;

b) che il provvedimento di statuizione sulle spese che si concreti in una condanna e, quindi, che non sia di compensazione totale o parziale, è titolo esecutivo.

Il primo dato impone all’interprete di riflettere sul significato dell’avverbio “definitivamente”, che il legislatore ha riferito al provvedere sulle spese e ciò sia quando abbia luogo una condanna sia quando abbia luogo una compensazione sia – è da rilevare – quando il giudice adito, sbagliando, ometta di provvedere sulle spese.

I significati possibili sono due:

aa) o si attribuisce all’avverbio il valore di implicare che contro la statuizione sulle spese (o la statuizione omessa) non solo non v’è possibilità di ripensamento mediante revoca d’ufficio o su istanza di parte allo stesso giudice, ma nemmeno v’è rimedio davanti ad altro giudice, nel qual caso si apre la strada all’interrogativo sul se la fattispecie così delineata sia o no riconducibile all’ambito dell’art. 111 Cost., comma 7;

bb) o si attribuisce al legislatore l’intenzione semplicemente di sottendere che il provvedere sulle spese è giustificato dal fatto che con il provvedimento il giudice adito ante causam “chiude” il processo cautelare davanti a sè, onde la statuizione sulle spese si giustifica come mera applicazione del principio generale di cui all’art. 91 c.p.c., nel qual caso implicazione ulteriore sarebbe solo la irrevocabilità d’ufficio o ad istanza di parte della statuizione.

2.2. L’interprete non può risolvere il problema esegetico soltanto sulla base dell’art. 669-septies, ma è immediatamente costretto all’esegesi sistematica interna all’ambito della disciplina del procedimento cautelare c.d. uniforme, giacchè il legislatore del 2009, nel novellare detta norma ha lasciato immutato l’art. 669- terdecies, comma 1 nel testo novellato con effetto per i procedimenti introdotti dal 1 marzo 2006 (D.L. n. 273 del 2005, ex art. 39-quater convertito, con modificazioni, nella L. n. 51 del 2006) dal D.L. n. 35 del 2005, art. 2, comma 3, lett. e-bis convertito, con modificazioni, nella L. n. 80 del 2005. Tale testo la cui sostituzione ebbe sostanzialmente Io scopo di adeguare formalmente il comma 1 dell’articolo all’additiva della citata sentenza della Corte costituzionale – continua a prevedere che contro l’ordinanza con la quale è stato concesso o negato il provvedimento cautelare è ammesso il reclamo.

Di fronte a questo dato l’interprete, non avendo il legislatore del 2009 modificato il comma 1 in questione nel senso di restringere il reclamo al solo caso in cui il provvedimento negativo della misura cautelare (anche per ragioni di rito o di competenza, non essendo possibile distinguere) venga reclamato in funzione della concessione della misura cautelare negata e, quindi, con la prospettiva che, in applicazione dell’art. 336 c.p.c., comma 2 resti travolta anche la statuizione sulle spese, deve ritenere che il reclamo possa riguardare anche l’ipotesi in cui ci si dolga e della mancata concessione della misura cautelare e della statuizione sulle spese, ed anche l’ipotesi in cui ci si dolga solo della statuizione sulle spese. L’esclusione di quest’ultima ipotesi, infatti, avrebbe richiesto la modifica del comma 1 in discorso nel senso di restringere il reclamo all’ipotesi in cui si fosse censurata o soltanto la mancata emissione del provvedimento cautelare o sia questa mancata emissione sia la statuizione sulle spese.

Continuando la norma a parlare genericamente di ordinanza con la quale è stato …. negato il provvedimento senza limitare l’impugnazione riguardo al suo contenuto non v’è alcuna possibilità di leggerla se non nel senso che comprenda tutte e tre le ipotesi appena indicate, cioè che il reclamo attinga solo la mancata concessione della misura cautelare, che riguardi anche la statuizione sulle spese, che riguardi solo quest’ultima.

