Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11354 del 12/06/2020

Cassazione civile sez. I, 12/06/2020, (ud. 04/03/2020, dep. 12/06/2020), n.11354

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – rel. Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 8036-2018 r.g. proposto da:

(OMISSIS) s.r.l. (cod. fisc. (OMISSIS)), con sede legale in

(OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro-tempore

T.A., rappresentata e difesa, giusta procura speciale apposta in

calce al ricorso, dall’Avvocato Vincenzo Farina e dall’Avvocato

Roberto Mazzara, elettivamente domiciliata in Brindisi, Via

Lanzerotti n. 3, presso lo studio Mazzara.

– ricorrente –

contro

Curatela del fallimento (OMISSIS) s.r.l. (cod. fisc. (OMISSIS)), con

sede legale in (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro

tempore il curatore fallimentare Avv. Stefano Bardaro, rappresentata

e difesa, giusta procura speciale apposta in calce al controricorso,

dall’Avvocato Giuseppe Miccolis, presso il cui studio è

elettivamente domiciliata in Roma, alla XX Settembre n. 3;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza della Corte di appello di Lecce, depositata in

data 20.2.2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

4/3/2020 dal Consigliere Dott. Amatore Roberto.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

CHE:

1. Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Lecce ha respinto il reclamo proposto, ai sensi della L.Fall., art. 18, da (OMISSIS) s.r.l. nei confronti della curatela del fallimento della predetta società avverso la sentenza di fallimento emessa in data 20.6.2017 dal Tribunale di Brindisi, dopo la revoca da parte della medesima Corte di appello, su reclamo del P.G., della omologazione del concordato preventivo e la rimessione degli atti al tribunale.

La corte di merito ha, in primis, ricordato che: a) il decreto con il quale la Corte di Appello, in accoglimento del reclamo proposto dal P.M., aveva revocato omologazione del concordato preventivo cui era stata ammessa la (OMISSIS) s.r.l., rimettendo gli atti al Tribunale di Brindisi per la dichiarazione di fallimento, era stato emesso in data 12.05.2017; b) il fallimento della predetta società era stato dichiarato con sentenza pubblicata il 20.06.2017; c) il successivo reclamo era stato proposto in data 18.07.2017.

