Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11348 del 11/05/2010

Cassazione civile sez. III, 11/05/2010, (ud. 01/02/2010, dep. 11/05/2010), n.11348

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VARRONE Michele – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –

Dott. TALEVI Alberto – rel. Consigliere –

Dott. URBAN Giancarlo – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

AZIENDA AGRARIA LE MANDRIE DI SILVESTRI PAOLA & C SNC, (OMISSIS),

in persona del suo legale rappresentante pro tempore signor D.

F., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA MARTIRI DI

BELFIORE 2, presso lo studio dell’avvocato COLETTI PIERFILIPPO, che

la rappresenta e difende unitamente all’avvocato NEGRINI BRUNO giusta

delega in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

S.M.L., (OMISSIS), elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA BARBERINI 12, presso lo studio dell’avvocato

D’IPPOLITO MARIA BEATRICE, rappresentata e difesa dall’avvocato

BACINO GUIDO giusta delega a margine del controricorso;

– controricorrente –

e contro

T.M., T.C., T.G.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 94/2005 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA,

emessa il 14/4/2005, depositata il 16/06/2005; R.G.N. 249/2002;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

01/02/2010 dal Consigliere Dott. TALEVI Alberto;

udito l’Avvocato Pierfilippo COLETTI;

udito l’Avvocato Guido BACINO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

LECCISI Giampaolo che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Nell’impugnata decisione lo svolgimento del processo è esposto come segue.

…Con contratto del (OMISSIS), rogato dal notaio Pettinacci di Assisi, la signora C.E.A., vendeva all’Azienda Agraria le Mandrie di Silvestri Paola s.n.c. tutte le porzioni di sua proprietà (quattro negozi ed accessori siti al piano terra) del più vasto immobile sito in (OMISSIS) per il prezzo complessivo di L. 760.000.000.

Prima di stipulare il contratto di compravendita la C. non riteneva di notificare la proposta di acquisto ai conduttori dei singoli negozi ritenendo che, dovendosi ravvisare l’ipotesi della vendita in blocco di tutta la sua proprietà, non spettasse a costoro il diritto di prelazione. Con citazione notificata in data 30.4.1996, però, la signora S.M.L., conduttrice di uno dei negozi venduti, alla quale l’acquirente aveva comunicato con lettera del 30.1.1996 di essere la nuova proprietario, conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Perugia l’Azienda Agraria Le Mandrie al fine di esercitare il diritto di riscatto previsto dalla L. n. 392 del 1978, art. 39.

Deduceva che non si era trattato di vendita in blocco bensì di vendita di più porzioni di immobile con un unico atto; il che non escludeva il diritto di prelazione spettante al conduttore. Non essendo stata essa posta in grado di esercitare il diritto di prelazione, aveva, dunque, diritto di riscattare il negozio condotto in locazione per il prezzo da determinare.

Chiedeva, altresì, la condanna della convenuta alla restituzione dei canoni nel frattempo corrisposti.

L’Azienda Agraria Le Mandrie, costituendosi in giudizio, contestava la pretesa dell’attrice argomentando che nel caso di specie si trattava di vendita in blocco, così come provato dal fatto che il prezzo era stato determinato unitariamente per tutte le porzioni vendute e che – come precisato nello stesso atto – la C. aveva intesto vendere tutto quanto da lei acquistato in data (OMISSIS), rappresentato all’epoca da un solo locale ad uso negozio al piano terra ed un locale ad uso magazzino ai piano sottostrada, che soltanto successivamente la stessa C. aveva provveduto a frazionare in quattro distinti locali ad uso negozio. A dire della convenuta la domanda della S. non era, dunque, soltanto infondata ma anche temeraria.

Nel giudizio interveniva anche la C. per sostenere le ragioni della convenuta.

Con sentenza del 10.5.2001 (depositata il 4.7.2001) il Tribunale accoglieva la domanda e condannava le convenute al pagamento delle spese processuali sostenute dall’attrice nonchè, la soia Azienda Agraria Le Mandrei, alla restituzione dei canoni di locazione nel frattempo percepiti.