2.3. E’ da avvertire che nessun argomento in senso contrario può trarsi dalla circostanza che il quinto comma, rimasto immutato nella versione originaria adeguata all’esclusione del provvedimento di rigetto dalla reclamabilità, identifichi il provvedimento sul reclamo come provvedimento che conferma, modifica o revoca il provvedimento cautelare. Nonostante nè il legislatore delle riforme del 2006 nè quello delle riforme del 2009 abbiano sentito il dovere di modificare tale comma al senso che aveva acquisito per effetto della sentenza della Corte costituzionale è palese che il provvedere del giudice del reclamo, di fronte ad un provvedimento di rigetto della misura cautelare ante causam debba potersi esprimere anche nella concessione della misura cautelare, il che toglie ogni valore esaustivo al comma 5.

La conclusione dell’approccio esegetico sistematico impone, dunque, di scegliere fra le due letture dell’avverbio “definitivamente” innanzi indicate quella che gli attribuisce il significato di implicare solo la ratio del provvedere sulle spese.

2.4. Il risultato dell’esegesi è che il provvedimento di diniego della misura cautelare, per ragioni di “merito” o di “rito” (compresa la competenza) è reclamatole anche o soltanto sulla statuizione sulle spese e ciò sia all’an della stessa che al quantum.

Si deva, altresì precisare che il reclamo può essere proposto anche dal convenuto in sede cautelare avverso una statuizione di compensazione delle spese oppure di condanna alle spese in suo favore reputata insufficiente.

Quanto si è osservato esclude che ci si possa interrogare sul se sia immaginabile che esso quanto alle spese possa essere considerato sentenza agli effetti dell’art. 111 Cost., comma 7.

E ciò per l’assorbente ragione che un rimedio è previsto e, dunque, difetta uno dei requisiti necessari per il ricorso straordinario, cioè il carattere definitivo del provvedimento nel senso dell’esclusione di ogni rimedio.

2.5. Peraltro, se il reclamo non viene esperito anche o soltanto sulle spese, le ipotesi che si possono verificare in ordine alla stabilità della statuizione sulle spese sono le seguenti:

al) se il reclamo dell’attore in cautelare, diretto a chiedere la pronuncia della misura cautelare negata, viene accolto e la misura cautelare viene pronunciata, la caducazione del provvedimento di diniego travolgerà anche la statuizione sulle spese ai sensi dell’art. 336 c.p.c., comma 2 e, se del caso avrà luogo una nuova statuizione sulle spese a favore di chi ottenga la misura cautelare nel caso di cui all’art. 669-octies c.p.c., comma 7 fermo restando che la regolamentazione delle spese della fase cautelari sarà sempre ridiscutibile anche al di fuori di questo caso nell’eventuale giudizio di merito;

a1) se il reclamo dell’attore in cautelare, nell’ipotesi che riguardasse solo la mancata adozione della misura cautelare, viene rigettato, la statuizione sulle spese del giudice del primo grado cautelare si consoliderà ed in questo caso diventerà non più discutibile, ma tale conseguenza deriverà da una precisa scelta dell’attore in cautelare che ha rinunciato al mezzo di impugnazione che poteva esperire;

a3) se il reclamo dell’attore in cautelare riguardi sia la mancata adozione della misura cautelare, sia le spese, il suo rigetto sotto l’uno e l’altro profilo, pone il problema di individuare l’eventuale mezzo con cui la statuizione sulle spese può essere ridiscussa;

a4) se il reclamo dell’attore in cautelare riguardi solo le spese, si pone l’analogo problema indicato sub a3);

a5) va considerata, poi, l’ipotesi in cui il convenuto in cautelare non abbia impugnato la compensazione delle spese o la loro liquidazione insufficiente ed un reclamo sia stato proposto dall’attore cautelare ed esso venga rigettato: le statuizioni sulle spese resteranno parimenti indiscutibili, per mancato esperimento del mezzo di impugnazione previsto;

a6) se il convenuto in cautelare abbia invece reclamato la compensazione delle spese o la loro liquidazione in modo insufficiente ed il suo reclamo venga accolto si pone il problema di individuare l’eventuale mezzo con cui tale decisione può essere ridiscussa e la stessa cosa dicasi per l’ipotesi di rigetto del reclamo.