La corte territoriale ha dunque ritenuto che l’eccezione di giudicato interno sollevato dalla curatela fallimentare, in relazione alle questioni attinenti alla revoca della omologazione del concordato preventivo, dovesse essere risolta sulla base dei principi fissati dalla giurisprudenza di vertice di questa Corte, nei due arresti rappresentati dalle sentenze n. 27073/2016 e n. 9146/2017; che, pertanto, una volta sopravvenuto il fallimento, i motivi di impugnazione proposti contro il diniego di omologazione del concordato si traducono necessariamente in motivi di impugnazione della dichiarazione di fallimento, con la precisazione che i motivi d’impugnazione del diniego di omologazione del concordato possono non solo essere i soli motivi di gravame della sentenza di fallimento, ma debbono essere anche necessariamente riproposti conto la sentenza dichiarativa di fallimento, perchè il giudizio di reclamo L.Fall., ex art. 18, assorbe l’intera controversia relativa alla crisi di impresa; che tuttavia la soluzione offerta dalla sentenza a Sez. Un. 9146/2017 riguardava un caso diverso, ponendosi in quest’ultimo arresto la questione del rapporto tra due procedimenti di impugnazione contemporaneamente pendenti, quello, cioè, proposto con ricorso ex art. 111 Cost., comma 7, avverso il decreto della corte di appello di revoca dell’omologa del concordato preventivo e quello promosso con reclamo L.Fall., ex art. 18, avverso la sentenza dichiarativa di fallimento; che, nel caso di specie, ricorreva, invece, una situazione diversa, posto che il decreto pronunciato L.Fall., ex art. 183, non era stato investito con ricorso ex art. 111 Cost. e che, pertanto, alla data di presentazione del reclamo L.Fall., ex art. 18, (18.7.2017), non pendeva alcun provvedimento di impugnazione relativo alla revoca della omologazione del concordato preventivo; che, sulla base di quanto affermato dalle Sezioni Un. 9146/2017, se il decreto di rigetto della domanda di omologazione del concordato non è stato impugnato autonomamente nè censurato con il reclamo avverso la sentenza di fallimento, la decisione di non omologabilità del concordato diviene definitiva e il giudizio di impugnazione L.Fall., ex art. 18, verterà esclusivamente sui presupposti del fallimento; che pertanto, la proposizione delle censure riguardanti a revoca della omologazione deve avvenire nel rispetto dei termini di autonoma ulteriore impugnabilità del diniego di omologazione, vale a dire dei termini previsti per la proposizione del ricorso straordinario in cassazione ex art. 111 Cost., comma 7; che tale termine deve essere quello ordinario di sessanta giorni ex art. 325 c.p.c., a decorrere dalla data di notificazione del provvedimento ad istanza di parte ovvero, in mancanza, entro il termine decadenziale di sei mesi dalla pubblicazione del provvedimento, posto che il giudizio di omologazione si svolge con il rito camerate di cui all’art. 737 c.p.c. e che non è possibile predicare un’applicazione analogica della L.Fall., art. 131, comma 12, ovvero del diverso termine previsto dall’art. 18 per il ricorso per cassazione; che, nel caso di specie, il provvedimento emesso L.Fall., ex art. 183, in data 12.05.2017 non era stato notificato all’una parte ad istanza dell’altra, bensì solo comunicato a mezzo pec, a cura della cancelleria, dovendosi pertanto concludere che, alla data della proposizione del reclamo, era ancora ricorribile per cassazione ex art. 111 Cost. il provvedimento di diniego della omologazione, e ciò solo per violazione di legge; che, in merito, dunque, all’eccezione di violazione di legge in relazione alla L.Fall. art. 160, u.c., la proposizione del ricorso per l’ammissione alla procedura di concordato preventivo, sia pure nelle forme semplificate della c.d. domanda prenotativa, valeva senz’altro ad instaurare il procedimento per l’apertura del concordato, con ogni conseguenza ai fini dell’individuazione della disciplina applicabile ratione temporis, essendo irrilevante, a tal fine, la data del deposito della successiva proposta di concordato preventivo, in quanto integrativa del già proposto ricorso L.Fall., ex art. 161, comma 6; che tuttavia l’errore di diritto in cui era incorso il giudice del reclamo L.Fall., ex art. 183, non intaccava comunque il fondamento logico-giuridico del provvedimento dallo stesso emesso, dovendosi ritenere che i motivi posti a fondamento della revoca della omologazione del concordato preventivo continuavano a persistere, indipendentemente dalla percentuale di soddisfacimento dei creditori chirografari; che, comunque, il reclamo non conteneva alcuna specifica censura indirizzata verso la sentenza dichiarativa di fallimento, di cui la reclamante aveva chiesto la revoca solo come conseguenza dell’accoglimento del reclamo avverso le statuizioni del provvedimento di diniego della omologazione del concordato preventivo.

2. La sentenza, pubblicata il 20.2.2018, è stata impugnata da (OMISSIS) s.r.l. con ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo di censura, cui la curatela fallimentare ha resistito con controricorso, con il quale ha anche proposto ricorso incidentale condizionato.

Entrambe le parti hanno depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

CHE:

1. Con il primo motivo la società ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e n. 5, violazione e falsa applicazione della L.Fall., artt. 18, 161, 162,163, 180 e 183, nonchè dell’art. 324 c.p.c. e art. 2909 c.c. e degli artt. 24, 25 e 111 Cost., in relazione al profilo dell’ammissibilità dell’impugnazione nel merito della sentenza dichiarativa di fallimento unitamente al decreto della corte di appello di revoca della omologazione del concordato preventivo, con conseguente omesso esame delle censure di merito in relazione alla revoca della omologa del concordato e con conseguente infondatezza della eccezione di giudicato sia formale ex art. 324 c.p.c., che sostanziale ex art. 2909 c.c.. Si osserva ancora che contraddittoriamente la corte di appello, da un canto, riconosceva la possibilità di impugnare il decreto di rigetto dell’omologa unitamente alla sentenza di fallimento e, d’altro canto, affermava la preclusione del giudicato interno con riguardo ai motivi inerenti il merito della controversia. Si evidenzia che il rapporto di continenza tra la domanda di concordato e quella di fallimento avrebbe dovuto indurre il giudice del reclamo ad esaminare le censure relative all’omologabilità del concordato, censure che escludevano la ricorrenza dei presupposti per l’intervenuta dichiarazione di fallimento.

