Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11366 del 12/06/2020

Cassazione civile sez. lav., 12/06/2020, (ud. 18/12/2019, dep. 12/06/2020), n.11366

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERRINO Umberto – Presidente –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28608-2014 proposto da:

G.A., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA COLA DI

RIENZO 69, presso lo studio degli Avvocati PAOLO BOER, ALBERTO BOER,

che lo rappresentano e difendono;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura

Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli Avvocati

ANTONELLA PATTERI, LUIGI CALIULO, SERGIO PREDEN;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 724/2014 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 05/08/2014 R.G.N. 425/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio dal

Consigliere Dott. CINQUE GUGLIELMO.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

CHE:

1. Previo ricorso al Tribunale di Varese l’INPS ne otteneva il Decreto n. 661 del 2010 con il quale veniva ingiunto a G.A. il pagamento della somma di Euro 258.151,59 a titolo di restituzione di quanto versato da esso istituto in esecuzione della sentenza del Tribunale di Roma n. 10349/07, riformata dalla Corte di appello capitolina con decisione del 3.5.2010, passata in giudicato.

2. Il Tribunale di Varese dichiarava nulla la opposizione al provvedimento monitorio presentata dal G. e la Corte di appello di Milano, con la sentenza n. 724 del 2014, dichiarava inammissibile il gravame proposto dal medesimo G..

3. A fondamento del decisum i giudici di seconde cure rilevavano che il motivo di gravame -formulato sull’assunto del Tribunale che aveva dichiarato la nullità del ricorso in opposizione per la natura meramente ipotetica ed indeterminata del credito dedotto in compensazione di quello azionato dall’INPS in sede monitoria – risultava del tutto carente dei requisiti necessari ai sensi dell’art. 434 c.p.c., sia pure nel testo precedente la riforma di cui al D.L. n. 83 del 2012, art. 54.

4. La doglianza, secondo la Corte territoriale, si limitava a contestare quanto deciso dal Tribunale sul punto, senza alcuna censura specifica della sentenza, ma riproponendo unicamente le argomentazioni già svolte in primo grado. La stessa valutazione veniva confermata dalla Corte di merito con riguardo alla reiterata richiesta di ctu, ritenuta in prime cure esplorativa, nonchè con riferimento agli importi percepiti in ragione della originaria capitalizzazione per la limitazione della compensazione alle posizioni creditorie non prescritte. Infine, venivano dichiarate inammissibili anche le considerazioni svolte con l’atto di appello relativamente all’eccezione di giudicato concernente gli importi riconosciuti al G. dal Tribunale di Roma a titolo di ricalcolo della pensione, trattandosi di questione esulante i motivi di opposizione proposti in primo grado.

5. Avverso la decisione della Corte di appello di Milano proponeva ricorso per cassazione G.A. affidato ad un motivo, cui resisteva con controricorso l’INPS.

6. Il PG non ha rassegnato conclusioni scritte.

7. G.A. ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

CHE:

1. Con l’unico motivo il ricorrente denunzia la violazione dell’art. 112 c.p.c., per non avere il giudice di appello pronunciato su tutta la domanda proposta con il gravame (art. 360 c.p.c., n. 3): in particolare, per non avere i giudici del merito correttamente individuato il contenuto della domanda di compensazione, proposta in primo grado, riguardante l’avvenuto rimborso, in favore dell’INPS, della ritenuta di acconto da parte dell’Agenzia delle Entrate, che invece era stato incluso nella pretesa restitutoria, nonchè della domanda riconvenzionale, conseguente al passaggio in giudicato della sentenza di secondo grado della Corte di appello di Roma, riguardante la problematica della capitalizzazione di una quota di pensione inferiore a quella presa in considerazione.

2. Il ricorso è inammissibile per diverse ragioni

3. In primo luogo, deve osservarsi che la censura non è stata correttamente articolata perchè, nel giudizio di legittimità, deve essere tenuta distinta l’ipotesi in cui si lamenti l’omesso esame di una domanda da quello in cui si censuri l’interpretazione che ne abbia dato il giudice del merito: nel primo caso, infatti, si verte in tema di violazione dell’art. 112 c.p.c. e si pone un problema di natura processuale; nel secondo caso, invece, poichè l’interpretazione della domanda e l’individuazione del suo contenuto integrano un tipico accertamento di fatto riservato, come tale, al giudice del merito, in sede di legittimità va solo effettuato il controllo della correttezza della motivazione che sorregge sul punto la decisione impugnata (Cass. 7.7.2006 n. 15603; Cass. n. 7932/2012; Cass. n. 30684/2017).

4. Nel caso in esame, la molteplicità dei profili di doglianza come prospettati, tra loro confusi e inestricabilmente combinati, non collegabili ad alcuna delle fattispecie di vizio enucleata dal codice di rito, rende inammissibile la critica (cfr. Cass. n. 19959 del 2014) di cui al motivo.

5. In secondo luogo, è ravvisabile un difetto di specificità perchè, in relazione all’aspetto dell’asserito giudicato esterno costituito dalla pronuncia della Corte di appello di Roma, non è stata trascritta la relativa pronuncia del corpo del ricorso, precludendo quindi a questo Collegio ogni verifica e ogni tipo di attività nomofilattica (Cass. n. 26627 del 2006; Cass. n. 16227 del 2014; Cass. n. 21041 del 2018) sul punto in contestazione.

6. In terzo ed ultimo luogo, va rilevato che la declaratoria di inammissibilità del gravame della Corte territoriale per motivi procedurali ha comunque investito tutte le domande avanzate in giudizio e, comunque, sia in relazione al dedotto giudicato concernente gli importi riconosciuti al G. dal Tribunale di Roma a titolo di ricalcolo della pensione, sia sul rimborso delle ritenute, i giudici di secondo grado si sono pronunciati precisando che il primo punto esulava dai motivi di opposizione e che il secondo era stato espressamente oggetto di rinuncia nel corso di opposizione: ciò esclude, certamente, il vizio denunciato di omessa pronuncia.

7. Alla stregua di quanto esposto, il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile.

8. Alla declaratoria di inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano come da dispositivo. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo risultante dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti processuali, sempre come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore dell’INPS, delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 6.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’Adunanza Camerale, il 18 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 12 giugno 2020

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