3. A questo punto, acclarato che le statuizioni sulle spese contenute nel provvedimento negativo del primo grado cautelare debbono, nonostante la suggestione dell’avverbio “definitivamente”, considerarsi ridiscutibili con il reclamo e se non vi siano sottoposte diventano irretrattabili, salvo che l’esito del reclamo contro il provvedimento di rigetto quanto al “merito” cautelare non le travolga ai sensi dell’art. 336 c.p.c., comma 2 dal che consegue che non è sostenibile che avverso di esse possa esperirsi il ricorso straordinario in cassazione, sorge un doppio problema, cioè:

1a) sia di individuare il regime al quale debbono ritenersi soggette le decisioni adottate dal giudice del reclamo in punto di spese riconosciute (a torto o in modo insufficiente) o compensate nel primo grado cautelare;

1b) sia di individuare il regime cui è soggetta a sua volta la statuizione sulle spese del reclamo, che certamente deve essere resa da quel giudice, atteso che l’esegesi del “definitivamente” innanzi prospettata (evocativa del concetto espresso nell’art. 91 c.p.c.) deve necessariamente riproporsi riguardo alla decisione sul reclamo.

3.1. Le ipotesi che si possono verificare sono varie:

1) Viene impugnato un provvedimento cautelare positivo che non abbia potuto liquidare le spese del primo grado cautelare (perchè non ricorreva l’ipotesi dell’art. 669-octies c.p.c., comma 7) e il giudice del reclamo revoca il provvedimento e provvede sulle spese di entrambi i gradi, addebitandole all’attore in via cautelare o compensandole in tutto od in parte.

2) Viene impugnato un provvedimento cautelare positivo che abbia liquidato le spese ai sensi dell’art. 669-octies, comma 7 e il giudice del reclamo revoca il provvedimento e statuisce sulle spese di entrambi i gradi, addebitandole all’attore in via cautelare o compensandole in tutto od in parte.

3) Viene impugnato dall’attore in cautelare un provvedimento negativo, eventualmente anche sulle spese, e il giudice del reclamo concede il provvedimento e liquida le spese vertendosi nel caso dell’art. 669-octies, comma 7.

4) Viene impugnato dall’attore in cautelare un provvedimento negativo, eventualmente anche sulle spese e il giudice del reclamo concede il provvedimento in riforma del provvedimento di primo grado, senza poter liquidare le spese dei due gradi non vertendosi nel caso di cui al settimo comma citato.

5) Viene impugnato dall’attore in cautelare, anche o solo sulle spese un provvedimento negativo, e il giudice del reclamo rigetta il reclamo e provvede anche sulle spese del reclamo cautelare.

6) Viene impugnato dall’attore in cautelare solo sulle spese un provvedimento negativo ed il giudice del reclamo lo accoglie e riforma il provvedimento compensando o rideterminando le spese.

7) Viene impugnata dal convenuto in cautelare la compensazione delle spese sul provvedimento negativo ed il reclamo viene accolto e si provvede sulle spese dei due gradi o viene rigettato e si conferma la compensazione e si statuisce sulle spese del reclamo.

8) In sede di reclamo viene dichiarata cessata la materia del contendere sulla misura cautelare e si provvede sulle spese applicando il criterio della soccombenza virtuale come accaduto nella specie.

3.2. In tutti tali casi l’ordinanza emessa in sede di reclamo è inimpugnabile giusta l’art. 669-terdecies c.p.c., comma 5 e lo è, evidentemente, anche quando e per la parte in cui abbia provveduto sulle spese dei gradi cautelari.

Il fatto che l’ordinanza sul reclamo sia inimpugnabile non significa, però, che essa non sia ridiscutibile. Il modo di ridiscussione sulle spese è lo stesso con cui può avvenire la ridiscussione sull’azione di merito cui la misura cautelare chiesta ed ottenuta o negata, era strumentale.

