Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11353 del 31/05/2016


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Civile Sent. Sez. 5 Num. 11353 Anno 2016
Presidente: PICCININNI CARLO
Relatore: SCODITTI ENRICO

SENTENZA

sul ricorso 17376-2010 proposto da:
VULPINARI GREGORIO, elettivamente domiciliato in ROMA
VIA G. FERRARI 11, presso lo studio dell’avvocato
DINO VALENZA, che lo rappresenta e difende unitamente
all’avvocato FRANCO FEDOZZI giusta delega a margine;
– ricorrente contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –

Data pubblicazione: 31/05/2016

nonchè contro

AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO LOCALE DIREZIONE
PROVINCIALE DI ROVIGO;
– intimato, –

sul ricorso 26539-2012 proposto da:

VIA G. FERRARI 11, presso lo studio dell’avvocato
DINO VALENZA, che lo rappresenta e difende unitamente
all’avvocato FRANCO FEDOZZI giusta delega a margine;
– ricorrente contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende;
– controricorrente nonchè contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE DI
ROVIGO;

avverso la decisione n.

317/2009 della COMM.

TRIBUTARIA CENTRALE di VENEZIA,

depositata il

12/05/2009 e avverso il provvedimento n. 700016/2012
della AGENZIA DELLE ENTRATE di ROVIGO, depositata il
07/08/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica

VULPINARI GREGORIO, elettivamente domiciliato in ROMA

udienza del 17/05/2016 dal Consigliere Dott. ENRICO
SCODITTI;
udito per il ricorrente l’Avvocato FEDOZZI che ha
chiesto l’accoglimento;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore

r.g. 17376/10e1 rigetto del ricorso, per il n. r.g.
13k”
26539/12N/raccoglimento del ricorso.

Generale Dott. LUIGI CUOMO che ha concluso per il n.

Svolgimento del processo
Nel marzo del 1990 Vulpinari Gregorio, agente di commercio, si obbligò
all’acquisto di una unità immobiliare composta da due locali adiacenti con
destinazione commerciale-direzionale, versando un primo acconto per il quale
la società promittente venditrice emetteva fattura. Nel 1991 versò il successivo
acconto, anch’esso fatturato, cui seguì l’atto di compravendita. Venne quindi

detrazione dell’IVA relativamente all’anno 1990 per difetto di inerenza fra
l’acquisto e l’attività esercitata. Il ricorso del contribuente venne accolto dalla
Commissione Tributaria di primo grado di Rovigo. L’appello dell’Ufficio venne
accolto dalla Commissione Tributaria di secondo grado. Infine la Commissione
Tributaria Centrale – sezione di Venezia rigettò il ricorso del contribuente sulla
base della seguente motivazione.
Il requisito dell’inerenza deve “essere identificato in un rapporto di
strumentalità con l’impresa in concreto esercitata al momento della detrazione
(sebbene poi la norma non ponga alcun termine alla effettiva destinazione) e
non in un generico rapporto astrattamente identificabile con un qualsiasi altro
settore di attività, anche se sempre definibile di natura commerciale…inerente
non può essere se non un rapporto tra due utilizzazioni, una possibile (quella
del bene acquistato) e l’altra certa (quella in concreto esercitata). Altrimenti
non è possibile affermare un rapporto di Inerenza’, ma solo al più di
appartenenza ad un medesimo genere (es. attività commerciale) concetto
affatto diverso da quello di inerenza….Nella fattispecie i due immobili acquistati
furono dati sin dall’inizio in locazione a terzi ritraendone il Vulpinari una rendita
che sicuramente non aveva alcun rapporto di inerenza con l’attività in concreto
esercitata (intermediazione e rappresentanza di commercio)”.
Ha proposto ricorso per cassazione il contribuente sulla base di quattro
motivi. Resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate.
Successivamente il contribuente proponeva istanza di definizione della
presente controversia ai sensi dell’art. 39 d. I. n. 98/2011, istanza che veniva
disattesa dall’Ufficio. Il contribuente ha quindi proposto ricorso per cassazione

i

emesso avviso di accertamento nei confronti del contribuente per indebita

avverso tale diniego sulla base di due motivi. Resiste con controricorso
l’Agenzia delle Entrate.
Motivi della decisione
Va preliminarmente disposta la riunione al presente procedimento di
quello n.r.g. 26539/2012.
Con il primo motivo di ricorso avverso la sentenza della Commissione

