Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1136 del 18/01/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 18/01/2017, (ud. 24/11/2016, dep.18/01/2017),  n. 1136

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – rel. Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28459/2015 proposto da:

B.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA TORTONA, 4,

presso lo studio dell’avvocato STEFANO LATELLA, rappresentato e

difeso dall’avvocato ANDREA AMATUCCI, giusta procura speciale a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3984/47/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

RIGIONALE di NAPOLI, del 13/02/2015 depositata il 04/05/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

24/11/2016 dal Consigliere Relatore Dott. MAURO MOCCI.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte, costituito il contraddittorio camerale sulla relazione prevista dall’art. 380 bis c.p.c., Delib. di procedere con motivazione sintetica ed osserva quanto segue.

B.L., avvocato, propone ricorso per cassazione nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania che aveva accolto parzialmente l’appello dell’Agenzia delle Entrate contro la decisione della Commissione tributaria provinciale di Napoli. Quest’ultima, a sua volta, aveva accolto l’opposizione del contribuente avverso l’avviso di accertamento di maggiori imposte IRPEF, IVA e IRAP in relazione all’anno 2007.

Nella decisione impugnata, la CTR ha affermato che la notifica dell’avviso era intervenuta prima dello spirare del termine decadenziale e che, nel merito, da un lato, l’utilizzazione – a fini di rettifica – dei dati contabili acquisiti presso le banche era legittima e, dall’altro, la collaborazione di altro avvocato, ancorchè coniuge, sarebbe valsa a costituire l’organizzazione autonoma.

Il ricorso è affidato a tre motivi.

Col primo, il contribuente lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 149 c.p.c. e D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3.

Assume il ricorrente che l’avviso sarebbe stato notificato oltre il termine di decadenza, ossia il 9 gennaio 2013, non essendo applicabile ai messi comunali il principio sancito dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 28 del 2004.

Col secondo, sostiene che la sentenza impugnata sarebbe censurabile per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, in rapporto all’art. 360 c.p.c., n. 5. La CTR avrebbe ignorato che al contribuente sarebbe stato impedito l’accesso alla documentazione bancaria giustificativa delle movimentazioni effettuate dall’Istituto di credito. i giudici avrebbero provveduto a rideterminare il reddito, in mancanza di riscontri concreti.

Da ultimo, denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione al D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 2 e art. 3, lett. c). L’accertamento del giudice di merito circa l’esistenza di un’autonoma organizzazione sarebbe stato scarsamente motivato, giacchè la collaborazione del coniuge-avvocato non sarebbe stata elemento idoneo a supportarne l’esistenza.

L’Agenzia si è costituita con controricorso.

Il primo motivo è infondato.

In tema di notifica degli avvisi di accertamento tributario, l’Amministrazione finanziaria, avvalendosi della facoltà di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, può fare richiesta al Comune di provvedere all’incombente a mezzo di messi comunali. La distinzione dei momenti di perfezionamento della notifica per il notificante e il destinatario dell’atto, risultante dalla giurisprudenza della Corte costituzionale, costituisce un principio generale dell’ordinamento che trova applicazione tutte le volte in cui, dall’intempestivo esito del procedimento notificatorio, per la parte di questo sottratta alla disponibilità del notificante, potrebbero derivare conseguenze negative per il notificante, quale la decadenza conseguente al tardivo compimento di attività riferibile all’ufficiale giudiziario (Sez. 3, n. 10837 dell’11/05/2007; Sez. L. n. 24346 del 29/10/2013).

Nella specie, pertanto, posto che il plico era stato consegnato all’ufficio comunale il 27 dicembre 2012, la notifica dell’atto risultava assolutamente tempestiva.

Il secondo motivo è inammissibile, sotto un duplice profilo.

Per un verso, è carente di autosufficienza, non avendo il ricorrente dimostrato (o allegato alcunchè all’affermazione) di aver invano richiesto l’accesso alla (propria) documentazione bancaria: il riferimento contenuto nel ricorso, pag. 6, è del tutto generico lè testualmente riportato: “(All. n…)” n, nè è possibile sanare tale anomalia con integrazioni, aggiunte o chiarimenti contenuti nella memoria di cui all’art. 378 c.p.c., la cui funzione è quella di illustrare e chiarire le ragioni giustificatrici dei motivi debitamente enunciati nel ricorso e non già di integrare quelli originariamente inammissibili (Sez. 6-3, n. 3780 del 25/02/2015; Sez. 6-L, n. 26670 del 18/12/2014).

Per altro verso, non è provata la decisività di tale fatto per il giudizio. Il terzo motivo è infondato.

La CTR ha dedotto l’assoggettabilità all’IRAP sulla scorta della collaborazione di studio da parte del coniuge, anch’essa avvocato. La valutazione appare corretta, sulla scorta della più recente giurisprudenza di questa Suprema Corte (Sez. U., n. 9451 del 10/05/2016) e del fatto che l’esercizio di una professione liberale, anche a scopo puramente collaborativo e senza un formale rapporto di associazione, è indice sintomatico di una struttura organizzativa autonoma, stante il presumibile intento di avvalersi della reciproca collaborazione e competenze, ovvero della sostituibilità nell’espletamento di alcune incombenze, sì da potersi ritenere che il reddito prodotto non sia frutto esclusivamente della professionalità di ciascun componente dello studio.

Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente alla rifusione delle spese processuali in favore della controricorrente, nella misura indicata in dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio, liquidate in Euro 4.000,00, oltre oneri di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 24 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 18 gennaio 2017

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