Si tratta, cioè, del giudizio di merito e ciò indipendentemente dal fatto che un termine per il suo inizio sia stato fissato già dal giudice del primo grado cautelare (con un provvedimento positivo) o venga fissato (con il medesimo provvedimento) dal giudice della cautela, oppure – vertendosi nelle ipotesi di cui all’art. 669-octies c.p.c., comma 6, (cautela anticipatoria) – non venga fissato e l’iniziativa del giudizio di merito sia rimessa ad una scelta delle parti senza imposizione di un termine.

Attesa la strumentalità della tutela cautelare rispetto a quella di merito e, considerato che essa non può non riguardare anche la statuizione meramente accessoria relativa alle spese (poichè la regolamentazione della sopportazione del costo del processo nei rapporti fra le parti non è estranea alla tutela riconosciuta con il diritto di azione e di difesa per la situazione giuridica di cui si discute ed è anzi funzionale al riconoscimento o alla negazione della tutela che essa merita, che non sarebbe integrale, ove la parte che ha ragione dovesse accollarsi il costo de quo, che sopporta per via dell’onere di anticipazione delle spese), si deve ritenere che in tutte tali ipotesi le statuizioni sulle spese siano integralmente ridiscutibili, cioè sia quanto all’addebito delle spese che alla loro misura, in un’eventuale giudizio che venga iniziato sull’azione di merito che si voleva cautelare o da parte dell’attore in cautelare o da parte del convenuto in cautelare che a ciò abbiano interesse.

Questo interesse, dal punto di vista dell’attore in cautelare che si sia visto negare il provvedimento in sede di reclamo può essere quello a conseguire comunque la tutela dell’azione di merito che si intendeva cautelare.

Oppure può essere l’interesse del convenuto in cautelare che abbia visto accolta la domanda cautelare con gravame delle spese nel caso dell’art. 669-octies c.p.c., comma 7 ovvero abbia visto compensare le spese del giudizio cautelare con il provvedimento di rigetto, ad ottenere l’accertamento negativo del diritto cautelato o dell’inesistenza delle ragioni di compensazione.

L’azione di merito appare il mezzo necessario per ridiscutere della statuizione sulle spese perchè quest’ultima non può che subire lo stesso trattamento che subisce l’azione cautelare, la quale, per la strumentalità, non assicura – salvo che in caso di provvedimento anticipatorio – nessuna delle parti inizi il giudizio di merito, la tutela definitiva della situazione che ne è oggetto.

3.3. Nè deve sembrare contraddittorio sostenere che delle spese del giudizio cautelare definito dal procedimento di reclamo si possa discutere solo iniziandosi da chi abbia interesse alla ridiscussione il giudizio di merito.

Ciò è vero le quante volte costui postuli d’essere stato gravato ingiustamente delle spese adducendo come ragione l’infondatezza o la fondatezza dell’azione cautelare.

Si consideri quanto segue.

Invero, chi aveva esercitato l’azione cautelare e se la sia vista definitivamente (sul piano del procedimento cautelare) rigettare in sede di reclamo con gravame delle spese, in tanto può lamentare l’ingiustizia nell’an di tale aggravio in quanto dimostri che il diritto a cautela del quale aveva agito esisteva ed era comunque insoddisfatto all’atto dell’esercizio dell’azione cautelare.

Se quel diritto non esisteva e, quindi, difettava il fumus boni iuris e la misura cautelare è stata rigettata per questo, non si vede come e perchè egli potrebbe dolersi del carico delle spese se non dimostrando che il diritto esisteva e, quindi, esercitando l’azione di cognizione piena a sua tutela. Solo se il diritto esisteva ed il fumus è stato negato erroneamente egli ha diritto di lamentarsi.

Se l’azione cautelare riguardava un provvedimento anticipatorio e sia stata rigettata per difetto di periculum in mora e, tuttavia, il diritto esisteva ed era insoddisfatto, chi si è visto addebitare le spese cautelari può postulare che tale addebito non era giusto proprio per tale ragione e sostenere che l’assenza del periculum comportava solo che le spese del procedimento cautelare non potessero essere addebitate all’altra parte e, quindi, una loro compensazione e l’esclusione del diritto di ripeterle da parte sua. Ma ciò può fare solo facendo valere il diritto con l’azione ordinaria.