Il prezzo di riscatto, da versare entro tre mesi dal passaggio in giudicato della sentenza, veniva determinato in conformità a quanto accertato dal C.T.U., in L. 108.609.600 (nel dispositivo originario veniva indicata la somma di L. 108.609.600, poi corretta con provvedimento del 5.1.2001).

Perveniva a tale decisione ritenendo ravvisabile l’ipotesi della vendita di porzioni di immobile con il medesimo atto e non di vendita in blocco, considerato che le singole porzioni, sia sotto il profilo catastale che strutturale e funzionale rappresentavano beni distinti.

Riteneva corretto l’operato del C.T.U. il quale, avendo accertato che il prezzo complessivo era stato determinato in base alle rendite catastali delle singole porzioni di immobile, aveva determinato la quota di prezzo imputabile ai locali oggetto di riscatto (quelli condotti in locazione dalla S.) in base alla loro rendita catastale.

Avverso la sentenza hanno proposto appello La C. e l’Azienda Agraria Le Mandrie con citazione notificata l’8.5.2002 formulando le conclusioni trascritte in epigrafe.

A fondamento dell’appello hanno posto i motivi appresso esaminati.

La S. si è costituita in giudizio chiedendo la conferma della sentenza appellata.

Questa Corte con ordinanza del 16.9.2004 ha disposto la conversione del rito ai sensi dell’art. 439 c.p.c.; all’udienza odierna, ove per proseguire la causa si sono costituiti gli eredi della C., nel frattempo deceduta, la causa è stata discussa e, quindi, decisa come in dispositivo.

Con sentenza 14.4 – 16.6.05 la Corte d’Appello di Perugia, definitivamente pronunciando, decideva come segue:

“.. conferma la sentenza pronunciata tra le parti dal Tribunale di Perugia in data 10.5.2001 (depositata il 4.7.2001) cosi come risultante dal provvedimento di correzione di errore materiale emesso dallo stesso Tribunale in data 5.11.2001;

condanna gli appellanti in solido al pagamento delle spese processuali del grado sostenute dell’appellala liquidate in Euro 150,00 per spese, Euro 1.400,28 per diritti ed Euro 4.600,00 per onorari, oltre a rimborso forfettario. CNA ed IVA come per legge.”.

Contro questa decisione ha proposto ricorso per Cassazione l’Azienda Agraria le Mandrie di Silvestri Paola & C. snc con tre motivi. Ha resistito con controricorso S.M.L..

L’Azienda Agraria le Mandrie di Silvestri Paola & C. snc ha depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

I primi due motivi di ricorso vanno esaminati insieme in quanto connessi.

Con il primo motivo (concernente la qualificazione del contratto quale “vendita cumulativa”) l’Azienda Agraria le Mandrie di Silvestri Paola & C. snc espone doglianze da riassumere nel modo seguente. La pronuncia sul punto è viziata per: – a) Omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., n. 5 con riferimento all’art. 132 c.p.c., n. 4 nonchè alla L. n. 392 del 1978, artt. 38 e 39). La Corte di Appello di Perugia ha affermato che “le porzioni di immobile venduto, oltre ad esser distinte catastalmente, lo sono sotto il profilo strutturale e funzionale (….) e non integrano, peraltro, neanche nel loro insieme, un tutto unitario, essendo porzioni di un più vasto immobile”; ma ha omesso ogni indagine sulla reale intenzione delle parti; e dal tenore dell’atto pubblico risulta la chiara volontà della signora C. di vendere – e, dall’altra parte, di acquistare – l’intero compendio immobiliare di proprietà della prima, bene unitariamente considerato e con una propria identità funzionale e strutturale. Ne possono giovare alla tesi difensiva di parte riscattante le conclusioni cui e giunto il ctu in merito alla determinazione del prezzo complessivo della compravendita (L. 760 milioni) che coinciderebbe con la capitalizzazione delle rendile catastali delle singole porzioni immobiliari, circostanza, che evidenzierebbe la loro individualità. E ciò in quanto, trattasi del c.d. “valore legale” determinato con il citato criterio di valutazione automatica che pone un limite al potere di rettifica da parte dell’Ufficio impositore. Inoltre, la Corte territoriale ha omesso ogni considerazione, nonostante precise argomentazioni sul punto, circa la esistenza di una seconda specie di “vendita in blocco” che non riguarda però l’intero edificio ma solamente una parte di esso, proprio come nel caso che ci occupa (Cass. civ. sez. 3^ 29 ottobre 200 n, 13240). – b) Violazione e falsa interpretazione di norme di legge (art. 360 c.p.c., n. 3 con riferimento alla L. n. 392 del 1978, artt. 38 e 39). La ratio della L. n. 392 del 1978, art. 38 che è quella di favorire l’acquisizione della proprietà dell’immobile da parte di chi svolge nell’immobile medesimo un’attività produttiva, prospetta un contemperamento con la posizione del locatore la cui libertà di disposizione viene ad essere compressa solo nel caso di vendita dell’immobile locato, mentre tale restrizione non si giustificherebbe, siccome eccessiva, nell’ipotesi di trasferimento di un’entità patrimoniale che, sebbene comprenda la porzione locata, costituisce un bene diverso dalle singole unità che lo compongono.

