Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11343 del 29/04/2021

Cassazione civile sez. lav., 29/04/2021, (ud. 03/11/2020, dep. 29/04/2021), n.11343

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – rel. Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18555-2016 proposto da:

MINISTERO DELLA DIFESA, e MINISTERO DELL’INTERNO, in persona dei

rispettivi Ministri pro tempore, rappresentati e difesi ope legis

dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domiciliano

in ROMA, ALLA VIA DEI PORTOGHESI 12;

– ricorrenti –

contro

D.S., G.R., domiciliati in ROMA, PIAZZA

CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE,

rappresentati e difesi dall’avvocato ANDREA BAVA;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 581/2016 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 04/05/2016 R.G.N. 3681/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

03/11/2020 dal Consigliere Dott. FRANCESCA SPENA.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. La Corte d’Appello di Milano, con sentenza del 26 maggio 2016 n. 581, confermava la sentenza del Tribunale della stessa sede, che aveva accolto la domanda proposta da D.S. e G.R., rispettivamente figlio e vedova del marinaio militare D.A., deceduto il (OMISSIS), unitamente ad altri militari, per la caduta da un cavalcavia dell’autobus della Marina Militare sul quale era trasportato; per l’effetto, riconosceva al militare lo status di “vittima del dovere” e condannava il MINISTERO dell’INTERNO ad inserire il suo nominativo nell’elenco di cui al D.P.R. n. 243 del 2006, art. 3, comma 3, ed a corrispondere ai familiari ricorrenti i benefici assistenziali richiesti.

2. La Corte territoriale disattendeva l’eccezione di difetto di giurisdizione sollevata dalla parte pubblica, osservando che la amministrazione non aveva alcun margine di discrezionalità per la erogazione delle prestazioni previste per le vittime del dovere e che esse avevano natura assistenziale e non erano collegate al rapporto di pubblico impiego del personale militare.

3. Nel merito, per quanto ancora in discussione, affermava che la morte del D. era avvenuta in presenza del presupposto delle “particolari condizioni ambientali ed operative”, come definite dal D.P.R. 7 luglio 2006, consistenti, in particolare, nel grave pericolo determinato dalla usura delle gomme posteriori del veicolo usato per il trasporto, così come accertato dalla Corte di Cassazione in sede penale. Inoltre sussisteva una “missione”, in quanto i militari si stavano recando a Torino per una manifestazione promossa dal COCER finalizzata alla promozione della vita e dell’ambiente militare.

4. Hanno proposto ricorso per la cassazione della sentenza il MINISTERO DELLA DIFESA ed il MINISTERO DELL’INTERNO, articolato in quattro motivi, cui hanno resistito D.S. e G.R. con controricorso, illustrato da memoria.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

5. Con decreto del Presidente aggiunto in data 22.5.2017 la decisione sulle questioni di giurisdizione è stata assegnata a questa sezione ai sensi dell’art. 374 c.p.c.

1. Con il primo motivo di ricorso le amministrazioni hanno eccepito il difetto di giurisdizione del giudice ordinario in favore del giudice amministrativo – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 1 – in relazione al D.Lgs. n. 104 del 2010, art. 7 cod. proc.amm., assumendo che la erogazione dei benefici previsti per le vittime del dovere è oggetto di discrezionalità amministrativa.

2. Con la seconda critica si deduce il difetto di giurisdizione del giudice ordinario – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 1 – sotto il profilo della inerenza dei benefici di cui trattasi al rapporto di pubblico impiego, al quale va applicata l’eccezione di cui al D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 63, comma 4, atteso che il giudice amministrativo ha giurisdizione esclusiva nei confronti dei militari.

3. I due motivi, che possono essere trattati congiuntamente per la loro connessione, devono essere disattesi in conformità al consolidato orientamento delle Sezioni Unite sulla questione in esame, secondo cui “In relazione ai benefici di cui alla L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 565, in favore delle vittime del dovere, il legislatore ha configurato un diritto soggettivo e non un interesse legittimo, in quanto, sussistendo i requisiti previsti, i soggetti di cui all’art. 1, comma 563 Legge cit., o i loro familiari superstiti, hanno una posizione giuridica soggettiva nei confronti di una P.A. priva di discrezionalità, sia in ordine alla decisione di erogare, o meno, le provvidenze che alla misura di esse. Tale diritto non rientra nell’ambito di quelli inerenti il rapporto di lavoro subordinato dei dipendenti pubblici, potendo esso riguardare anche coloro che non abbiano con l’amministrazione un siffatto rapporto, ma abbiano in qualsiasi modo svolto un servizio, ed ha, inoltre, natura prevalentemente assistenziale, sicchè la competenza a conoscerne è regolata dall’art. 442 c.p.c. e la giurisdizione è del giudice ordinario, quale giudice del lavoro e dell’assistenza sociale” (Cass. Sez. Un. 16/11/2016, n. 23300, seguita da Cass. Sez. Un. 11/04/2018, n. 8982; Cass. Sez. Un. 22/08/2019 n. 21606).