In entrambi i casi l’ingiustizia dell’aggravio delle spese in tanto può essere lamentata in quanto incida sul diritto di cui si chiedeva cautela e, poichè la possibilità di iniziare il giudizio di merito a tutela di quel diritto è sempre assicurata, di quella ingiustizia può discutersi solo dando corso a detto giudizio.

Se l’azione cautelare riguardava una misura conservativa e sia stata rigettata per difetto di periculum in mora l’attore in cautelare che si sia visto addebitare le spese, potrà iniziare il giudizio di merito relativo al diritto cautelando adducendo che il periculum c’era e se del caso chiedendo i danni, se la mancanza della misura conservativa gli abbia arrecato pregiudizio, nel contempo postulando di non dover sopportare le spese poste a sua carico per il procedimento cautelare.

Se l’azione cautelare sia stata rigettata all’esito del reclamo con compensazione delle spese, colui contro il quale la misura cautelare era stata richiesta, ove lamenti che il rigetto dell’istanza è avvenuto per mancanza di fumus o che doveva avvenire per mancanza di fumus e non del periculum, onde la compensazione non era giustificata, può farlo soltanto agendo in via ordinaria per ottenere l’accertamento dell’inesistenza del diritto. E ciò sempre perchè l’aggravio delle spese sostenute derivante dalla compensazione si risolve in una incidenza sul suo patrimonio contrastante con quella inesistenza, che egli ha diritto di vedere accertata tramite il giudizio ordinario.

Analoghe considerazioni possono farsi a proposito dell’ipotesi di attribuzione delle spese nel provvedimento positivo anticipatorio:

solo iniziando l’azione di merito si può ridiscutere sul punto.

Il principio che appare consono alla strumentalità della tutela cautelare è allora che la statuizione sulle spese del procedimento cautelare di entrambi i gradi scaturita dalle decisioni del giudice del reclamo cautelare di rigetto della misura cautelare o di accoglimento di una misura cautelare anticipatoria oppure assunta solo sulle spese è ridiscutibile nel giudizio di merito che l’interessato può iniziare.

La possibilità di discutere le spese del giudizio cautelare nel giudizio di merito esclude in radice l’ammissibilità del rimedio del ricorso straordinario.

4. Le conclusioni raggiunte valgono anche per l’ipotesi in cui, come nel caso di specie, in sede di reclamo cautelare si sia rilevata l’esistenza di una situazione di cessazione della materia del contendere sulla materia cautelare.

Ciò è vero in primo luogo per il caso in cui la parte attrice in cautelare contesti l’effettività di tale situazione. Poichè tale contestazione si risolve nella postulazione che la misura cautelare è ancora necessaria per preservare il diritto, ne segue che si assume che esso sia insoddisfatto e, quindi, v’è interesse all’inizio del giudizio di merito, nel quale la statuizione sulle spese adottata sulla base della soccombenza virtuale sarà pienamente ridiscutibile.

Non è men vero per il caso in cui vi sia accordo sulla cessazione della materia del contendere e disaccordo sull’apprezzamento della soccombenza virtuale. Poichè il contraltare di tale disaccordo, se la soccombenza virtuale è stata addebitata al ricorrente in cautelare, è che la domanda cautelare, al contrario di quanto ritenuto dal giudice del reclamo era fondata ab origine, e, se la soccombenza virtuale è stata addebitata al resistente in cautelare, al contrario che la domanda era infondata, la strumentalità dell’azione cautelare rispetto alla tutela di merito impone che queste rispettive posizioni siano fatte valere esercitando l’azione di merito.

