Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11348 del 12/06/2020

Cassazione civile sez. I, 12/06/2020, (ud. 06/02/2020, dep. 12/06/2020), n.11348

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 9454/2016 proposto da:

A.G., elettivamente domiciliato in Roma, Via Pierluigi Da

Palestrina 63, presso lo studio dell’avvocato Contaldi Mario, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato Frumento Luca, giusta

procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Unicredit Spa, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, Via Di San Valentino 21, presso

lo studio dell’avvocato Carbonetti Francesco, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato Carbonetti Fabrizio, giusta procura

in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1637/2015 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 07/11/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

06/02/2020 da FIDANZIA ANDREA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale CAPASSO

LUCIO, che ha concluso per l’accoglimento;

udito l’Avvocato Sabrina Lorenzelli con delega orale per il

ricorrente, che si riporta agli atti;

udito l’Avvocato Carbonetti Fabrizio per il controricorrente, che si

riporta agli atti.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte d’Appello di Palermo, con la sentenza n. 1637 del 2015, depositata il 7 novembre 2015, in totale reiezione dell’appello proposto dal sig. A.G., ha confermato la decisione del Tribunale di Palermo che aveva respinto sia la domanda di nullità del contratto di negoziazione delle obbligazioni Cirio stipulato dall’ A. con la Banca di Roma (ora Unicredit SpA), sia la domanda subordinata di risarcimento del danno avanzata dall’investitore, sotto forma di richiesta di lucro cessante, come conseguenza dell’inadempimento degli obblighi informativi propri dell’intermediario finanziario.

Il giudice di secondo grado, dopo aver premesso che l’istituto di credito era venuto meno agli obblighi informativi sullo stesso incombenti e che, in ragione dell’estrema pericolosità dei titoli Urlo, non avrebbe potuto dar corso all’ordine telefonico (ma avrebbe dovuto richiedere l’ordine scritto), ha comunque rigettato la domanda di nullità alla luce dell’orientamento affermatosi nella giurisprudenza di legittimità con la sentenza delle Sezioni Unite n. 26724/2007, secondo cui dalla violazione degli obblighi informativi non discende la nullità del contratto ex art. 1418 c.c..

Con riferimento alla domanda risarcitoria, la Corte territoriale ha rilevato che avendo l’investitore chiesto solo la nullità (e non la risoluzione) del contratto, lo stesso non avrebbe potuto proporre la domanda di risarcimento del danno, necessariamente correlata a quella di risoluzione.

Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione A.G. affidandolo ad un unico articolato motivo.

La Unicredit s.p.a. si è costituita in giudizio con controricorso.

Entrambe le parti hanno depositato le memorie ex art. 380 bis c.p.c., comma 1.

Con ordinanza interlocutoria del 23 marzo 2017 la causa è stata rimessa in pubblica udienza.

Il ricorrente ha depositato la memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. E’ stato dedotto dal ricorrente la violazione e falsa applicazione dell’art. 1453 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e la contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Deduce il ricorrente che la sentenza impugnata si è pronunciata in senso a sè favorevole in ordine alla violazione degli obblighi informativi ed alla valutazione di adeguatezza, violazioni che erano state dallo stesso evidenziate anche con la domanda di risarcimento del danno, come poteva evincersi dalle 11 e 12 dell’atto di appello. Nè può sostenersi che la domanda di risarcimento presupponga necessariamente quella di risoluzione contrattuale, come emerge dall’art. 1453 c.c., comma 1, che consente di formulare la richiesta di risarcimento del danno anche in difetto di una domanda di risoluzione contrattuale.

2. Il motivo è fondato.

Va preliminarmente disattesa l’eccezione di giudicato sollevata dall’istituto di credito sul rilievo che la statuizione di rigetto del giudice di primo grado sulla domanda risarcitoria non avrebbe formato oggetto di un valido motivo d’appello.

In particolare, secondo la Banca, l’ A. si sarebbe limitato a riproporre le conclusioni già formulate in primo senza svolgere alcuna argomentazione a sostegno della richiesta di revisione della decisione del Tribunale sul punto: in sostanza, l’ A. avrebbe omesso di illustrare il proprio motivo d’appello.