2. Con il ricorso incidentale condizionato si denuncia la violazione e falsa applicazione della L.Fall., artt. 18,183, 131 e 133, nonchè nullità della sentenza ed omesso esame di fatto decisivo, in relazione al termine applicabile per la impugnativa del provvedimento di diniego della omologazione.

3. Il ricorso principale è fondato.

La soluzione alla questione prospettata dal ricorrente va ricercata sulla base dei principi affermati nelle stesse sentenze, provenienti dalla giurisprudenza di vertice di questa Corte, richiamate nella motivazione impugnata (cfr. i due arresti rappresentati dalle sentenze n. 27073/2016 e n. 9146/2017), ma con esiti decisori diametralmente opposti a quelli raggiunti nella sentenza della corte territoriale.

3.1 Orbene, le Sezioni Unite hanno affermato, nel noto arresto rappresentato dalla sentenza n. 27073 del 28/12/2016 e per quanto qui di interesse, che il decreto con cui il tribunale definisce (in senso positivo o negativo) il giudizio di omologazione del concordato preventivo, senza emettere consequenziale sentenza dichiarativa del fallimento del debitore, ha carattere decisorio, poichè è emesso all’esito di un procedimento di natura contenziosa ed è, quindi, idoneo al giudicato, ma, essendo reclamabile ai sensi della L.Fall., art. 183, comma 1, non è definitivo e, dunque, soggetto a ricorso straordinario per cassazione ex art. 111 Cost., comma 7, il quale è, invece, proponibile avverso il provvedimento della corte d’appello conclusivo del giudizio sull’eventuale reclamo.

Sul punto, giova ricordare che, secondo l’attuale disciplina delle procedure concorsuali introdotta dalle novelle del 2006 e 2007, allorchè alla declaratoria d’inammissibilità, revoca o non omologazione del concordato si accompagni la dichiarazione di fallimento del debitore, l’impugnazione prevista – il reclamo alla corte d’appello – è unica ed ha per oggetto sia la dichiarazione del fallimento che il provvedimento negativo sul concordato, come espressamente previsto dalla L.Fall., art. 162, u.c., e L.Fall., art. 183, u.c. e come deve parimenti ritenersi, per evidenti ragioni sistematiche, anche con riguardo alla revoca dell’ammissione al concordato con contestuale dichiarazione del fallimento, ai sensi dell’art. 173, comma 2 (su cui cfr. Cass. Sez. Prima 13817/2011; così Cass. Sez. Un., n. 27073/2016, cit. supra). Avverso la decisione della corte d’appello sul reclamo è ovviamente ammesso il ricorso per cassazione.

3.2 E’ stato, altresì, precisato nell’arresto da ultimo ricordato che se un provvedimento con forma diversa dalla sentenza è soggetto a ricorso straordinario per cassazione esclusivamente allorchè è decisorio e definitivo, allora – in relazione al decreto conclusivo del giudizio di omologazione, che si apre all’esito dell’approvazione della proposta di concordato da parte della maggioranza dei creditori – è la stessa struttura del procedimento a denunciarne il carattere contenzioso, comprendendo lo stesso il contraddittorio tra parti contrapposte. Ed invero, la L.Fall., art. 180, prevede infatti la fissazione di un’udienza “per la comparizione delle parti e del commissario giudiziale”, con provvedimento che va non soltanto pubblicato a norma dell’art. 17, ma altresì “notificato, a cura del debitore, al commissario giudiziale e agli eventuali creditori dissenzienti”, i quali (nonchè “qualsiasi interessato”) “devono costituirsi almeno dieci giorni prima dell’udienza fissata” e possono proporre opposizioni. Ne consegue che il decreto del tribunale che conclude il procedimento è perciò idoneo al giudicato ed è decisorio, sia che abbia contenuto positivo – l’omologazione del concordato – sia che abbia contenuto negativo – il diniego di omologazione (così, sempre Cass. Sez. Un., n. 27073/2016, cit. supra). Ciò che ne impedisce l’impugnabilità con ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost. è, però, il difetto del requisito della definitività, nel senso di non soggezione a rimedi diversi da tale ricorso, perchè il decreto del tribunale è reclamabile alla corte d’appello ai sensi della L.Fall., art. 183 e con la conseguenza che sarà perciò il provvedimento emesso da quest’ultima all’esito del giudizio sul reclamo che, condividendo il carattere decisorio del provvedimento impugnato e non essendo a sua volta altrimenti impugnabile, potrà essere oggetto di ricorso straordinario per cassazione, pur non avendo forma di sentenza (nell’analogo istituto dell’omologazione del concordato fallimentare, del resto, la ricorribilità per cassazione del decreto della corte d’appello che conclude il giudizio di reclamo avverso il decreto del tribunale è espressamente prevista dalla legge: L.Fall., art. 131, u.c.).