applicazione degli artt. 19, comma 1, d.p.r. n. 633/1972, 4 e 17 sesta direttiva
77/388/CEE, ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c. Osserva il ricorrente che, alla
stregua della giurisprudenza comunitaria e di quella nazionale, ai fini del
rapporto di inerenza è sufficiente la potenziale correlabilità all’attività
d’impresa, a prescindere dalla realizzazione di qualsiasi operazione attiva, non
essendo necessaria un’immediata e concreta utilizzabilità al momento della
detrazione e potendosi collocare l’acquisto anche in una fase preparatoria
rispetto all’impiego produttivo. Aggiunge che, nelle more del trasferimento
dell’attività presso i locali acquistati, questi erano stati affittati a terzi ed infine
rivenduti al prezzo di acquisto.
Con il secondo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione degli
artt. 40, comma 2, TUIR, 19, comma 1, e 30, comma 3, lett. c) d.p.r. n.
633/1972, 4 e 17 sesta direttiva 77/388/CEE. Osserva la ricorrente che,
considerato che ai fini delle imposte dirette i beni strumentali per natura (nella
specie classificati catastalmente come C1 – negozi e botteghe) devono essere
iscritti nel registro dei beni ammortizzabili anche nel caso in cui non vengano
direttamente utilizzati dall’imprenditore, analogo trattamento deve essere
consentito ai fini IVA, e dunque deve essere permessa la detraibilità dell’IVA
pagata per l’acquisto di tali beni.
Con il terzo motivo si denuncia violazione dell’art. 112 c.p.c., ai sensi
dell’art. 360 n. 4 c.p.c. Espone la ricorrente che l’Ufficio ha ritenuto legittima la
detrazione IVA relativamente alla fattura emessa nel 1991, anno in cui il bene
era stato iscritto nel registro dei beni ammortizzabili per effetto del
trasferimento della proprietà. Osserva quindi che, non essendo stato negato
dall’Ufficio il rapporto di strumentalità per l’anno 1991, ha errato la sentenza

2

Tributaria Centrale – sezione di Venezia si denuncia violazione e falsa

impugnata nel confermare la legittimità dell’avviso per mancanza di inerenza,
laddove invece l’avviso aveva negato la detraibilità per omessa iscrizione
dell’immobile nel registro dei beni ammortizzabili.
Con il quarto motivo si denuncia contraddittorietà della motivazione ai
sensi dell’art. 360 n. 5 c.p.c. Osserva la ricorrente che la CTR, in modo
contraddittorio e non consentendo di percepire la ratio decidendi, per un verso

acquistato ad immediato servizio dell’attività svolta, per l’altro dà atto che la
norma di riferimento non pone alcun limite temporale all’effettiva destinazione
del bene.
Passando al ricorso avverso l’atto di diniego della definizione della
pendenza tributaria, con il primo motivo si denuncia omessa e insufficiente
motivazione del provvedimento impugnato ai sensi dell’art. 360 n. 5 c.p.c.
Espone il ricorrente che il diniego è stato motivato perché il valore della lite è
superiore a euro 20.000,00 ai sensi degli artt. 39 d. I. n. 98/2011 e 12 d. leg.
n. 546/1992 e che alla stregua di tale motivazione non si comprendono le
ragioni del diniego.
Con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli
artt. 39 d. I. n. 98/2011 e 16 d. leg. n. 546/1992, ai sensi dell’art. 360 n.3
c.p.c. Osserva il ricorrente che il valore di euro 20.000,00 previsto dalla legge
è al netto di interessi, indennità di mora ed eventuali sanzioni, anche alla
stregua dei chiarimenti forniti dall’Agenzia delle Entrate con la circolare 24
ottobre 2011 n. 48, e che, escluso il credito di IVA pari ad £48.934.000, il
debito di imposta ammontava a £1.416.000, oltre due sanzioni di £50.350.000
(per dichiarazione di eccedenza di imposta che si discosta di oltre 1/10 d
quella spettante) e di £600.000 (per avere presentato la dichiarazione IVA con
dichiarazioni inesatte). Aggiunge che, rilevando solo il valore del debito
d’imposta, era stato effettuato ai fini della definizione il versamento
dell’importo pari al 50% (euro 365,65) del medesimo debito.
Stante il carattere pregiudiziale, va in primo luogo esaminato il ricorso
avverso l’atto di diniego della definizione.