Se la cessazione della materia del contendere abbia riguardato un’azione cautelare anticipatoria e la situazione del ricorrente in cautelare reputato soccombente virtuale risulti ora soddisfatta in via definitiva, l’azione di merito che egli eserciterà riguarderà l’accertamento dell’insoddisfazione del diritto in quanto esistente fin dalla proposizione della domanda cautelare sotto il profilo del fumus, ove la soccombenza cautelare virtuale sia stata reputata esistente perchè difettava originariamente il fumus, cioè il diritto (in ipotesi sorto solo dopo), mentre se la soccombenza virtuale sia stata reputata per difetto di periculum in mora, l’azione di merito tenderà a dimostrare che il diritto esisteva e la mancanza di periculum, se giustificava il rigetto della domanda cautelare, in ragione dell’insoddisfazione del diritto comportava solo che non si avesse diritto a ripetere le spese ma non giustificava la condanna al loro pagamento, bensì solo la compensazione.

Se la cessazione della materia del contendere abbia riguardato un’azione cautelare conservativa, il giudizio di merito a tutela del diritto cautelando sarà iniziato per postulare il suo riconoscimento ed in esso si potrà dimostrare che non vi era soccombenza virtuale sulla cautela nè sul fumus nè sul periculum.

Potrebbe accadere che nello svolgimento del giudizio cautelare sia soddisfatto il diritto stesso e non solo l’esigenza di cautela, verificandosi, quindi, la cessazione della materia del contendere anche sull’azione di merito.

In tali casi nulla esclude che essa sia iniziata con postulazione del modo di essere anteriore alla verificazione della cessazione della materia del contendere, in funzione di controllo sulla statuizione relativa alla soccombenza virtuale cautelare.

Considerazioni non dissimili merita l’ipotesi in cui all’esito della valutazione della soccombenza virtuale il giudice del reclamo abbia disposto una compensazione totale o parziale delle spese.

5. Quanto osservato esclude che possa postularsi il rimedio del ricorso straordinario avverso le statuizioni sulle spese rese dal giudice del reclamo cautelare che dichiari cessata la materia del contendere sull’azione cautelare (od anche sulla stessa pretesa di merito).

Ne consegue l’inammissibilità del ricorso quanto al primo motivo, con cui si postula l’erroneità della valutazione della soccombenza virtuale sull’azione cautelare.

6. Per completezza, si rileva che ove venga dichiarata cessata la materia del contendere nel primo grado cautelare, il mezzo di tutela sia quanto all’erroneità della declaratoria della cessazione, sia quanto alle valutazioni sulle spese in ossequio alla soccombenza virtuale sarà il reclamo.

7. Residua a questo punto un problema, la cui disamina è necessaria per valutare l’ammissibilità del ricorso quanto al secondo ed al terzo motivo, che, come s’è veduto, censurano non la statuizione sulle spese riguardo all’an, bensì sotto il profilo della mera liquidazione del loro ammontare.

Il problema è quello del mezzo di tutela esperibile allorquando la statuizione sulle spese del provvedimento negativo della misura cautelare adottata in sede di reclamo non la si voglia contestare nell’an o per la disposta compensazione totale o parziale, bensì, trattandosi evidentemente di statuizione a carico detrattore in cautelare, solo riguardo al quantum, cioè relativamente alla liquidazione. La contestazione può provenire dall’attore in cautelare che ritenga eccessive le spese. Oppure dal convenuto in sede cautelare che le ritenga troppo basse.

L’ipotesi in discussione è che nessuna delle parti abbia interesse a iniziare il giudizio di merito. Se il giudizio di merito viene iniziato anche tali questioni potranno esservi dedotte, come s’è già detto.

Considerando la posizione dell’attore in cautelare, il caso che viene in rilievo è che egli non intenda iniziare il giudizio di merito, perchè sia convinto di avere torto anche sul merito e si voglia dolere solo della liquidazione delle spese (perchè non conformi a tariffa, ad esempio). Egli ha diritto ad un rimedio? E, nel caso di risposta positiva, esso va individuato nel ricorso straordinario, perchè sotto tale profilo il provvedimento ha valore di sentenza in senso sostanziale? Il Collegio ritiene che il rimedio vi debba essere e che però non sia quello del ricorso straordinario.