Poichè nel caso che ci occupa risulta inequivocabilmente accertata la inesistenza di tale oggettiva identità, alcun diritto di prelazione può esser riconosciuto alla conduttrice.

Con il secondo motivo la parte ricorrente denuncia “Omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., n. 5 con riferimento all’art. 132 c.p.c., n. 4 nonchè alla L. n. 392 del 1978, artt. 38 e 39)” esponendo doglianze da riassumere come segue. Il ctu ha calcolato il valore dell’immobile oggetto del riscatto locatizio capitalizzando la rendita catastale, attribuendo quindi allo stesso il c.d. “valore legale” di cui sopra già si è trattato. Senza ripetere le censure già mosse a tale metodo, applicato solamente a fini fiscali e riguardante esclusivamente i rapporti fra il contribuente e l’amministrazione finanziaria, non si comprende come i Giudici del merito abbiano potuto condividerlo appieno e addirittura fondare su di esso la motivazione di un punto cosi rilevante delle loro decisioni, il prezzo di un immobile, laddove non è possibile risalire all’effettiva volontà delle parti, è certamente determinabile con riferimento a suo valore di mercato, desunto applicando una serie di criteri ben più attendibili e reali di quello usato dal ctu.

I primi due motivi di ricorso sono privi di pregio poichè la Corte di merito ha esposto sui punti in questione una motivazione che si sottrae al sindacato di legittimità in quanto sufficiente, logica, non contraddittoria e rispettosa della normativa in questione.

In particolare, con riferimento al primo motivo, va rilevato che questa Corte, dopo aver dato rilevanza alla situazione oggettiva cfr.

