Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11346 del 11/05/2010

Cassazione civile sez. III, 11/05/2010, (ud. 15/01/2010, dep. 11/05/2010), n.11346

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PREDEN Roberto – Presidente –

Dott. UCCELLA Fulvio – rel. Consigliere –

Dott. CHIARINI Maria Margherita – Consigliere –

Dott. LANZILLO Raffaella – Consigliere –

Dott. D’AMICO Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

M.B. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA ANAPO 29, presso lo studio dell’avvocato DI GRAVIO DARIO,

che lo rappresenta e difende giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

BANCA INTESA SAN PAOLO SPA (OMISSIS) (già SAN PAOLO-IMI)in

persona dell’Avvocato M.D., elettivamente domiciliata in

ROMA, V. AURELIANA, 2, presso lo studio dell’avvocato PETRAGLIA

ANTONIO UMBERTO, che la rappresenta e difende giusta procura speciale

del Dott. Notaio CARLO BOGGIO in TORINO 7/12/2007, rep. n. 114234;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2347/2007 della CORTE D’APPELLO di ROMA, 2^

SEZIONE CIVILE, emessa il 26/4/2007, depositata il 24/05/2007, R.G.N.

3946/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

15/01/2010 dal Consigliere Dott. FULVIO UCCELLA;

udito l’Avvocato SAITTA GIUSEPPE per delega dell’Avvocato ANTONIO U.

PETRAGLIA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

DESTRO Carlo, che ha concluso per il rigetto.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. – Con sentenza del 13 dicembre 2002 il Tribunale di Roma aveva dichiarato prescritto il credito del San Paolo-IMI di L. 70.782.414 a titolo di restituzione di un finanziamento garantito da M. B. come fidejussore assieme; ad altri.

Aveva premesso il Tribunale che la produzione della velina di un atto di intervento in una procedura espropriativa in danno del M. era inidonea a dimostrare l’effettività e l’epoca della pretesa interruzione del relativo termine e che, comunque, la copia dell’intervento era sfornita del relativo timbro di deposito.

Contro questa sentenza proponeva appello principale il San Paolo, che aveva spiegato intervento nella procedura espropriativa e appello incidentale per risarcimento danni e minore importo del debito il M..

Il San Paolo con l’atto di appello produceva certificazione rilasciata dall’ufficio esecuzione del Tribunale di Roma, da cui risultava che l’intervento aveva avuto luogo il 17 maggio 1990.

2. – La Corte di appello di Roma con sentenza del 24 maggio 2007 ha accolto parzialmente l’appello.

Avverso siffatta decisione propone ricorso per cassazione il M., affidandosi a quattro motivi.

Resiste con controricorso il San Paolo-IMI. Le parti hanno depositato memoria.

Il ricorso su istanza del M. “per la riunione dei giudizi e contestuale istanza di anticipazione dell’udienza” è stato fissato per la attuale pubblica udienza con decreto del Presidente titolare del 17 settembre 2009.

Al riguardo, osserva il Collegio che la detta istanza, come si evince anche dal decreto presidenziale di cui sopra, non va interpretata come istanza di riunione dei ricorsi affini tra loro, ma non identici, bensì solo idonea a trattare nella stessa udienza le varie impugnazioni, per cui il presente ricorso va discusso separatamente dagli altri ricorsi, vertendosi sia in esso che negli altri ricorsi di parti e questioni diverse.

Infatti, in altro ricorso si censura la sentenza n. 1089 del Tribunale di Roma emessa il 18 gennaio 2007 nel giudizio di opposizione di terzo all’esecuzione vertente tra FBS, il M. e il San Paolo IMI spa, che rimase contumace; nel ricorso (RG. n. 2712/07 e ric. inc. n. 22961/07)) si censura la sentenza del Tribunale di Roma del 18 gennaio 2007 che ha respinto l’opposizione all’esecuzione promossa dal San Paolo-IMI contro il M..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Va subito premesso che il ricorso non è inammissibile per cerne deduce il San Paolo perchè i motivi sono articolati e contengono i relativi quesiti.

