Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11349 del 11/05/2010

Cassazione civile sez. III, 11/05/2010, (ud. 11/02/2010, dep. 11/05/2010), n.11349

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIFONE Francesco – Presidente –

Dott. FINOCCHIARO Mario – Consigliere –

Dott. SPAGNA MUSSO Bruno – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Adelaide – Consigliere –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 20974-2006 proposto da:

SERENI AUTO DI ANDREA SERENI & C SAS, (OMISSIS), in persona del

legale rappresentante pro – tempore Sig. S.A.,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ATERNO 9, presso 18 studio

dell’avvocato PELLICCIARI CLAUDIO, che la rappresenta e difende 2010

giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

C.M., (OMISSIS), elettivamente domiciliato

in ROMA, PIAZZA CAVOUR 10, presso lo studio dell’avvocato MINZI

MASSIMO, che lo rappresenta e difende giusta delega a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2103/2005 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

Sezione 3 Civile, emessa il 13/05/2005, depositata il 24/05/2005;

R.G.N. 4920/2004.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

11/02/2010 dal Consigliere Dott. GIACOMO TRAVAGLINO;

udito l’Avvocato Gianluca CAMERINI per delega avv. Claudio

PELLICCIARI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GAMBARDELLA Vincenzo che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

 

Fatto

IN FATTO

La s.a.s. Sereni Auto, nel convenire in giudizio dinanzi al tribunale di Roma C.M., espose di aver stipulato, all’esito di complesse trattative, un contratto di locazione avente ad oggetto un terreno di proprietà del convenuto da adibire ad esposizione e vendita per autovetture, previa assicurazione da parte di quest’ultimo della possibilità giuridica della destinazione convenuta.

Intraprese opere di restauro e risanamento dell’immobile, questa venivano interrotte a seguito di sequestro penale, la cui caducazione veniva subordinata alla rimessione in pristino da parte del P.M. procedente.

Pur avendo il locatore assicurata la possibilità di ottenere l’autorizzazione comunale prescritta per i lavori di manutenzione all’esito della rimessione in pristino, la società conduttrice si vedeva negare il preventivo nullaosta dell’ente parco Roma Natura, atteso l’inserimento del terreno nel perimetro di una riserva naturale.

In conseguenza dell’accertata inesistenza del requisito della destinazione ad uso commerciale dell’immobile locato, la Sereni Auto chiese la risoluzione del contratto e il risarcimento dei danni in conseguenza del grave inadempimento del locatore.

In subordine, avendo il convenuto disconosciuto l’esistenza di alcun rapporto contrattuale, la stessa Sereni propose domanda di risarcimento ex art. 1337 c.c..

Il giudice di primo grado respinse entrambe le domande.

L’impugnazione proposta dall’attrice fu rigettata dalla corte di appello di Roma.

La sentenza del giudice capitolino è stata impugnata dall’appellante con ricorso per cassazione sorretto da sette motivi.

Resiste con controricorso C.M..

Diritto

IN DIRITTO

Il ricorso è fondato.

Con il primo motivo, si denuncia il vizio di omessa motivazione su di un punto decisivo della controversia.

Il motivo merita accoglimento, in tale accoglimento dovendosi ritenere assorbite le ulteriori doglianze svolte con i motivi successivi al primo, ad eccezione del sesto, che merita separata trattazione.

Conforme a diritto è la doglianza della ricorrente nella parte in cui osserva che la deduzione da essa posta a fondamento della iniziale domanda risolutorio risarcitoria aveva ad oggetto la predicata inidoneità dell’immobile all’uso convenuto e la contestuale allegazione dell’impossibilità legale di destinare il bene all’uso pattuito (suffragando tale assunto, in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso, con la trascrizione rilevante in parte qua delle prove documentali acquisite al giudizio di merito: 11-12-13-16-17-18 del ricorso).

Risulta pertanto violato dalla corte territoriale il canone ermeneutico della ricerca dell’effettivo significato e della reale portata giuridica della domanda giudiziale, avendo il giudice territoriale sovrapposto una propria, personale ricostruzione della causa petendi e del petitum sostanziale alla reale contestazione contenuta nella domanda attorea (l’impossibilità giuridica dell’oggetto della locazione), concentrando (ma così illegittimamente spostando) la propria analisi della vicenda processuale sulla questione del conseguimento delle necessarie autorizzazioni amministrative ex post.

Merita, in argomento, di essere ricordato come la giurisprudenza di questa corte (Cass. 18886/08) si sia espressa addirittura nei sensi della nullità della convenzione negoziale, ex art. 1418 c.c., comma 2, in caso di impossibilità giuridica dell’oggetto con riferimento a contratto di locazione (o di affitto di azienda) relativo a beni che, per essere situati in una particolare zona, possono avere solo una certa destinazione e non altra. Ed è principio di diritto altrettanto consolidato (Cass. 20067/08) quello secondo il quale, in tema di locazione di bene immobile destinato ad uso diverso da abitazione, il locatore deve garantire non solo l’avvenuto rilascio di concessioni, autorizzazioni o licenze amministrative relative alla destinazione d’uso del bene immobile, ovvero la relativa abitabilità, ma, essendo obbligato a mantenere la cosa locata in stato da servire all’uso convenuto, anche il loro persistere nel tempo: ne consegue che, ove venga per qualsiasi motivo sospesa l’efficacia dei suddetti provvedimenti e il conduttore venga a trovarsi nell’impossibilità di utilizzare l’immobile per l’uso pattuito, sussiste inadempimento del locatore, che non può al riguardo addurre a giustificazione (e pretendere, conseguentemente, il pagamento del canone maturati nel periodo di inutizzabilità dell’immobile) l’illegittimità del provvedimento di sospensione adottato della P.A..

Con il sesto motivo, si denuncia il vizio di omessa motivazione su un fatto controverso decisivo per il giudizio per non avere la corte di appello ammesso mezzi di prova decisivi e rilevanti.

Il motivo è a sua volta fondato, non avendo la corte territoriale in alcun modo motivato, se non con l’apodittica considerazione di “ultroneità”, la mancata ammissione dei mezzi di prova richiesti, la cui rilevanza merita, in sede di rinvio, nuova e più approfondita valutazione all’esito dell’accoglimento del primo motivo di ricorso.

La sentenza impugnata va pertanto cassata con rinvio del procedimento ad altro giudice, che si designa nella corte di appello di Roma in altra composizione.

P.Q.M.

La corte accoglie il ricorso, cassa e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla corte di appello di Roma in altra composizione.

Così deciso in Roma, il 11 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 11 maggio 2010

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