ad es. Cass, Sentenza n. 20329 de 20/09/2006; “In tema di prefazione urbana, allorchè la vendila non abbia ad oggetto l’intero edificio (cosiddetta vendita in blocco), ma soltanto alcune delle unità immobiliari che ne fanno parte, ciascuna dotala di una propria autonomia, per stabilire se sussiste il diritto di prelazione ed il conseguente diritto di riscatto del conduttore di una o più unità, comprese nella vendita e locate ad uso di attività di commercio, occorre accertare se l’oggetto della compravendila, considerato nel suo complesso, costituisca o meno un compendio immobiliare che, nello stato in cui si trova, sia dotato di una propria individualità giuridica e strutturale, oggettiva ed effettiva. A tal fine, non è sufficiente che la vendita concerna tutti gli immobili di cui il locatore sia proprietario in un più ampio complesso, mentre restano irrilevanti sia il vantaggio derivante al locatore dal maggior prezzo dell’alienazione congiunta ad un unico acquirente, sia il proposito di quest’ultimo di unificare i beni successivamente all’acquisto, successivamente ha affermato (Cass. Sentenza n. 23749 del 17/09/2008): “In tema di locazione di immobili urbani e di diritto di prelazione del conduttore di immobili non adibiti ad uso abitativo, perchè si abbia vendita in blocco, con esclusione, periamo, dei diritto di prelazione del conduttore, la vendita non deve necessariamente riguardare un intero edificio (da cielo a terra) nel quale è compreso quello locato, ma è sufficiente che i vari beni alienati, tra loro confinanti, costituiscano un “unicum ” e siano venduti (o promessi in vendita) non come una pluralità di immobili casualmente appartenenti ad un unico proprietario e ceduti (o cedendi) allo stesso acquirente, ma come un complesso unitario, costituente un “quid” diverso dalla mera somma delle singole unità immobiliari. A tale riguardo l’indagine del giudice del merito non deve essere condotta solo sulla base della situazione aggettiva, di fatto, esistente al momento della vendita (o della “denuntiatio”), non potendo il giudice del merito prescindere da quello che è il tenore del contratto di vendita (o del preliminare) nonchè – in considerazione delle circostanze del caso concreto – di eventuali altri contratti che, pur se intervenuti tra soggetti parzialmente diversi, possano dirsi collegati al primo, e sulla base di questi il giudice deve apprezzare se le parti hanno o meno considerato la vendita dei vari cespiti come la vendita di un complesso unitario non frazionabile. A tal fine deve essere adeguatamente apprezzata, altresì, sia la circostanza che l’alienante potrebbe riuscire ad ottenere, vendendo tutti i beni di cui è proprietario nello stesso complesso, un maggior corrispettivo, sia l’intenzione dell’acquirente (o del promittente acquirente) di utilizzare tutti i beni acquistati per una utilizzazione che ne imponga l’accorpamento. E salva, comunque, la facoltà per il conduttore di dedurre e dimostrare, con ogni mezzo, la natura fittizia dell’operazione.”.

Nella fattispecie la Corte di Appello non si è limitata a rilevare (motivando adeguatamente) che non si è di fronte ad un “tutto unitario” dal punto di vista oggettivo; ma ha anche osservato (in modo immune da vizi, pure alla luce del principio di diritto ora riportato ed in relazione alle doglianze esposte) che il prezzo indicato in contratto “…non è che la somma delle rendite catastali delle singole porzioni vendute moltiplicate per il coefficiente previsto dalla legge…”, e che (con implicito riferimento agli altri elementi rilevanti tra cui quelli indicati nel predetto principio di diritto) “…non sussistono altri elementi obiettivamente apprezzabili di segno contrario alla configurazione di una vendita cumulativa…” (evidentemente – pur se implicitamente – sostenendo tra l’altro che le singole porzioni avevano continuato a rappresentare beni ben distinti sotto il profilo catastale, strutturale e funzionale da prima della vendita a dopo la stessa;

anche nel senso che nulla indiceva a ritenere che l’acquirente intendesse utilizzare i beni per una destinazione che ne imponesse il loro accorpamento).

Insomma detto Giudice non si è limitato ad un giudizio meramente oggettivo, ma ha valutato tutte le risultanze emergenti dalle risultanze processuali e rilevanti. Ha dunque sostanzialmente fatto buon uso del principio di diritto suddetto, e non è incorso nei vizi logici denunciati.

Con particolare riferimento al secondo motivo va rilevato che la motivazione (peraltro ineccepibile dal punto di vista logico e giuridico) della Corte non è stata oggetto di doglianze specifiche (aventi cioè realmente e ritualmente ad oggetto le argomentazioni contenute nella sentenza), si è dunque di fronte a censure inammissibili prima ancora che prive di pregio (anzitutto in diritto).

Con il terzo motivo (concernente la condanna alla restituzione dei canoni) l’Azienda Agraria le Mandrie di Silvestri Paola & C. snc denuncia vizi per Violazione e falsa interpretazione di norme di diritto (art. 360 c.p.c., n. 3 con riferimento all’art. 1499 c.c. nonchè alla L. n. 392 del 1978, artt. 38 e 39) nonchè per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., n. 5 con riferimento all’art. 132 c.p.c., n. 4)” lamentando che la Corte territoriale, sul semplice presupposto dell’effetto retroattivo della sentenza alla data della domanda di riscatto, ha condannato l’Azienda deducente alla restituzione dei canoni di locazione percepiti, omettendo ogni ulteriore motivazione; dimenticando però che, secondo la costante giurisprudenza di legittimità, il conduttore riscattante, fino al conseguimento del diritto dominicale, detiene l’immobile non a titolo di proprietà, ma in forza del contratto di locazione. Rileva inoltra la ricorrente che erra il Giudice d’Appello quando afferma al penultimo capoverso della motivazione, riferendosi alla condizione della deducente (condannata a restituire i canoni della locazione pagati dal conduttore per la fruizione del bene in pendenza del giudizio e di cui non ha ancora percepito il prezzo del riscatto):