1.- Con il primo motivo (falsa ed erronea applicazione degli art. 184 c.p.c. e dell’art. 345 c.p.c., comma 2 e 3 e art. 2697 c.c., – motivazione carente e contraddittoria) il ricorrente lamenta che il giudice dell’appello abbia “ritenuto che la certificazione rilasciata dall’ufficio esecuzione del Tribunale di Roma, ancorchè depositata solo in sede di gravame, possa ritenersi sottratta alla comminatoria dell’inammissibilità ex art. 345 c.p.c., comma 2, configurandosi, al contrario, l’esimente di cui ai successivi secondo e terzo comma, in quanto l’esigenza della relativa produzione – si legge nella sentenza impugnata – fosse nata solo nel secondo grado di giudizio a seguito della pronuncia del Tribunale” (p. 3 ricorso).

Questo motivo va disatteso.

A ben leggere la sentenza impugnata due sono le rationes decidendi poste a fondamento della decisione.

L’una, trascritta nel ricorso e di cui si è dato conto, l’altra nell’aver ritenuto il giudice dell’appello che tra i requisiti per cui potesse ritenersi ammissibile solo in appello tale produzione dovesse “annoverarsi il convincimento del giudice circa l’indispensabilità degli stessi (n.d.r. dei documenti non prodotti in primo grado) e che, per l’appunto, è senz’altro ravvisarsi nel caso di specie, atteso il suo carattere dirimente per l’accoglimento della prescrizione in parola” (p. 4 sentenza impugnata).

Ordunque, costituisce giurisprudenza consolidata, dopo la sentenza n. 8203/05 delle Sezioni Unite di questa Corte, quella secondo cui l’art. 345 c.p.c., comma 3, che fissa in generale il principio della inammissibilità di mezzi di prova nuovi, indica nello stesso tempo i limiti di tale regola e, quindi anche delle produzioni documentali, che possono trovare ingresso in sede di gravame, sempre che essi siano prodotti, a pena di decadenza, mediante indicazione specifica delle stesse nell’atto introduttivo del giudizio di secondo grado, a meno che la loro formazione non sia successiva e la loro produzione non sia stata resa necessaria in ragione dello sviluppo assunto dal processo.

Questi requisiti si realizzano, allorchè le parti non abbiano potuto produrre i documenti prima per causa ad esse non imputabile, ovvero il giudice si convinca della indispensabilità degli stessi, come è accaduto e si è rilevato nel caso in esame (da ultimo Cass. n. 14766/07).

Pertanto, in nessuno dei vizi denunciati sul punto è incorso il giudice dell’appello, per cui al quesito (p. 7 ricorso) che, pur presenta una certa ambiguità (v. Cass.: S.U. n. 20603/07) per come formulato, va data risposta positiva.

Peraltro, il giudice dell’appello ha posto in evidenza che il M. non aveva contestato il fatto storico dell’avvenuto deposito, ma si era limitato a negare che l’intervento del San Paolo- IMI avesse sortito la pretesa interruzione del termine di prescrizione (p. 3 sentenza impugnata) e su questo rilievo sembra tacere il ricorrente.

2.- Con il secondo motivo (violazione e falsa applicazione degli artt. 499 e 500 c.p.c., artt. 101, 185 e 292 c.p.c. – motivazione carente e contraddittoria: art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5), in estrema sintesi, il ricorrente affronta il problema dell’avvenuta o meno prescrizione, assumendo che “la domanda di intervento non ha alcuna efficacia se non è stata (come nel caso) notificata” (p. 9 ricorso, con relativo quesito).

Al riguardo, questa Corte ha avuto modo di statuire che nell’espropriazione forzata il ricorso per intervento costituisce una domanda proposta nel corso del giudizio, secondo l’espressione contenuta nell’art. 2943 cod. civ., comma 2, sicchè dal momento in cui esso è presentato al momento in cui il processo esecutivo si chiude con l’approvazione del progetto di distribuzione del ricavato che provvede sulla domanda formulata con l’intervento la prescrizione non corre, come previsto dall’art. 2045 c.c., comma 2, (Cass. n. 2770/92; Cass. n. 9679/97; Cass. n. 11794/08).

