Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1134 del 22/01/2010

Cassazione civile sez. III, 22/01/2010, (ud. 03/12/2009, dep. 22/01/2010), n.1134

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PREDEN Roberto – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – rel. Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

S.G., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA G.G. BELLI

27, presso lo studio dell’avvocato ANTONELLI MARCO, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato MAURIZIO STEFANI,

giusta mandato a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

TORO ASSICURAZIONI SPA in persona del Presidente del Consiglio di

Amministrazione, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEGLI

SCIALOJA 6, presso lo studio dell’avvocato OTTAVI LUIGI, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato COLIVA GIUSEPPE, giusta

procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

e contro

B.R.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1501/2 008 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA

del 18.12.07, depositata il 24/09/2008;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

03/12/2009 dal Consigliere Relatore Dott. MASSERA Maurizio;

E’ presente il P.G. in persona del Dott. RUSSO Rosario Giovanni.

La Corte, letti gli atti depositati:

Fatto

OSSERVA

E’ stata depositata la seguente relazione:

1 – Con ricorso notificato il 16 gennaio 2009 S.G. ha chiesto la cassazione della sentenza, notificata il 17 novembre 2008, depositata in data 24 settembre 2008 dalla Corte d’Appello di Bologna, confermativa della sentenza del Tribunale che, ritenuto il concorso di colpa dell’attrice nella misura di 1/4, aveva dichiarato B.R. responsabile nella misura di 3/4 del sinistro stradale all’origine della controversia e lo aveva condannato a pagare, in solido con la Toro Assicurazioni, la complessiva somma di Euro 61.255,60.

La Toro Assicurazioni S.p.A. ha resistito con controricorso, mentre il B. non ha espletato attivita’ difensiva.

2 – I quattro motivi del ricorso risultano inammissibili, poiche’ la loro formulazione non soddisfa i requisiti stabiliti dall’art. 366 bis c.p.c..

Occorre rilevare sul piano generale che, considerata la sua funzione, la norma indicata (art. 366 bis c.p.c.) va interpretata nel senso che per, ciascun punto della decisione e in relazione a ciascuno dei vizi, corrispondenti a quelli indicati dall’art. 360 c.p.c., per cui la parte chiede che la decisione sia cassata, va formulato un distinto motivo di ricorso.

Per quanto riguarda, in particolare, il quesito di diritto, e’ ormai jus receptum (Cass. n. 19892 del 2007) che e’ inammissibile, per violazione dell’art. 366 bis c.p.c., introdotto dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 6 il ricorso per Cassazione nel quale esso si risolva in una generica istanza di decisione sull’esistenza della violazione di legge denunziata nel motivo. Infatti la novella del 2006 ha lo scopo di innestare un circolo selettivo e “virtuoso” nella preparazione delle impugnazioni in sede di legittimita’, imponendo al patrocinante in Cassazione l’obbligo di sottoporre alla Corte la propria finale, conclusiva, valutazione della avvenuta violazione della legge processuale o sostanziale, riconducendo ad una sintesi logico – giuridica le precedenti affermazioni della lamentata violazione.

In altri termini, la formulazione corretta del quesito di diritto esige che il ricorrente dapprima indichi in esso la fattispecie concreta, poi la rapporti ad uno schema normativo tipico, infine formuli il principio giuridico di cui chiede l’affermazione.

Quanto al vizio di motivazione, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilita’, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione; la relativa censura deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto), che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilita’ (Cass. Sez. Unite, n. 20603 del 2007).

3. – Con il primo motivo la ricorrente lamenta omessa o insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio. La censura, che si svolge per oltre quattro pagine con ampi riferimenti alle risultanze processuali e ripetuti apprezzamenti di fatto, non presenta in alcuna sua parte un momento di sintesi avente le caratteristiche sopra evidenziate e idoneo a circoscrivere il fatto controverso e a specificare in quali parti e per quali ragioni la motivazione della sentenza impugnata si rivelasse rispettivamente omessa ovvero insufficiente.

Con il secondo motivo la S. denuncia violazione e/o falsa applicazione degli artt. 140, 141 e 145 C.d.S..

Anche questa censura, pur formalmente prospettata sotto il profilo della violazione di norme di diritto, in realta’ insorge contro la motivazione della sentenza impugnata, dal momento che assume che le violazioni del codice della strada attribuitile sono smentite dalle risultanze istruttorie.

In ogni caso formula un quesito di diritto che si rivela assolutamente astratto, in quanto prescinde dai necessari riferimenti al caso concreto e alla motivazione della Corte territoriale, cosi’ impedendo di apprezzarne la decisorieta’.

Considerazioni del tutto analogo valgono per il terzo motivo, mediante il quale la ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione (non meglio specificate, come se si trattasse di sinonimi) degli artt. 2043 e 2054 c.c. e degli artt. 40 e 41 c.p..

Il quesito, oltre ad essere astratto, si sofferma sul comportamento di uno dei due conducenti coinvolti nel sinistro prescindendo totalmente dal comportamento dell’altro, laddove e’ insegnamento costante di questa Corte che la prova della responsabilita’ dell’uno non esclude l’esigenza che l’altro dimostri di avere fatto il possibile per evitare l’urto.

Il quesito postula l’enunciazione di un principio assoluto che contrasta con l’esigenza sopra rappresentata.

Con il quarto motivo la S. denuncia violazione o falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c..

La censura non si muove sul piano del diritto, ma su quello del fatto, come confermato dal quesito finale, con il quale si chiede alla Corte di stabilire i criteri cui il giudice di merito deve attenersi nel valutare le prove.

4.- La relazione e’ stata comunicata al pubblico ministero e notificata ai difensori delle parti;

La resistente ha presentato memoria adesiva alla relazione; nessuna delle parti ha chiesto d’essere ascoltata in Camera di consiglio;

5.- Ritenuto:

che, a seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella Camera di consiglio, il collegio ha condiviso i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione; che pertanto il ricorso va dichiarato inammissibile; le spese seguono la soccombenza;

visti gli artt. 380 bis e 385 c.p.c..

P.Q.M.

Dichiara il ricorso inammissibile. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 3.600,00, di cui Euro 3.400,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 3 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 22 gennaio 2010

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