Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1137 del 18/01/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 18/01/2017, (ud. 24/11/2016, dep.18/01/2017),  n. 1137

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – rel. Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28879/2015 proposto da:

PAMAVI SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA RUFFINI 2/A, presso lo studio

dell’avvocato PATRICIA MOSCHESE, che la rappresenta e difende giusta

procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2648/14/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di ROMA, del 17/03/2015 depositata il 11/05/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

24/11/2016 dal Consigliere Relatore Dott. MAURO MOCCI.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte, costituito il contraddittorio camerale sulla relazione prevista dall’art. 380 bis c.p.c., Delib. di procedere con motivazione sintetica ed osserva quanto segue.

La Pamavi s.r.l. propone ricorso per cassazione nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio, che aveva accolto l’appello dell’Agenzia delle Entrate contro la decisione della Commissione tributaria provinciale di Roma. Quest’ultima, a sua volta, aveva accolto il ricorso della società avverso due avvisi di accertamento riguardanti la rettifica della rendita catastale provvisoria e di acclaramento di quella definitiva.

Nella decisione impugnata, la CTR ha affermato che l’indicazione della consistenza, della categoria e della classe avrebbero consentito di ritenere sufficientemente motivato l’avviso di accertamento. Del resto, l’utilizzo della procedura DOCFA avrebbe garantito la pronta conoscibilità, da parte del contribuente, delle ragioni poste a base dell’accertamento in rettifica.

Il ricorso è affidato a tre motivi.

Con il primo, la contribuente lamenta violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3.

Gli avvisi di accertamento impugnati – in violazione della L. n. 212 del 2000, art. 7, comma 1 e L. n. 241 del 1990, art. 3 – sarebbero stati privi di motivazione logica sui presupposti di fatto e sulle ragioni giuridiche che li avevano determinati.

Con il secondo, la ricorrente denuncia la violazione delle disposizioni sulle operazioni dell’estimo catastale, fondate su metodologie comparative, ex art. 360 c.p.c., n. 3. Nella fattispecie, vi sarebbe stata solo la riduzione della superficie, senza alcuna variazione della classe o della categoria e piuttosto l’Agenzia del territorio avrebbe dovuto determinare una diminuzione della rendita o quanto meno la conferma della variazione.

Con il terzo, la società deduce omesso esame circa un fatto decisivo, ex art. 360 c.p.c., n. 5: la CTR si sarebbe totalmente appiattita sulle deduzioni dell’Agenzia del territorio, senza tenere in considerazione le eccezioni ed i documenti difensivi, anche in relazione a due cespiti immobiliari, ubicati nello stesso edificio.

L’intimata si è costituita con controricorso.

I primi due motivi – che, per la loro connessione logica possono essere trattati congiuntamente – sono fondati.

Questa Corte ha autorevolmente affermato che, in tema di revisione del classamento catastale di immobili urbani, la motivazione dell’atto, in conformità alla L. 23 dicembre 1996, n. 662, art. 3, comma 58, non può limitarsi a contenere l’indicazione della consistenza, della categoria e della classe attribuita dall’agenzia del territorio, bensì deve specificare, a pena di nullità, ai sensi della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 7, comma 1, a quale presupposto la modifica debba essere associata, se al non aggiornamento del classamento o, invece, alla palese incongruità rispetto a fabbricati similari, ed, in questa seconda ipotesi, l’atto impositivo dovrà indicare la specifica individuazione di tali fabbricati, del loro classamento e delle caratteristiche analoghe che li renderebbero similari all’unità immobiliare oggetto di riclassamento, consentendo in tal modo al contribuente il pieno esercizio del diritto di difesa nella successiva fase contenziosa conseguente alla richiesta di verifica dell’effettiva correttezza della riclassificazione (Sez. 5, n. 2184 del 06/02/2015; Sez. 6-5, n. 10489 del 06/05/2013). Ancor più in particolare, è stato affermato che, in tema di classamento di immobili, qualora l’attribuzione della rendita catastale avvenga a seguito della procedura disciplinata dal D.L. n. 16 del 1993, art. 2, convertito in L. n. 75 del 1993 e dal D.M. n. 701 del 1994 (cd. procedura DOCFA), l’obbligo di motivazione dell’avviso di classamento è soddisfatto con la mera indicazione dei dati oggettivi e della classe attribuita solo se gli elementi di fatto indicati dal contribuente non siano stati disattesi dall’Ufficio e l’eventuale discrasia tra rendita proposta e rendita attribuita derivi da una valutazione tecnica sul valore economico dei beni classati, mentre, in caso contrario, la motivazione dovrà essere più approfondita e specificare le differenze riscontrate sia per consentire il pieno esercizio del diritto di difesa del contribuente sia per delimitare l’oggetto dell’eventuale contenzioso (Sez. 6-5, n. 12497 del 16/06/2016; Sez. 5, n. 23237 del 31/10/2014).

La sentenza impugnata non si è attenuta ai predetti principi.

Il terzo motivo resta assorbito.

PQM

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR Lazio, in diversa composizione, anche per le spese del grado di cassazione.

Così deciso in Roma, il 24 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 18 gennaio 2017

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