3.3 Nel successivo intervento della giurisprudenza di vertice di questa Corte (cfr. Cass., Sez. U, sentenza n. 9146 del 10/04/2017), è stato ulteriormente statuito che la sopravvenuta dichiarazione del fallimento comporta l’inammissibilità delle impugnazioni autonomamente proponibili contro il diniego di omologazione del concordato preventivo e, comunque, l’improcedibilità del separato giudizio di omologazione in corso, perchè l’eventuale giudizio di reclamo L.Fall., ex art. 18, assorbe l’intera controversia relativa alla crisi dell’impresa, mentre il giudicato sul fallimento preclude in ogni caso il concordato.

3.4 E’ stato infatti ricordato nell’arresto da ultimo citato che la sentenza in precedenza resa dal massimo consesso (per come sopra riportata: Cass., sez. un., 28/12/2016, n. 27073) aveva riconosciuto l’immediata impugnabilità del decreto con cui la corte d’appello definisce (in senso positivo o negativo) il giudizio di omologazione del concordato preventivo, mentre aveva escluso l’autonoma impugnabilità del decreto con cui il tribunale dichiara l’inammissibilità della proposta di concordato, ai sensi della L.Fall., art. 162, comma 2, (eventualmente, anche a seguito della mancata approvazione della proposta, ai sensi dell’art. 179, comma 1) ovvero revoca l’ammissione alla procedura di concordato, ai sensi dell’art. 173.

3.5 Ne consegue che – riconosciuta così l’inoppugnabilità del decreto dichiarativo di inammissibilità del concordato preventivo – il giudizio di impugnazione della sopravvenuta sentenza di fallimento potrà dunque concorrere solo con il giudizio di impugnazione del decreto di rigetto della domanda di omologazione del concordato preventivo, che, benchè pronunciato senza l’immediata consequenziale dichiarazione del fallimento del debitore, è autonomamente impugnabile (così, Cass., Sez. U, n. 9146/2017, cit. supra).

E’ stato anche ricordato che, nella giurisprudenza di questa Corte, è ormai indiscusso che “la pendenza di una domanda di concordato preventivo, sia esso ordinario o con riserva, ai sensi della L.Fall., art. 161, comma 6, impedisce temporaneamente la dichiarazione di fallimento sino al verificarsi degli eventi previsti dalla L.Fall., artt. 162,173, 179 e 180, ma non rende improcedibile il procedimento prefallimentare iniziato su istanza del creditore o su richiesta del P.M., nè ne consente la sospensione” (Cass., sez. un., 15/05/2015, n. 9935). Sicchè, “non sussistendo un rapporto di pregiudizialità tecnico – giuridica tra le procedure”, il rigetto della domanda di omologazione del concordato, benchè non definitivo in quanto ancora reclamabile o comunque già impugnato, rende immediatamente possibile la dichiarazione del fallimento, che “non è esclusa durante le eventuali fasi di impugnazione dell’esito negativo del concordato preventivo” (Cass., sez. un., 15/05/2015, n. 9935). Va infatti ancora una volta ricordato che “tra la domanda di concordato preventivo e l’istanza o la richiesta di fallimento ricorre, in quanto iniziative tra loro incompatibili e dirette a regolare la stessa situazione di crisi, esiste un rapporto di continenza” (Cass., sez. un., 15/05/2015, n. 9935).

Ma una volta che sia stato dichiarato il fallimento, può solo essere impugnata la relativa sentenza, non essendo possibile che il giudizio sulla omologabilità del concordato prosegua dopo la dichiarazione del fallimento (così, sempre Cass., Sez. U, n. 9146/2017, cit. supra).