3

esclude il diritto alla detrazione IVA per la mancata destinazione dell’immobile

I motivi, da valutare unitariamente in quanto connessi, sono infondati.
Va premesso che il ricorso avverso il diniego di definizione della lite pendente,
che non è previsto per i motivi di cui all’art. 360, nn. 1-5, cod. proc. civ., e non
è diretto nei confronti di una sentenza o di altro provvedimento avente tale
valore sostanziale, è eccezionalmente consentito avverso il diniego opposto
dall’Agenzia delle Entrate all’istanza di condono in caso di pendenza dinanzi

25095).
La modalità di definizione prevista dall’art. 39 d.l. n. 98 del 2011, comma
12, convertito con la L. n. 111 del 2011, opera solo in relazione alle liti di
valore non superiore a euro 20.000,00 intendendosi per valore della lite, a
mente della L. n. 289 del 2002, art. 16, comma 3, lett. c), (richiamato dal D.L.
n. 98 del 2011, art. 39, comma 12), l’importo dell’imposta che ha formato
oggetto di contestazione in primo grado, al netto degli interessi, delle indennità
di mora e delle eventuali sanzioni collegate al tributo (in tal senso anche Cass.
n. 22255/2011). L’importo dell’imposta risulta di valore superiore a euro
20.000,00.
Ve evidenziato che l’Ufficio, accertato il difetto di inerenza, aveva
disconosciuto la detrazione IVA, ammontante a £48.934.000, e riconosciuto
l’esistenza di debito d’imposta pari a £1.416.000. Non era dunque solo
quest’ultimo l’importo dell’imposta oggetto di contestazione, ma anche
l’importo relativo al credito IVA disconosciuto. Corretta è quindi la motivazione
dell’atto di diniego.
Passando al ricorso avvero la sentenza, il primo ed il secondo motivo, da
valutare unitariamente in quanto connessi, sono infondati. Come chiarito d
questa Corte a proposito dei tratti caratterizzanti del sistema della detrazion
IVA attuato attraverso il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19, in relazione a beni o
servizi acquistati nell’esercizio dell’impresa, tale sistema postula una
necessaria correlazione fra i beni e i servizi acquistati e l’attività esercitata, nel
senso che essi devono inerire all’impresa, anche se si tratti di beni non
strumentali in senso proprio, purché risultino in concreto destinati alla finalità
della produzione o dello scambio nell’ambito dell’attività dell’impresa stessa,

4

alla Corte di cassazione del relativo giudizio (Cass. 26 novembre 2014, n.

con la precisazione che “il nesso oggettivo che deve sussistere tra acquisto e
impiego di beni e servizi.., non è quello di diretta e meccanica utilizzazione,
ma… si riassume in una necessaria relazione di inerenza tra la singola
operazione di acquisto e l’esercizio dell’attività economica del soggetto passivo
IVA” (Cass. n. 5987 del 1992, n. 9452 del 1997, n. 6785 del 2009, n. 3458 del
2014, n. 8628 del 2015). Ciò che deve verificarsi è in concreto l’inerenza e la

imprenditoriale, compiuta o anche solo programmata (Cass. n. 16697 del 2013
e n. 25777 del 2014). La predetta detrazione spetta quindi anche nel caso di
assenza di compimento di operazioni attive: è tale anche l’operazione
finalizzata alla costituzione delle condizioni necessarie perché l’attività tipica
possa concretamente iniziare mediante operazioni meramente preparatorie che
per definizione vengono poste in essere in una fase in cui non vi è ancora
produzione di ricavi ed anche indipendentemente dall’effettivo realizzo
successivo dell’attività tipica, non essendo necessario il collegamento tra il
diritto alla detrazione IVA sugli acquisti ed il fatto che l’investimento dia poi
luogo ad operazioni imponibili (Cass. n. 11765 del 2008). Ciò che importa è
che tali attività meramente preparatorie siano finalizzate alla costituzione delle
condizioni d’inizio effettivo dell’attività tipica dell’imprenditore (Cass. n. 7344
del 2011 e n. 13197 del 2009). Rilevando solo il nesso di effettiva inerenza
all’attività imprenditoriale, è stata ammessa la detraibilità dell’Iva in relazione
a spese sostenute per la ristrutturazione di un immobile avente catastaimente
destinazione abitativa ma, in concreto, utilizzato per lo svolgimento di attività
di affittacamere e case per vacanza (Cass. n. 8628 del 2015). Si conferma
sotto quest’aspetto l’irrilevanza della astratta classificazione catastale
dell’immobile (cui si fa invece riferimento nel secondo motivo di censura),
dovendosi dare prevalenza all’effettiva destinazione alla tipica attività
imprenditoriale. La valutazione della strumentalità di un acquisto rispetto
all’attività imprenditoriale va effettuata in concreto, tenendo conto dell’effettiva
natura del bene in correlazione agli scopi dell’impresa, non già in termini
puramente astratti. Non contrasta con tale complesso di principi di diritto la
decisione impugnata.

