Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11348 del 09/05/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 09/05/2017, (ud. 09/03/2017, dep.09/05/2017),  n. 11348

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. FRASCA Raffaele – rel. Consigliere –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9769/2014 proposto da:

C.V., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE VATICANO

48, presso lo studio dell’avvocato DEMETRIO FENUCCIU, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

C.L., C.A., C.S., SVA SOCIETA’

SVILUPPO ALBERGHIERO SRL;

– intimati –

avverso la sentenza n. 289/2013 della CORTE D’APPELLO di SALERNO,

depositata il 29/11/2013;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 09/03/2017 dal Consigliere Dott. RAFFAELE FRASCA.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

1. C.V. ha proposto ricorso in Cassazione contro C.L., C.A. e C.S., nonchè contro la Sva s.r.l. avverso la sentenza del 29 novembre 2013, con cui la Corte d’Appello di Salerno, provvedendo su una controversia locativa, accoglieva l’appello proposto dagli intimati C. avverso la sentenza resa in primo grado con il n. 48/2011 dal Tribunale di Amalfi.

2. Nessuno degli intimati ha resistito.

3. Essendosi ravvisate le condizioni per la trattazione ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., nel testo modificato dal D.L. n. 168 del 2016, convertito, con modificazioni, dalla L. n. n. 197 del 2016, è stata formulata dal relatore designato proposta di definizione del ricorso principale con declaratoria di inammissibilità ai sensi dell’art. 366 c.p.c., n. 3. La proposta ed il decreto di fissazione dell’adunanza sono stati notificati all’avvocato del ricorrente.

4. Parte ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

1. Il Collegio condivide la valutazione di inammissibilità del ricorso formulata dalla proposta del relatore.

Il ricorso è inammissibile in quanto risulta vistosamente violato il requisito dell’esposizione sommaria del fatto, di cui all’art. 366 c.p.c., n. 3.

Queste le ragioni.

Il ricorso è così strutturato: a) dopo aver provveduto nella prima pagina all’indicazione delle parti e della sentenza impugnata, da pag. 1 a pag. 3 il ricorrente trascrive l’atto di citazione per convalida di sfratto, cui fa seguito la trascrizione dell’ordinanza di convalida; b) da pag. 3 a pag. 7 si riporta l’atto di intervento volontario spiegato dagli odierni resistenti; c) da pag. 8 a pag. 13 si riporta la sentenza di primo grado; d) da pag. 13 a pag. 27 si trascrive integralmente l’atto di appello; e) da pag. 28 a pag. 30 si trascrive l’atto di costituzione in appello dell’odierno ricorrente; f) da pag. 31 a pag. 35 si riporta la sentenza d’appello impugnata.

La struttura del ricorso risulta pertanto del tutto inidonea a soddisfare il requisito di cui dell’art. 366 c.p.c., n. 3: e infatti, le 35 pagine apparentemente dedicate all’esposizione sommaria del fatto, in realtà constano della mera riproduzione testuale degli atti processuali succedutisi nel corso dei diversi gradi di giudizio.

Nella proposta sono stati evocati i precedenti di cui a Cass. sez. un. n. 5698 del 2012 ed a Cass. n. 3385 del 2016, per giustificare la valutazione di inidoneità del modo in cui i ricorrenti hanno inteso assolvere al rispetto del requisito di cui all’art. 366, n. 3 citato.

2. Parte ricorrente, nella sua memoria, ha contestato la proposta del relatore, ma, in primo luogo, lo ha fatto senza farsi carico in alcun modo delle specifiche argomentazioni dei due precedenti da essa evocati (in particolare, riguardo a Cass. n. 3385 del 2016 ci si limita solo a dire che in quel caso erano stati riprodotti pedissequamente atti, anche tramite riproduzione fotostatica, mentre nella specie vi sarebbero stati momenti di sintesi), che il Collegio condivide pienamente.

In secondo luogo ha sostenuto che, nella specie, il rilievo di inammissibilità ai sensi dell’art. 366, n. 3, non sarebbe adeguato alla struttura della parte del ricorso dedicata al “fatto”, perchè dopo ciascuna delle parti di essa che riproducono atti processuali, sarebbe presente un intermezzo che avrebbe il valore di sintesi di ogni riproduzione, sicchè il lettore del ricorso in parte qua non avrebbe bisogno di procedere alla lettura degli atti riprodotti, ma, per percepire l’esposizione sommaria, potrebbe limitarsi alla lettura di tali intermezzi di sintesi.

L’assunto non può essere condiviso.

I brevi intermezzi esplicativi inseriti fra una riproduzione e l’altra, infatti, non contengono affatto una sintesi di quanto emergerebbe dalla riproduzione, idonea a rendere, per il lettore, inutile la lettura degli atti riprodotti.