3.5 Nella giurisprudenza di legittimità si è così chiarito che, in questo caso, contro la sentenza di fallimento “l’impugnazione può essere proposta anche formulando soltanto censure avverso la dichiarazione di inammissibilità della domanda di concordato preventivo”, che peraltro non è reclamabile, secondo quanto espressamente prevede la L.Fall., art. 162, nè ricorribile per cassazione (Cass., sez. un., 28/12/2016, n. 27073).

3.6 Così, le Sezioni Un. hanno precisato che la sopravvenuta dichiarazione del fallimento rende inammissibili, e se già proposte improcedibili, le stesse impugnazioni autonomamente proponibili contro il decreto di rigetto della domanda di omologazione del concordato, perchè, “non ricorrendo un’ipotesi di pregiudizialità necessaria, il rapporto tra concordato preventivo e fallimento si atteggia come un fenomeno di consequenzialità (eventuale del fallimento, all’esito negativo della pronuncia di concordato) e di assorbimento (dei vizi del provvedimento di rigetto in motivi di impugnazione del successivo fallimento) che determina una mera esigenza di coordinamento fra i due procedimenti” (Cass., sez. un., 23/01/2013, n. 1521; per come ribadito da (così, Cass., Sez. U, n. 9146/2017, cit. supra).

3.7 Sopravvenuto il fallimento, dunque, secondo la giurisprudenza di questa Corte i motivi d’impugnazione proposti contro il diniego di omologazione del concordato si traducono necessariamente in motivi d’impugnazione della dichiarazione di fallimento, con la precisazione che i motivi di impugnazione del diniego di omologazione del concordato possono non solo essere anche i soli motivi di impugnazione della sentenza di fallimento, ma debbono essere anche necessariamente riproposti contro la sentenza di fallimento, perchè il giudizio di reclamo L.Fall., ex art. 18, assorbe l’intera controversia relativa alla crisi dell’impresa (così, Cass., Sez. U, n. 9146/2017, cit. supra).

3.8 Ne consegue che il separato giudizio di omologazione del concordato è reso improseguibile dal sopravvenuto fallimento e che “se il decreto di rigetto della domanda di omologazione del concordato non è stato impugnato autonomamente nè censurato con il reclamo avverso la sentenza di fallimento, la decisione di non omologabilità del concordato diviene definitiva e il giudizio di impugnazione L.Fall., ex art. 18, verterà esclusivamente sui presupposti del fallimento” (così, verbatim, sempre Cass., Sez. U, n. 9146/2017, cit. supra). E con la ulteriore conseguenza che “Se il decreto di rigetto, in primo o in secondo grado, della domanda di omologazione del concordato è stato a sua volta impugnato, le relative censure debbono essere riproposte nel giudizio di impugnazione della sentenza di fallimento; e il separato giudizio di omologazione del concordato diverrà improcedibile” (così, verbatim, Cass., Sez. U, n. 9146/2017, cit. supra).

3.9 Non sarebbe infatti ipotizzabile che, in accoglimento del reclamo del debitore, sia dichiarato omologabile un concordato ormai precluso dal sopravvenuto fallimento; nè sarebbe possibile la sospensione del giudizio di impugnazione della sentenza di fallimento in attesa della definizione del giudizio di omologazione, perchè le questioni relative all’omologazione sono integralmente e necessariamente assorbite nel giudizio di impugnazione della sentenza di fallimento (così, Cass., sez. un., 23/01/2013, n. 1521).

3.10 Tutto ciò premesso e chiarito, osserva la Corte come la peculiarità della vicenda processuale oggi in esame risieda – a differenza della ipotesi contemplata nell’arresto sopra citato (Cass., Sez. U, n. 9146/2017) – nella mancanza di una contemporanea pendenza dei due giudizi sopra esaminati (e cioè giudizio per la dichiarazione di fallimento e giudizio di diniego di omologazione del concordato preventivo), posto che, nella fattispecie processuale in discussione, la società debitrice decise di non impugnare direttamente (ed autonomamente) il decreto della Corte di appello salentina di diniego della omologazione emesso in data 12.5.2017, ma di proporre (come, peraltro, consentito, sulla base dei principi affermati dagli stessi arresti giurisprudenziali sopra citati: cfr., in particolare, Cass., Sez. U, n. 9146/2017) le doglianze avverso il provvedimento di diniego della omologazione nel giudizio impugnatorio L.Fall., ex art. 18, presentato nei confronti della sentenza dichiarativa di fallimento emessa dal Tribunale di Brindisi, dopo che la Corte distrettuale gli aveva rimesso gli atti, in seguito al diniego di omologazione del concordato.

