Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1136 del 20/01/2020

Cassazione civile sez. VI, 20/01/2020, (ud. 15/10/2019, dep. 20/01/2020), n.1136

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – rel. Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7189-2018 proposto da:

P.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA G.

ANDREOLI 1, presso lo studio dell’avvocato MASSIMILIANO FIORAVANTI,

che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

J.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA BELLUNO 16,

presso lo studio dell’avvocato ANTONIO MATONTI, che la rappresenta e

difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5603/2017 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 5/09/2017;C v.

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 15/10/2019 dal Consigliere Relatore Dott. MARIA

GIOVANNA C. SAMBITO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il Tribunale di Tivoli ha pronunciato la separazione personale dei coniugi J.A. e P.A., dalla cui unione era nata una figlia, ormai maggiorenne ed autosufficiente, e la ha addebitata al marito, a cui carico ha imposto l’obbligo di corrispondere un assegno mensile di Euro 800,00, annualmente rivalutabile. La Corte d’appello di Roma con sentenza del 5.9.2017, ha rigettato il gravame del marito ed, in parziale accoglimento di quello della moglie, ha elevato in Euro 1.200,00 l’assegno in favore della stessa, condannando il marito al pagamento delle spese processuali. P.A. ha proposto ricorso, sulla base di tre motivi, resistiti con controricorso della J.. Il ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Col primo motivo, si deduce: “omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia quanto alla dichiarazione di addebito. Art. 151 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5”. La Corte d’Appello, lamenta il ricorrente, ha errato, dapprima, nel non considerare che l’essenza della frattura del rapporto di coniugio risiedeva nel rifiuto opposto dalla moglie di continuare a seguirlo e sostenerlo, e nell’orientare, poi, la propria decisione mediante una sopravvalutazione di elementi indiziari (foto, intestazione di biglietti aerei) riferiti alla relazione con altra donna.

1.1. Il motivo è inammissibile per un duplice ordine di motivi. 1.2. Anzitutto, esso è dichiaratamente declinato in termini di vizio di motivazione, mentre, a seguito alla riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica della violazione del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6, individuabile nelle ipotesi – che si convertono in violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, e danno luogo a nullità della sentenza – di “mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale”, di “motivazione apparente”, di “manifesta ed irriducibile contraddittorietà” e di “motivazione perplessa od incomprensibile”, e tanto non è ravvisabile nella specie. Al di fuori di tali casi, il motivo di cui al numero 5 dell’art. 360 c.p.c., può essere dedotto solo per omesso esame di un “fatto storico”, che abbia formato oggetto di discussione e che appaia “decisivo” ai fini di una diversa soluzione della controversia (Cass. S.U. 8053/2014; Cass. 23940/2017). E tale fatto non risulta dedotto. 1.3. Inoltre, con la proposizione di un motivo di ricorso quale quello sopra riassunto, il ricorrente non può giammai rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento dei fatti operato dai giudici del merito, tratto dall’analisi degli elementi di valutazione disponibili, non essendo, appunto, consentito al giudice di legittimità di riesaminare e valutare il merito della causa, il che appunto la censura tende a conseguire laddove, nella ricostruzione delle ragioni che hanno comportato l’intollerabilità della prosecuzione della convivenza, lamenta la sopravvalutazione di taluni elementi indiziari e la mancata valutazione di altri elementi dedotti. Senza dire, ad ogni modo, che la decisione non risulta criticata nei passaggi, conformi alla giurisprudenza di questa Corte, in cui evidenzia che la relazione con estranei che dia luogo a plausibili sospetti d’infedeltà rende addebitabile la separazione, quando comporti offesa alla dignità ed all’onore del coniuge, anche se non si sostanzi in adulterio; e che la decisione del marito di trasferirsi lasciando la casa familiare non è conforme all’obbligo di collaborazione e di quello concordare l’indirizzo della vita familiare.

2. Col secondo motivo, si deduce: “omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia quanto alla determinazione dell’assegno di mantenimento. Art. 156 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5”. Il ricorrente lamenta che la Corte non ha effettuato alcuna valutazione comparativa della posizione reddituale delle parti ed ha riconosciuto l’assegno senza considerare che la moglie era in grado di sostenersi autonomamente.

2.1. Anche questo motivo è inammissibile, per le medesime ragioni esposte nell’esame del precedente motivo. Sotto il profilo formale, va evidenziato che il motivo deduce il difetto motivazionale ed omette di indicare il fatto oggetto di discussione che sia stato pretermesso in sede di merito e che, ove esaminato avrebbe condotto ad un risultato difforme; sotto quello sostanziale chiede a questa Corte di riesaminare le condizioni patrimoniali delle parti, il che attiene al merito.

2.2. Va, per altro verso, rilevato che la giurisprudenza citata in seno al ricorso (Cass. n. 11504 del 2017) non solo è stata superata dalla sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte n. 18287 del 2018, ma riguarda l’assegno divorzile, diverso quanto a presupposti e finalità, laddove le modifiche delle condizioni patrimoniali, informalmente evidenziate con la nota del 15.10.2018, possono, in tesi, dar luogo alla revisione dell’assegno ex art. 710 c.p.c.

3. Col terzo motivo, il ricorrente denuncia: “omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia quanto alla condanna alle spese per la soccombenza”. 3.1. Il motivo è inammissibile. Sia perchè nuovamente declinato in termini di vizio di motivazione, sia perchè non tiene conto del principio, cui si è attenuta la Corte territoriale, secondo cui nel regolamento delle spese processuali, il relativo onere va attribuito e ripartito tenendo presente l’esito complessivo della lite, poichè la valutazione della soccombenza opera, ai fini delle spese, in base ad un criterio unitario e globale. Nella specie, il ricorrente è rimasto soccombente sulle domande principali (di addebito e di riconoscimento dell’assegno di mantenimento) come affermato dalla Corte, che, nella complessiva valutazione compiuta, sfavorevole all’odierno ricorrente, non ha mancato di considerare che alcune istanze della moglie erano state disattese (maggior importo dell’assegno e richiesta di riconoscimento del trattamento sanitario erogato dalla Camera dei Deputati). Resta da aggiungere che il riferimento contenuto a pag. 11 penultimo periodo della sentenza- al fatto che il marito sarebbe stato soccombente sul capo relativo ad un maggior importo dell’assegno costituisce all’evidenza un mero refuso. In base agli stessi motivi, id est al criterio, espressamente enunciato, della prevalente soccombenza, risultano regolate le spese dell’appello.

4. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano in complessivi Euro 4.100,00, di cui Euro 100,00 per spese vive, oltre accessori.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara che sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

In caso di diffusione del presente provvedimento, dispone omettersi le generalità e gli altri dati identificativi delle parti, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.

Così deciso in Roma, il 15 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 20 gennaio 2020

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