Infatti: aa) nel primo intermezzo, a pagina 7, si allude ad un intervento dei germani C. e si dice delle loro contestazioni, ma è palese non solo che la comprensione della loro indicazione suppone comunque la sua lettura, bensì anche che suppone comunque la conoscenza degli atti precedentemente trascritti, cioè della citazione per convalida e dell’ordinanza di rilascio, e, quindi, la loro lettura, non senza che debba osservarsi che fra la riproduzione di detti atti si è omesso di riferire il tenore della costituzione della società intimata, dato che nelle ultime due righe della pagina 2, si allude solo ad essa senza dire alcunchè, mentre, prima della riproduzione dell’atto di intervento, si è omesso di riferire il tenore dell’appello; bb) nel secondo intermezzo, dopo la riproduzione della sentenza di primo grado si registra che l’intervento venne dichiarato inammissibile in quanto avvenuto all’udienza di discussione e che il Tribunale escluse la sussistenza di un litisconsorzio necessario, ma anche tali precisazioni, se non altro perchè non si dice che cosa il Tribunale decise sulla controversia per il resto, evidentemente non rendono certamente inutile la lettura della sentenza stessa; cc) nel terzo intermezzo, che viene dopo la riproduzione dell’atto di appello dei germani intervenienti e si legge alle ultime due righe della pagina 27 e nelle prime sedici della pagina successiva, ci si limita a riferire che i medesimi si lamentavano della ritenuta tardività del loro intervento e, quindi, con evocazione di una parte del loro atto, si enunciano le conclusioni da essi prese: anche qui non si vede come tali enunciazioni, appunto per il loro stesso carattere di momenti finali dei ragionamenti svolti nell’atto di appello, non suppongano, per essere comprese, in mancanza di una pur sommaria attività riassuntiva, la lettura dell’atto prima riprodotto; dd) in fine, anche l’ultimo passo che secondo il ricorrente avrebbe avuto attività esplicativa – quello presente nella pagina 36 (ma sino al rigo 14^, dato che di seguito si svolgono rilievi critici che evidenzierebbero l’erroneità della sentenza), dopo la riproduzione dell’atto di costituzione in appello del qui ricorrente e della sentenza impugnata – si limita a riferire solo che la sentenza avrebbe ritenuto inesistente il litisconsorzio necessario fra i diversi comproprietari-locatori e che ha giudicato erronea la declaratoria di tardività dell’intervento dei germani, reputando che la tardività non rilevasse al fine di svolgere mere difese: è palese che anche questo preteso passo esplicativo risulta del tutto inidoneo ad evitare per il lettore la lettura dei due atti precedentemente riprodotti.

In definitiva, non ritiene il Collegio che gli intermezzi cui si fa riferimento nella memoria esentino dalla lettura degli atti riprodotti.

3. Si rileva ancora che – com’è stato ritenuto da Cass. n. 18744 del 2016, le ragioni ampiamente argomentate in Cass. n. 3385 del 2016 ed in altra da essa richiamata, evocata dalla proposta ed ignorata dalla memoria, non sono, si badi, in contraddizione con Cass. n. 18363 del 2015, evocata dalla memoria: quella decisione, infatti, ha scrutinato un caso in cui l’esposizione del fatto risultava affidata ad un’attività argomentativa ben riconoscibile ed individuabile e cui era stata cumulata la riproduzione di una congerie di documenti (si veda, infatti, la motivazione della decisione che si esprime in questi termini: “l’esposizione sommaria dei fatti della causa (art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3) è contenuta soltanto nelle pagine 2, 3 e da 272 a 279 (riguardanti “Il precedente processo tra le medesime parti”), nonchè nelle pagine da 279 a 282 (riguardanti “Il presente processo”), per un totale di 13 pagine.”. (Cass. n. 18744 del 2016).

Nella memoria si evoca la recente Cass. n. 2861 del 2017, la quale, dopo avere dichiarato di condividere Cass. n. 3385 del 2016, legge Cass. n. 18363 del 2015 in maniera che al Collegio sembra non tenere conto di quanto appena evidenziato, reputando, quindi, che sia legittimo, in presenza di esposizione del fatto con la riproduzione di atti – della quale nella specie dà atto – di espungere gli stessi e procedere alla lettura dei motivi per valutare se ne sia possibile lo scrutinio, osservando che “resta la possibilità di espungere dall’atto processuale il coacervo dei documenti riprodotti, valutando l’autosufficienza del ricorso nelle parti rimanenti”.

Ma ciò è in manifesta contraddizione con Cass. sez. un. n. 5698 del 2012, come è stato spiegato da Cass. n. 3385 del 2016 con ampie considerazioni, cui si rinvia (si veda l’intero paragrafo 3 di detta decisione) e delle quali la memoria non si fa carico.

4. Il ricorso dev’essere, dunque, dichiarato inammissibile.

4. Non è luogo a provvedere sulle spese del giudizio di cassazione. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del citato art. 13, comma 1-bis.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla per le spese del giudizio di cassazione. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del citato art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 3, il 9 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 9 maggio 2017

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