Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11370 del 09/05/2017

Cassazione civile, sez. VI, 09/05/2017, (ud. 05/04/2017, dep.09/05/2017),  n. 11370

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3865-2016 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

C.V.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 9978/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della CAMPANIA, depositata il 11/11/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 05/04/2017 dal Consigliere Dott. IOFRIDA GIULIA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, affidato ad un motivo, nei confronti di C.V. (che non resiste), avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Campania n. 9978/52/2015, depositata in data 11/11/2015, con la quale – in controversia concernente l’impugnazione di un avviso di accertamento emesso per maggiori IRPEF ed addizionali, regionali e comunali, dovute in relazione all’anno d’imposta 2007, a seguito di rideterminazione in via sintetica D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 38, del reddito imponibile, – è stata confermata la decisione di primo grado, che aveva accolto il ricorso della contribuente.

In particolare, i giudici d’appello, richiamate, nel dettaglio, le argomentazioni espresse dai giudici di primo grado, hanno dichiarato inammissibile il gravame dell’Agenzia delle Entrate per difetto di “una reale e circostanziata impugnativa delle suddette argomentazioni” e quindi di motivi specifici D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 53.

A seguito di deposito di proposta ex art. 380 bis c.p.c., è stata fissata l’adunanza della Corte in camera di consiglio, con rituale comunicazione alle parti; il Collegio ha disposto la redazione della ordinanza con motivazione semplificata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. La ricorrente lamenta, con unico motivo, la violazione e/o falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 4, del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53 e art. 342 c.p.c., deducendo che l’atto di appello conteneva la censura esplicita della sentenza di primo grado.

2. La censura è infondata.

La giurisprudenza di questa Corte è ferma, ne ritenere che nel processo tributario, l’indicazione dei motivi specifici dell’impugnazione, richiesta dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 53, non deve necessariamente consistere in una rigorosa e formalistica enunciazione delle ragioni invocate a sostegno dell’appello, richiedendosi, invece, soltanto una esposizione chiara ed univoca, anche se sommaria, sia della domanda rivolta al giudice del gravame, sia delle ragioni della doglianza, ma purchè, in ogni caso, ciò determini una critica adeguata e specifica della decisione impugnata e consenta ai giudice del gravarne di percepire con certezza il contenuto delle censure, in riferimento alle statuizioni adottate dal primo giudice. Invero, la specificità dei motivi, D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 53, per la rituale proposizione dell’atto di appello, esige, anche quando la sentenza di primo grado sia stata integralmente censurata, che, alle argomentazioni in essa svolte, vengano contrapposte quelle dell’appellante volte ad incrinarne il fondamento logico – giuridico poichè la parte volitiva dell’appello deve accompagnarsi ad una componente argomentativa diretta a confutare e contrastare le ragioni addotte dai primo giudice (v. Cass. 22781/2014; Cass. 12067/2016).

Ora, come rilevato dai giudici della C.T.R., nulla veniva specificamente dedotto nell’atto di appello, al di là della generica confutazione delle argomentazioni utilizzate dai primi giudici, in ordine ai vari versamenti, interessanti gli anni da 2007 al 2009, ed alle puntuali ragioni espresse dai giudici di primo grado riguardo alla infondatezza della pretesa impositiva.

3. Per tutto quanto sopra esposto, va respinto il ricorso.

Non v’è luogo a provvedere sulle spese processuali, non avendo l’intimata svolto attività difensiva.

Essendo l’amministrazione pubblica difesa dal Avvocatura Generale dello Stato, non si applica D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1- quater, (nel caso di prenotazione a debito il contributo non è versato ma prenotato al fine di consentire, in caso di condanna della controparte alla rifusione delle spese in favore dei ricorrente, il recupero dello stesso in danno della parte soccombente).

PQM

Rigetta il ricorso.

Motivazione Semplificata.

Così deciso in Roma, il 5 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 9 maggio 2017

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