Del resto, va ancora una volta ricordato che, secondo la giurisprudenza espressa da questa Corte (per come sopra puntualmente ricordata), “non sussistendo un rapporto di pregiudizialità tecnico-giuridica tra le procedure”, il rigetto della domanda di omologazione del concordato, benchè non definitivo in quanto ancora reclamabile o comunque già impugnato, rende immediatamente possibile la dichiarazione del fallimento, che non è esclusa durante le eventuali fasi di impugnazione dell’esito negativo del concordato preventivo (così, Cass., sez. un., 15/05/2015, n. 9935).

Non si discute, pertanto, nel caso in esame dei rapporti tra due diverse impugnazioni autonomamente avanzate (reclamo L.Fall., ex art. 18, avverso la sentenza di declaratoria di fallimento e impugnazione del decreto di rigetto della Corte di appello, che seguirebbe, invero, il regime processuale della impugnazione straordinaria ex art. 111 Cost., comma 7, come affermato dalle Sez. Un. 27073/2016), rapporto risolto nel senso sopra chiarito della necessaria dichiarazione di inammissibilità ovvero improcedibilità della domanda di omologazione del concordato, in presenza di una contemporanea impugnazione L.Fall., ex art. 18, della dichiarazione di fallimento, con conseguenziale assorbimento delle questioni relative alla omologazione del concordato nel predetto giudizio di impugnatorio L.Fall., ex art. 18, (così, Cass., sez. un., 23/01/2013, n. 1521); ma al contrario, si tratta di chiarire se, nell’ipotesi in cui non sia stata proposta un’autonoma impugnativa ex art. 111 Cost., comma 7, avverso il decreto di diniego della omologazione del concordato preventivo da parte della corte di merito, la società debitrice possa avanzare legittimamente (e tempestivamente) le doglianze – da proporre avverso il diniego di omologazione – nel giudizio di impugnazione della sentenza di fallimento emessa, dopo la rimessione degli atti da parte della corte di appello L.Fall., ex art. 22, comma 4.

3.11 Al quesito da ultimo evidenziato, non può che fornirsi risposta positiva, proprio sulla base dei principi affermati nell’ultimo arresto delle Sezioni Un. sopra citato (Cass., Sez. U, n. 9146/2017), e cioè sulla base dei principi di consequenzialità (eventuale del fallimento, all’esito negativo della pronuncia di concordato) e di assorbimento (dei vizi del provvedimento di rigetto del concordato in motivi di impugnazione del successivo fallimento). Con la conseguenza che, sopravvenuto il fallimento, i motivi d’impugnazione proposti contro il diniego di omologazione del concordato si traducono necessariamente in motivi d’impugnazione della dichiarazione di fallimento e con l’ulteriore precisazione che i motivi di impugnazione del diniego di omologazione del concordato possono non solo essere anche i soli motivi di impugnazione della sentenza di fallimento, ma debbono essere anche necessariamente riproposti contro la sentenza di fallimento, perchè il giudizio di reclamo L.Fall., ex art. 18, assorbe – come già sopra evidenziato – l’intera controversia relativa alla soluzione della crisi dell’impresa.

3.12 Ne consegue che risulta decisamente un fuor d’opera ragionare nei termini di verificare la tempestività della proposizione della impugnazione straordinaria, ex art. 111 Cost., comma 7, nel successivo deposito del reclamo di cui alla L.Fall., art. 18, nei confronti della sentenza dichiarativa di fallimento, come invece erroneamente argomentato dalla corte salentina, e ciò proprio in ragione del principio di assorbimento sopra ricordato.

