Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11350 del 09/05/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 09/05/2017, (ud. 09/03/2017, dep.09/05/2017),  n. 11350

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. FRASCA Raffaele – rel. Consigliere –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13499/2014 proposto da:

M.M., V.L., elettivamente domiciliati in ROMA,

VIA DELLA GIULIANA 32, presso lo studio dell’avvocato GIANCARLO

SANTORIELLO, rappresentati e difesi dall’avvocato ALESSANDRO

MOSCARDELLI;

– ricorrenti –

contro

DEUTSCHE BANK SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA EMANUELE GIANTURCO 6, presso

lo studio dell’avvocato GIANCARLO CATAVELLO, che la rappresenta e

difende;

– controricorrente –

avverso l’ordinanza n. 398/13 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 08/10/2013;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 09/03/2017 dal Consigliere Dott. RAFFAELE FRASCA.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

1. M.M. e V.L. hanno proposto ricorso per cassazione contro la s.p.a. Deutsche Bank s.p.a. avverso l’ordinanza dell’8 ottobre 2013, con cui, ai sensi dell’art. 348-bis c.p.c., la Corte d’Appello di Bologna ha dichiarato inammissibile l’appello proposto dal M. contro la sentenza n. 46 del 10 febbraio 2012, con cui il Tribunale di Reggio Emilia aveva rigettato l’opposizione, proposta dal solo M., contro un decreto ingiuntivo ottenuto solidalmente a carico suo e della V..

2. Al ricorso ha resistito con controricorso la Deutsche Bank.

3. Essendosi ravvisate le condizioni per la trattazione ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., nel testo modificato dal D.L. n. 168 del 2016, convertito, con modificazioni, dalla L. n. n. 197 del 2016, è stata formulata dal relatore designato proposta di definizione del ricorso con declaratoria di manifesta inammissibilità sotto distinti profili. Il decreto di fissazione dell’udienza camerale e la proposta sono stati notificati agli avvocati delle parti.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

1. Il Collegio condivide la proposta del relatore.

Il ricorso appare manifestamente inammissibile per tardività, giacchè l’ordinanza è stata pronunciata all’udienza dell’8 ottobre 2013 e, dunque, si intendeva comunicata alle parti in pari data, con la conseguenza che il termine di sessanta giorni dalla notificazione decorreva da quella stessa data e risultava ampiamente decorso all’atto della notificazione del ricorso (si veda Cass. (ord.) n. 25119 del 2015, secondo cui: “In caso di declaratoria di inammissibilità dell’appello ai sensi dell’art. 348 bis c.p.c., allorchè la relativa ordinanza sia stata pronunciata in udienza, il termine per proporre ricorso per cassazione avverso la sentenza di primo grado, da identificare in quello “breve” di cui all’art. 325 c.p.c., comma 2, decorre dall’udienza stessa per le parti presenti, o che avrebbero dovuto esserlo, secondo la previsione di cui all’art. 176 c.p.c.”.

2. Il ricorso è in ogni caso inammissibile per quanto riguarda la proposizione da parte della V., in quanto la medesima non risulta essere stata parte del giudizio di merito nè in primo nè in secondo grado ed una volta considerato che la posizione di coobbligata solidale riguardo all’obbligazione oggetto del decreto ingiuntivo esclude che la stessa sia parte necessaria del giudizio e, comunque, quand’anche fosse stato il contrario non l’avrebbe legittimata all’esercizio del diritto di impugnazione (Cass. n. 16534 del 2012; Cass. n. 11185 del 2003; Cass. n. 5618 del 1979).

3. Il ricorso nella sua interezza e comunque quanto alla proposizione da parte del M. è anche inammissibile, in quanto è stato proposto in una situazione e con doglianze che sono estranee a quelle per cui, secondo Cass. sez. un. n 1914 del 2016, è possibile l’impugnazione del’ordinanza ai sensi dell’art. 348-bis c.p.c..

3.1. In primo luogo, l’ammissibilità del ricorso non potrebbe essere giustificata – alla stregua di quella decisione – per il fatto che l’ordinanza venne emessa non alla prima udienza, ma alla seconda udienza, atteso che, in ragione della presentazione di una memoria deducente fatti sopravvenuti da parte dell’appellante M., il rinvio all’udienza successiva venne motivato dalla necessità di una replica dell’appellata e, dunque, fu un mero rinvio non determinato da attività di trattazione.

In ogni caso, dalla copia del verbale dell’udienza del 25 giugno 2013 si evince che la memoria venne ritenuta irrituale e se ne dispose la restituzione, mentre riguardo al documento prodotto se ne riservò l’esame e la causa venne rinviata all’udienza dell’8 ottobre 2013 ai sensi dell’art. 281-sexies c.p.c. e art. 348-ter c.p.c..

Dunque non vi fu attività di trattazione ed espressamente il rinvio venne disposto anche per la decisione ai sensi dell’art. 348-ter c.p.c..

3.2. In secondo luogo, si rileva che, per il resto, si deducono ragioni che esulano da quanto ammesso dalla citata sentenza delle Sezioni Unite.

4. Il ricorso è dichiarato inammissibile.

5. Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo ai sensi del D.M. n. 55 del 2014. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del citato art. 13, comma 1-bis.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna i ricorrenti alla rifusione alla resistente delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro duemila, oltre duecento per esborsi, ed oltre alle spese generali al 15% e agli accessori come per legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del citato art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 3, il 9 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 9 maggio 2017

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