Questo Collegio non condivide l’impostazione dell’istituto di credito. Da un attento esame delle argomentazioni svolte in appello dal ricorrente – riportate in ossequio al principio di autosufficienza nel ricorso per cassazione – emerge che il sig. A. non si era, in realtà, limitato ad una mera riproposizione in appello della domanda risarcitoria senza l’illustrazione del motivo.

Se è pur vero che la violazione degli obblighi informativi era stata invocata, in via principale, dall’investitore allo scopo di ottenere la declaratoria di nullità degli ordini di investimento (e ciò in conformità all’orientamento di una parte di giurisprudenza di merito prima dell’intervento delle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 26724/2007), tuttavia, il ricorrente aveva espressamente sottoposto al vaglio devolutivo della Corte di appello anche la domanda di risarcimento del danno. Infatti, come emerge dal passaggio dell’atto di appello (alle pagg. 11 e 12: ” viene sottoposta al vaglio devolutivo dell’Ecc.ma Corte la domanda di risarcimento del danno, stante le evidenziate plurime violazioni, rimarcandosi la conseguita prova del danno subito dall’esponente (costituente oltretutto dato di comune esperienza) e nel nesso eziologico tra tali violazioni ed il danno: ove l’istituto avesse rispettato le previsioni di legge e regolamentari Consob alcuna operazione sarebbe stata posta in essere (perchè impedita dalla Banca oppure perchè non autorizzata dal cliente che si sarebbe ben guardato dal porre la sua approvazione sui disclaimer denuncianti il conflitto di interessi e la inadeguatezza. E poi appena il caso di rammentare che, proprio avuto riguardo alla pretesa risarcitoria, vale la regola che onera l’intermediario della prova della specifica diligenza sul proprio operato ex art. 24 T.U.F. “), l’appellante, oltre ad aver richiamato le considerazioni relative alle “evidenziate plurime violazioni” agli obblighi informativi, già svolte nella parte dell’atto di appello in cui aveva richiesto la declaratoria di nullità, ha illustrato il fondamento della domanda risarcitoria attraverso l’analisi degli altri presupposti, ovvero il danno ed il nesso eziologico tra “tali violazioni” (e quindi l’inadempimento) ed il danno, evidenziando che ove l’istituto avesse rispettato le previsioni di legge e regolamentari nell’adempimento degli obblighi informativi nessuna operazione sarebbe stata posta in essere.

Non vi è dubbio quindi che il ricorrente abbia, in modo implicito, ma inequivocabile, illustrato il proprio motivo d’appello relativo alla domanda subordinata di risarcimento dei danno per inadempimento contrattuale.

Accertata l’infondatezza dell’eccezione di giudicato sollevata dalla Banca, è, invece, fondata la doglianza del ricorrente secondo cui la Corte d’Appello ha errato nel ritenere che la domanda di risarcimento del danno dovesse essere necessariamente correlata a quella di risoluzione contrattuale.

In particolare, il legislatore, con l’inciso “salvo, in ogni caso, il risarcimento del danno”, contenuto nell’art. 1453 c.c., comma 1, ha voluto evidenziare l’autonomia dell’azione di risarcimento del danno rispetto a quella di risoluzione contrattuale, con la conseguenza che ove – come nel caso di specie – la domanda di risarcimento del danno sia stata proposta, il giudice è tenuto ad esaminarla.

Va data continuità, pertanto, al principio di diritto che questa Corte ha già affermato (Sez. 3, Sentenza n. 23820 del 2010) e secondo cui la domanda di risarcimento dei danni per inadempimento contrattuale può essere proposta congiuntamente o separatamente da quella di risoluzione, giacchè l’art. 1453 c.c., facendo salvo in ogni caso il risarcimento del danno, esclude che l’azione risarcitoria presupponga il necessario esperimento dell’azione di risoluzione del contratto, con la conseguenza che non può ritenersi implicita nella proposizione della domanda risarcitoria quella, autonoma, di risoluzione del contratto. Deve pertanto essere cassata la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’Appello di Palermo, in diversa composizione, per nuovo esame e per statuire sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso e, per l’effetto, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’Appello di Palermo, in diversa composizione, per nuovo esame e per statuire sulle spese del giudizio di legittimità.

“Si dà atto che il presente provvedimento è sottoscritto dal solo presidente del collegio per impedimento dell’estensore, ai sensi del D.P.C.M. 8 marzo 2020, art. 1 comma 1 lett. a)”.

Così deciso in Roma, il 6 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 12 giugno 2020

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