Del resto, deve anche essere chiaro che, qualora l’imprenditore già ammesso alla procedura concorsuale minore, dovesse decidere di impugnare autonomamente, con ricorso straordinario ex art. 111 Cost., comma 7, il decreto della corte di appello di diniego o revoca della omologazione del concordato (come consentito da Cass., sez. un., 28/12/2016, n. 27073, cit. supra), allora la contemporanea pendenza del giudizio di impugnazione L.Fall., ex art. 18, determinerebbe, sempre secondo gli insegnamenti della giurisprudenza di vertice di questa Corte (Sez. Un. 27073/2016), la dichiarazione di improcedibilità della domanda di concordato, essendo sempre possibile – per quanto già sopra osservato la declaratoria di fallimento, nella pendenza delle impugnative riguardanti le vicende della domanda di concordato preventivo (così, così, Cass., sez. un., 15/05/2015, n. 9935, cit. supra); ma ciò non impedisce che l’imprenditore la cui domanda di omologazione del concordato preventivo sia stata rigettata in sede di reclamo L.Fall., ex art. 183, comma 1, di proporre le doglianze avverso il diniego di omologazione nella naturale sede impugnatoria L.Fall., ex art. 18, prevista per la contestazione della dichiarazione di fallimento.

Va, peraltro, osservato come, nel caso in esame, la corte di appello non si sia limitata a negare l’omologazione del concordato, ma, al contrario, abbia contemporaneamente rimesso gli atti al tribunale per la dichiarazione di fallimento (poi intervenuta), talchè il mezzo impugnatorio da utilizzarsi era proprio quello previsto dalla L.Fall., art. 18, avverso il provvedimento dichiarativo del fallimento, in virtù del sopra richiamato principio di assorbimento. Detto altrimenti, la strada processuale da intraprendersi era da considerarsi “segnata” dalla decisione della corte di appello di rimettere gli atti al tribunale per le determinazioni relative alla dichiarazione di fallimento, con la conseguenza che le censure da proporsi nei confronti del contemporaneo diniego di omologazione non potevano che essere presentate nella sopra ricordata sede impugnatoria.

3.13 Del resto, va anche ricordato che, per la giurisprudenza espressa da questa Corte (cfr. Cass. Sez. 1, Sentenza n. 30202 del 20/11/2019), il decreto della Corte d’appello di rimessione degli atti al Tribunale, in accoglimento del reclamo ai sensi della L.Fall., art. 22, comma 4, non ha carattere decisorio, nè definitivo, e non è quindi ricorribile per cassazione ex art. 111 Cost., dato che l’incidenza sui diritti delle parti non deriva direttamente da detto decreto, qualsiasi natura abbiano assunto le questioni sollevate in quella sede, ma dalla successiva sentenza dichiarativa di fallimento, autonomamente impugnabile L.Fall., ex art. 18, di cui il provvedimento della corte distrettuale costituisce un momento del relativo, complesso, procedimento; eventuali vizi “in procedendo” attinenti al procedimento di reclamo potranno quindi essere fatti valere in sede di impugnazione della sentenza dichiarativa di fallimento.

E ciò a conferma della non definitività del provvedimento di rimessione al tribunale per la dichiarazione di fallimento e della possibilità di rivolgere tutte le istanze di doglianza nei confronti della sentenza dichiarativa del fallimento dell’imprenditore insolvente.

3.14 Peraltro, va aggiunto che, qualora l’imprenditore in concordato dovesse decidere (legittimamente, per quanto sopra detto) di investire la corte di appello delle doglianze relative al diniego di omologazione nella sede impugnatoria L.Fall., ex art. 18, allora la decisione adottata dalla corte territoriale potrà essere impugnata con ordinario ricorso per cassazione per i vizi denunciabili in sede di giudizio di legittimità.

3.15 Se così è, allora la doglianza – in ordine alla tempestività della impugnazione ex art. 111 Cost., comma 7, avverso il provvedimento impugnato – avanzata con il ricorso incidentale condizionato deve considerarsi assorbita, e ciò proprio in ragione dell’affermata legittimità dell’impugnazione del diniego di omologazione con il ricorso L.Fall., ex art. 18.

Ne consegue l’accoglimento del ricorso principale e l’assorbimento di quello incidentale.

Le spese del giudizio di legittimità vengono rimesse alle determinazioni del giudice del rinvio.

P.Q.M.

accoglie il ricorso principale; dichiara assorbito quello incidentale; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di appello di Lecce, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 4 marzo 2020.

Depositato in Cancelleria il 12 giugno 2020

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