Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11346 del 09/05/2017
Cassazione civile, sez. VI, 09/05/2017, (ud. 24/01/2017, dep.09/05/2017), n. 11346
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –
Dott. SESTINI Danilo – rel. Consigliere –
Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –
Dott. RUBINO Lina – Consigliere –
Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 1974-2016 proposto da:
P.M., P.U., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA
IGNAZIO SILONE 252 C/0 EURKAUNT, rappresentati e difesi
dall’avvocato CESARE GALLINELLI;
– ricorrenti –
M.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MAESTRO
GAETANO CAPOCCI 24, presso lo studio dell’avvocato MASSIMO LUDOVISI,
che lo rappresenta e difende;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
avverso la sentenza n. 7498/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA,
depositata il 12/02/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 24/01/2017 dal Consigliere Relatore Dott. DANILO
SESTINI.
Fatto
RILEVATO
che:
la Corte di Appello di Roma, Sez. Spec. Agraria ha confermato la sentenza di primo grado che aveva condannato i P. a risarcire al M. il danno per lucro cessante conseguente al ritardo con cui gli stessi avevano rilasciato (soltanto nell’anno 2004) un fondo già condotto in affitto agrario (con contratto scaduto nel novembre 1997);
ricorrono per cassazione i P., affidandosi a due motivi;
resiste il M. a mezzo di controricorso contenente ricorso incidentale (con cui viene riproposta la questione dell’inammissibilità/improcedibilità dell’appello).
Diritto
CONSIDERATO
che:
la controversia va decisa in relazione alla ragione più liquida, a prescindere dall’esame della questione posta dal ricorso incidentale;
i due motivi del ricorso principale (che denunciano – il primo – “difetto di motivazione” per “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio” e – il secondo – la violazione e falsa applicazione dell’art. 2043 c.c.) sono inammissibili, in quanto risultano volti -nella sostanza – a censurare la conclusione cui è pervenuta la Corte di Appello in relazione agli elementi istruttori posti a fondamento della decisione, così sollecitando un non consentito diverso apprezzamento di merito;
in particolare, deve considerarsi che:
– il primo motivo non individua specifici fatti decisivi (principali o secondari) di cui sarebbe stato omesso l’esame, ma assume che la Corte non avrebbe potuto fondare la decisione sulle risultanze della sola c.t.u.;
– il secondo motivo non individua specifiche erronee affermazioni in iure, ma evidenzia – in termini generici – l’insufficienza della prova fornita dal M., così veicolando attraverso la censura ex art. 360 c.p.c., n. 3 una inammissibile istanza di rivalutazione del merito;
il ricorso incidentale resta assorbito;
le spese di lite seguono la soccombenza;
trattandosi di ricorso esente, non sussistono le condizioni per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.
PQM
la Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso principale, assorbito l’incidentale, e condanna i ricorrenti, in solido, al pagamento delle spese di lite, liquidate in Euro 2.300,00 (di cui Euro 200,00 per esborsi), oltre rimborso spese forfettarie e accessori di legge.
Motivazione semplificata.
Così deciso in Roma, il 24 gennaio 2017.
Depositato in Cancelleria il 9 maggio 2017