La necessità del rimedio si giustifica perchè la statuizione sulle spese eccessiva è pur sempre idonea se non controllabile ad arrecare un pregiudizio patrimoniale all’attore in cautelare, che si vede ingiustamente costretto a pagare di più del dovuto e vede incisa, quindi, la sua situazione patrimoniale.

L’attitudine ad incidere su diritti, tuttavia, non toglie che il provvedimento risenta, quindi, della natura della tutela cautelare e, perciò, della sua inidoneità a dare luogo alla cosa giudicata sul diritto a cautela del quale venne esercitata. Tale inidoneità non può non estendersi al pregiudizio patrimoniale correlato al carico della spese.

Ciò comporta che al provvedimento non può riconoscersi nemmeno a fini della liquidazione delle spese e dell’errore compiuto quanto ad essa che sia il solo di cui si abbia interesse a lamentarsi, la natura di sentenza in senso sostanziale agli effetti dell’art. 111 Cost., comma 7.

Negata tale natura e considerato che il provvedimento è emesso a seguito di cognizione sommaria, nonchè che è espressamente definito titolo esecutivo, si deve ritenere che il mezzo di tutela sia quello esperibile contro ogni titolo esecutivo, cioè l’opposizione al precetto intimato sulla base del provvedimento o all’esecuzione iniziata sulla base di esso, ma con la particolarità che, inerendo tale mezzo di tutela alla cognizione piena e, quindi, alla tutela dei diritti in funzione del giudicato, il provvedimento risulta sulla liquidazione delle spese ridiscutibile, come se fosse un titolo esecutivo stragiudiziale e ciò perchè si è formato sulla base di una cognizione sommaria senza che si stato ridiscusso nell’ambito dell’ordinaria cognizione.

Invero, quando l’opposizione all’esecuzione viene esercitata avverso un provvedimento giudiziale che si è formato a seguito di cognizione sommaria e senza che dopo la sua adozione sia seguita la cognizione piena, sarebbe in contraddizione con l’essere l’opposizione assoggettata alla cognizione piena, come un normale processo di cognizione, escludere che l’ambito del giudizio non si estenda al controllo della stessa formazione dei provvedimento, come invece accade quando il provvedimento pur sommario si è formato nell’ambito di un giudizio in cui sia stata assicurata la possibilità di discuterne secondo le regole della cognizione piena.

Il mezzo di tutela è, dunque, l’opposizione all’esecuzione, preventiva o successiva.

Se del caso anche prima dell’intimazione del precetto, si potrebbe ammettere l’esercizio dell’azione di accertamento della non debenza delle spese eccessive.

Resta da dire del caso nel quale la decisione sulle spese cautelari sia reputata insufficiente dal convenuto in cautelare vittorioso.

In tal caso si deve ammettere che costui possa agire sul piano ordinario prospettando l’insufficienza della liquidazione sempre perchè la consecuzione delle spese effettivamente dovute è funzionale alla tutele della sua posizione quanto all’azione di merito.

7.1. Anche qualora si intenda contestare solo la liquidazione delle spese deve, dunque, escludersi la via del ricorso straordinario.

7.2. Le soluzioni qui indicate a proposito dell’attore in cautelare e del convenuto in cautelare valgono anche per il caso in cui le spese siano state liquidate in una pronuncia del giudice del reclamo di dichiarazione della cessazione della materia del contendere, previa valutazione della soccombenza virtuale.

Ne consegue nella specie l’inammissibilità del ricorso anche per il secondo ed il terzo motivo.

7.3. Le osservazioni svolte consentono allora di affermare conclusivamente che il ricorso straordinario, anche a seguito della riforma da parte della L. n. 69 del 2009, dell’art. 669-septies c.p.c. non è mai ammissibile in ordine a statuizioni sulle spese del giudizio cautelare.

Il ricorso è dichiarato inammissibile.

Attesa la novità della questione le spese del giudizio di cassazione possono compensarsi per giusti motivi.

P.Q.M.

LA CORTE dichiara inammissibile il ricorso. Compensa le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 16 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 24 maggio 2011

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