Infatti, l’intervento del creditore, per il quale atto non è necessaria la notifica, ma solo il deposito prima che sia tenuta l’udienza in cui sia disposta la vendita o l’assegnazione ai sensi degli artt. 530, 552 e 569 c.p.c., con l’indicazione del credito e del titolo di esso è equiparabile ad una domanda proposta, sia per il disposto dell’art. 499 c.p.c., sia perchè l’art. 2943 c.c., che indica gli atti interruttivi anche per il giudizio esecutivo, per la cui peculiarità il debitore non può non essere a conoscenza dell’intervento stesso.

Ne consegue che, essendo stato l’intervento dispiegato nella procedura espropriativa, come risulta dalla ammessa certificazione, la prescrizione è rimasta interrotta.

Peraltro, lo stesso ricorrente non prospetta le ragioni per le quali, dovendosi, a suo parere, applicare i principi generali in tema di intervento e di notifica, la eventuale mancata notifica avrebbe comportato l’ingiustizia della decisione, causata dalla impossibilità di difendersi a tutela dei suoi diritti, senza trascurare di ribadire che egli era a conoscenza del deposito dell’intervento come si è ricordato sopra, citando il passaggio della sentenza impugnata a p. 3.

Da quanto sopra esposto, poichè il quesito formulato è illustrato da considerazioni che chiedono solo di riscontrare attraverso l’esame degli atti, la correttezza dell’attività compiuta, va da sè che nel caso in esame esso non era e non è neppure conferente e configurabile (Cass. 19558/09).

4. – Il terzo motivo (eccezione di incostituzionalità degli artt. 499 e 500 c.p.c., art. 2943 c.c., contrasto con gli artt. 3, 24, 111 Cost.) è infondato non solo, atteso quanto per l’innanzi esposto, ma anche inammissibile perchè genericamente formulato, allorchè si rimanda “alla Corte ulteriori motivi da formulare di ufficio”(p. 12 ricorso).

A quanto è dato capire, il Collegio, che,ovviamente può sollevare di ufficio la questione incidentale di illegittimità costituzionale di una norma, è stimolato dalle considerazioni del ricorrente, onde trovare qualche altro motivo, rispetto a quelli da esso ricorrente evidenziati per sollevare la questione.

In realtà, non si rinvengono motivi per sollevare la questione, trattandosi di fattispecie, quella in esame, in piena conformità alla effettiva conoscibilità e tutelabilità giurisdizionale, che si è verificata.

Pertanto, la questione, nel caso, è inammissibile perchè irrilevante.

5. – Con il quarto motivo (omesso esame e decisione sui punti centrali della controversia formulati come appello incidentale – motivazione errata ed illogica – art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5) il ricorrente deduce che un credito verso di lui sarebbe venuto comunque a cessare per l’avvenuto pagamento da parte del fallimento Robomac, debitore principale, essendo egli solo un fideiussore.

La Banca non avrebbe dimostrato l’attualità del suo credito (p. 13- 14 ricorso con relativo quesito).

Il motivo va disatteso, in quanto è stato dimostrato che il San Paolo-IMI è successore dell’IMI in tutti i rapporti attivi e passivi dell’Istituto per effetto della fusione e, quindi, è divenuto creditore sia della Robomac che del M..

Non solo, per quanto il giudice dell’appello ha respinto nel merito la domanda del M. perchè ritenuto non provato quanto asseritamene percepito da controparte nella procedura fallimentare promossa nei confronti dell’obbligata principale – la Robomac – e non è rimasto provato il preteso carattere usurario degli interessi, ancorchè costituenti il fatto costitutivo della sua pretesa (p. 5 sentenza impugnata).

Il quesito proposto al riguardo manifesta tutta la sua incongruenza, non essendo diretto a richiedere a questa Corte di risolvere un problema di diritto, che non è rinvenibile, perchè la decisione di rigetto è fondata su mancanza di prove e non già su asseritamene erronea applicazione di principi di diritto (Cass. n. 9477/09).

Conclusivamente, il ricorso va respinto e le spese, che seguono la soccombenza, vanno liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese del presente giudizio di Cassazione, che liquida in Euro 2.500,00 di cui Euro 200,00 per spese, oltre spese generali ed accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 15 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 11 maggio 2010

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