“La parte convenuta soccombente nel giudizio per il riscatto non può, del resto, imputare che alla propria condotta il differimento nella percezione del prezzo del riscatto in quanto, se non si fosse opposta, lo avrebbe percepito subito”.

Il terzo motivo di ricorso è fondato.

Infatti la Corte di merito sembra affermare (confermando la sentenza di primo grado) che il conduttore riscattante (quando vi sia stata opposizione al riscatto, come nella fattispecie) deve versare il prezzo entro tre mesi dal passaggio in giudicato della sentenza che definisce il giudizio, ma ha il diritto di cessare il pagamento dei canoni dal momento della domanda introduttiva del giudizio di primo grado; e ciò in quanto la data di trasferimento della proprietà dell’immobile andrebbe retroattivamente individuata in quest’ultimo momento (con la conseguenza che da quest’ultima data non sarebbero dovuti canoni).

Tale assunto in diritto non è esatto.

Va infatti ribadito il seguente principio di diritto (violato nel l’impugnata decisione): Il conduttore di immobile destinato ad uso diverso da quello di abitazione, il quale, a seguito della violazione del diritto di prelazione di cui è titolare, abbia esercitato il riscatto, è tenuto a corrispondere il canone di locazione un terzo acquirente (il quale è subentrato nella medesima posizione del locatore alienante, in conformità al principio generale enunciato dall’art. 1602 c.c.) in pendenza del relativo giudizio, al cui esito favorevole soltanto consegue l’acquisto detta proprietà dell’immobile locato”. (Cass. Sentenza n. 300 del 15/01/1991; il principio predetto è stato indirettamente ribadito dalle seguenti sentenze: Cass n. 19156 del 29/09/2005: “Il conduttore di immobile urbano adibito a uso non abitativo, che ai sensi della L. 27 luglio 1978, n. 392, art. 39 ha esercitalo il diritto di riscatto del bene, alienato a un terzo in violazione del suo diritto di prelazione, e che ha coni innato anche dopo l’alienazione a detenere l’immobile in forza del contratto di locazione, deve nei termini di legge corrispondere al ritrattato il solo prezzo e non anche interessi compensativi sullo stesso, in analogia con la disposizione contenuta nell’art. 1499 c.c., poichè la detenzione e il godimento della cosa hanno il loro titolo nel pagamento dei canoni, corrisposti in forza del rapporto di locazione”. e Cass. conforme n 5913 del 20/04/2001;

cfr. anche la recentissima Cass. Sentenza n. 699 del 19/01/2010).

Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto (detta situazione in fatto apparendo pacifica) questa Corte Suprema può e deve decidere la causa nel merito ex art. 384 c.p.c.; annullando la condanna (così come pronunciata dal Giudice di primo grado e confermata dal giudice di secondo grado) della Azienda Agraria Le Mandrie a restituire i canoni di locazione nel frattempo corrisposti dalla S..

Considerato che la giurisprudenza e fa dottrina non hanno sempre esposto opinioni coincidenti con riferimento alle problematiche sopra considerate, sussistono giusti motivi per compensare le spese del giudizio di primo grado, del giudizio di secondo grado e del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

LA CORTE Rigetta i primi due motivi di ricorso; accoglie il terzo motivo di ricorso; decidendo nel merito, annulla la condanna della Azienda Agraria Le Mandrie a restituire i canoni di locazione nel frattempo corrisposti dalla S.. Compensa le spese del giudizio di primo grado, del giudizio di secondo grado e del giudizio di cassazione.

Così deciso a Roma, il giorno 1 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 11 maggio 2010

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