4. Con il terzo mezzo viene dedotta- in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 – la violazione e falsa applicazione della L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 564 e del D.P.R. n. 243 del 2006, art. 1, lett. b).

5. Le parti ricorrenti lamentano che la Corte territoriale abbia accordato i benefici previsti in favore delle vittime del dovere in un caso in cui non era configurabile una “missione” sia perchè l’incidente era avvenuto prima della prestazione di qualunque attività sia perchè, comunque, la stessa partecipazione alla programmata manifestazione sportiva rientrava nella attività istituzionale di rappresentanza del personale militare laddove per “missione” deve intendersi una attività diversa dai compiti ordinari del dipendente.

6. Con il quarto motivo, in via gradata, si denuncia – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – violazione e falsa applicazione della L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 564 e del D.P.R. n. 243 del 2006, art. 1, lett. c) sotto il profilo della insussistenza del presupposto delle “particolari condizioni ambientali ed operative” che, nell’assunto delle amministrazioni, non potrebbero essere individuate nell’errore umano – la negligente manutenzione dell’automezzo- ma dovrebbero consistere in un maggior rischio, rispetto a quello ordinario, ontologicamente inerente la attività in cui il dipendente è impegnato, attesa la natura della stessa. Nel caso in esame si trattava, invece, del rischio generico connesso alla circolazione dei veicoli.

7. Il terzo ed il quarto motivo, che possono essere congiuntamente trattati, sono infondati.

8. Sul significato da attribuire alle previsioni normative concernenti i due fondamentali presupposti relativi alla “missione di qualunque natura” ed alle “particolari condizioni ambientali od operative” sono intervenute più volte le Sezioni Unite di questa Corte.

9. In particolare, la sentenza n. 759/2017 ha effettuato una puntuale esegesi della normativa primaria e regolamentare, affermando che il concetto di missione di qualunque natura deve essere inteso in un senso che possa essere correlato sia ad un’attività di particolare importanza, connotata da caratteri di straordinarietà o di specialità sia ad un’attività che tale non sia e risulti del tutto ordinaria, cioè, in definitiva, rappresenti un compito, l’espletamento di una funzione, di un incarico, di una incombenza, di un mandato, di una mansione, che siano dovuti dal soggetto nel quadro dell’attività espletata.

10. Quanto al concetto di condizioni ambientali ed operative “particolari”, secondo le stesse SU, la formulazione del regolamento deve essere intesa nei limiti in cui non possa esorbitare dal rapporto con la legge e, pertanto, assegnandole un significato corrispondente a quello della legge: la quale sul punto va intesa nel senso che la condizione ambientale ed operativa “particolare” “è quella collocantesi al di fuori del modo di svolgimento dell’attività “generale”, id est “normale”, in quanto corrispondente a come l’attività era previsto si svolgesse.

11. E’ sufficiente pertanto un’evenienza che non sia contemplata dalla previsione relativa al normale modo di svolgimento di una determinata funzione.

12. Anche la riconduzione della fattispecie concreta che qui si giudica ai presupposti normativi sopraindicati risulta oggetto di una specifica valutazione delle Sez. Unite (sent. n. 15487/2017); riguardo ad altro militare deceduto nello stesso incidente le Sezioni Unite hanno confermato la statuizione di merito, di riconoscimento del beneficio, osservando trattarsi di missione ordinata dai superiori gerarchici per finalità promozionali d’Istituto nella quale si erano realizzate le condizioni straordinarie che avevano aggravato il normale rischio connesso al trasferimento, determinate dall’utilizzo di un mezzo di trasporto in pessime condizioni di manutenzione, a dispetto delle avverse condizioni metereologiche, così come accertato definitivamente in sede penale.

13. A tale indirizzo, cui ha già dato seguito la giurisprudenza di questa sezione in fattispecie relative ad altre vittime dell’incidente (Cass. sez. lav. 31 luglio 2020, n. 16569; 22 luglio 2019 n. 19676 e 19675; 05 ottobre 2018 n. 24592; 08 giugno 2018 n. 15027), va data ulteriore continuità.

14. Il ricorso deve essere conclusivamente respinto.

15. Le spese di lite del presente giudizio seguono la soccombenza dei ricorrenti e vanno liquidate come da dispositivo, con attribuzione all’avv. Bava, dichiaratosi in memoria antistatario.

16. Il giudice dell’impugnazione, ove pronunci l’integrale rigetto o l’inammissibilità o la improcedibilità dell’impugnazione, può esimersi dalla attestazione della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo del contributo unificato quando la debenza del contributo unificato iniziale sia esclusa dalla legge in modo assoluto e definitivo (Cass. SU 20 febbraio 2020 n. 4315). L’Amministrazione dello Stato, a tenore del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, mediante il meccanismo della prenotazione a debito, è esentata dal pagamento delle imposte e tasse che gravano sul processo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in Euro 200 per spese ed Euro 4.000 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge, con attribuzione.

Così deciso in Roma, il 3 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 29 aprile 2021

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