5

stretta strumentalità del bene acquistato rispetto alla specifica attività

Il cuore della ratio decidendi della decisione è nei seguenti passaggi
motivazionali: il requisito dell’inerenza deve “essere identificato in un rapporto
di strumentalità con l’impresa in concreto esercitata al momento della
detrazione (sebbene poi la norma non ponga alcun termine alla effettiva
destinazione)…inerente non può essere se non un rapporto tra due
utilizzazioni, una possibile (quella del bene acquistato) e l’altra certa (quella in

alcun termine in ordine alla effettiva utilizzazione, e sottolineando altresì
l’utilizzazione solo “possibile” del bene acquistato, il giudice tributario conferma
che suscettibili di detrazione sono anche gli acquisti relativi ad un’attività
imprenditoriale solo programmata o destinati ad operazioni meramente
preparatorie. Se tale è la portata del riconoscimento effettuato dalla CTR,
allora quando si parla di “rapporto di strumentalità con l’impresa in concreto
esercitata al momento della detrazione” non s’intende subordinare la
detrazione ad una attività effettivamente compiuta o alla sola esistenza di
operazioni attive, ma all’esistenza in concreto dell’inerenza e della stretta
strumentalità del bene acquistato rispetto alla specifica attività imprenditoriale.
Ciò che importa per il giudice tributario è l’effettiva connessione dell’acquisto
con l’espletamento, sia pure progettato (non ponendo termini la norma
all’effettiva destinazione), dell’attività imprenditoriale.
Per il resto la valutazione d’inerenza all’effettivo esercizio dell’impresa
spetta al giudice di merito, che apprezza le circostanze idonee a formarne il
convincimento circa l’effettiva inerenza delle operazioni passive
all’espletamento della attività imprenditoriale, anche solo progettata, all’interno
di un criterio di ripartizione che vede onerato della prova il contribuente (Cass.
n. 4157 del 2013). Trattasi di giudizio di merito insindacabile in cassazione se
correttamente motivato (Cass. n. 7808 del 2008). Il giudice tributario ha nella
specie reputato insussistente il vincolo di inerenza, valutando anche la
circostanza che “i due immobili acquistati furono dati sin dall’inizio in locazione
a terzi ritraendone il Vulpinari una rendita che sicuramente non aveva alcun
rapporto di inerenza con l’attività in concreto esercitata (intermediazione e
rappresentanza di commercio)”.

6

concreto esercitata)”. Riconoscendo che la norma sulla detrazione non pone

Il terzo motivo è inammissibile. La censura muove da un presupposto di
fatto, e cioè che l’avviso di accertamento aveva negato la detraibilità
relativamente all’anno 1990 per omessa iscrizione dell’immobile nel registro
dei beni ammortizzabili, rispetto al quale difetta l’accertamento del giudice di
merito. La valutazione del motivo implicherebbe un’indagine di merito preclusa
nella presente sede di legittimità.

contraddittorietà che avvincerebbe l’argomentazione giuridica del giudice
tributario in ordine alla spettanza del diritto alla detrazione IVA. Il vizio di
motivazione di cui all’art. 360 n. 5 c.p.c. può concernere soltanto una
questione di fatto e mai di diritto (Cass. 24 ottobre 2007, n. 22348). Peraltro,
nel corso dell’esame dei primi due motivi di censura, si è dato contezza della
coerenza, sul piano dell’argomentazione giuridica, della motivazione della
decisione impugnata.
Le spese, liquidate come in dispositivo, avuto riguardo cumulativamente
ai due ricorsi, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dispone la riunione al presente procedimento di quello n.r.g.
26539/2012; rigetta il ricorso relativo al procedimento n.r.g. 26539/2012 e
quello relativo al procedimento n.r.g. 17376/2010; condanna il ricorrente al
rimborso delle spese processuali che liquida in euro 4.352,50 per compenso,
oltre le spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il giorno 17 maggio 2016
Il consigliere

Il quarto motivo è inammissibile. Con la censura si denuncia una

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA