Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11338 del 31/05/2016


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 11338 Anno 2016
Presidente: CAPPABIANCA AURELIO
Relatore: LA TORRE MARIA ENZA

SENTENZA

sui ricorso 16416-2013 proposto da;
BOVE LANFRANCO, elettivamente domiciliato in ROMA
LARGO ARENULA 34, presso lo studio dell’avvocato
GENNARO TERRACCIANO, che lo rappresenta e difende
giusta delega a margine;
– ricorrente contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende;
– resistente con atto di costituzione –

Data pubblicazione: 31/05/2016

avverso

la

sentenza

n.

26/2013

della

COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. di SALERNO, depositata il
08/01/2013;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 17/03/2016 dal Consigliere Dott. MARIA

udito per il ricorrente l’Avvocato DI BONITO per
delega dell’Avvocato TERRACCIANO che ha chiesto
raccoglimento;
udito per il resistente l’Avvocato PUCCIARIELLO che ha
chiesto il rigetto;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. PAOLA MASTROBERARDINO che ha concluso
per l’inammissibilità del ricorso.

ENZA LA TORRE;

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Svolgimento del processo
Lanfranco Bove, propone ricorso per cassazione contro la sentenza della CTR della
Campania, n.26/4/13 dep. 8 gennaio 2013. Il contenzioso ha origine dall’impugnazione
dell’avviso di accertamento per Irpef anno 2004, notificato il 19 dicembre 2009, con il
quale l’Agenzia delle entrate, su segnalazione della Corte dei conti, recuperava a
tassazione ai fini Irpef una somma (C. 182.783), qualificandola reddito imponibile,

provvedimento di irrogazione sanzioni. Il ricorrente eccepiva trattarsi di somma
corrisposta a titolo di risarcimento del danno da demansionamento, in forza di
accordo transattivo stipulato con l’Istituto autonomo case popolari, come tale non
concorrente alla formazione del reddito -ex art. 6 TUIR- ed avente causa autonoma
rispetto al rapporto di lavoro e natura di danno emergente. In particolare nell’accordo
transattivo le somme liquidate sono state qualificate quale risarcimento del danno
biologico, al netto delle ritenute. La CTP qualificava la somma in questione come lucro
cessante, con funzione di riparare la perdita di un reddito, e quindi avente natura di
reddito imponibile, con decisione confermata dalla sentenza impugnata.
La CTR, a seguito di appello interposto dal Bove con atto del 27/10/2011, confermava
la statuizione dei primi giudici, che hanno riconosciuto alla somma versata clall’IACP in
via transattiva — ancorché denominata danno biologico- la funzione di reintegrare il
danno da lucro cessante derivante dalla mancata percezione del trattamento
economico connesso alla qualifica dirigenziale (da cui il Bove era stato escluso a
seguito di procedura concorsuale, poi annullata dal TAR).
L’Agenzia delle entrate si costituisce allo scopo di partecipare all’udienza.
Motivi della decisione
1. Col primo motivo il ricorrente deduce violazione di legge e omessa motivazione (ex
art. 360 n. 3 e n. 5 c.pc.), per non avere la CTR considerato che le somme erano state
corrisposte a titolo di danno biologico e non a titolo di mancate retribuzioni. Denuncia
il mancato esame da parte della CTR dell’accordo transattivo con l’IACP e del
materiale probatorio prodotto dal ricorrente.

16416/2013 Lanfranco Bave c/ Agenzia Entrate

rientrante fra i redditi da lavoro dipendente (ex art. 51 TUIR), notificando altresì

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2. li motivo non può essere accolto.
Va escluso anzitutto che esso sia scrutinabile per “omessa motivazione su fatto
controverso e decisivo”, avanzato dal contribuente in base all’art. 360 c.p.c., n. 5, nel
testo introdotto dal D.Lgs. n. 40 del 2006. Siccome la sentenza d’appello è stata
pubblicata dopo l’11 settembre 2012, il ricorso per cassazione è, infatti, soggetto alla
più restrittiva disposizione processuale dall’art. 54, co. 1 lett. b) dl. n. 83/2012, per

un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”, invece
denunciato nella specie col terzo motivo.
Sul punto le Sezione Unite, con la sentenza n. 8053 del 7 aprile 2014, hanno chiarito
che le disposizioni sul ricorso per cassazione, di cui al D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art.
54, comma 2, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, circa il vizio denunciabile ai sensi
dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, si applicano anche al ricorso avverso la sentenza
della Commissione tributaria regionale, atteso che il giudizio di legittimità in materia
tributaria, alla luce del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 62, non ha connotazioni di
specialità. Ne consegue che il D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 3- bis, quando
stabilisce che “le disposizioni di cui al presente articolo non si applicano al processo
tributario di cui al D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546”, si riferisce esclusivamente alle
disposizioni sull’appello, limitandosi a preservare la specialità del giudizio tributario di
merito (Rv. 629829). Non v’è dubbio, pertanto che, la nuova disciplina si applichi
ratione temporis e ratione materiae anche all’odierno processo (v. Cass. n. 26860 del
2014).
Il motivo è comunque infondato. Costituisce infatti giurisprudenza consolidata
nell’ipotesi in cui sia contestata la qualificazione attribuita dal giudice di merito al
contratto intercorso tra le parti, che le relative censure, per essere esaminabili, non
possano risolversi nella mera contrapposizione tra l’interpretazione del ricorrente e
quella accolta nella sentenza impugnata — come risulta dal ricorso- ma debbono
essere proposte sotto il profilo della mancata osservanza dei criteri ermeneutici di cui
agli artt. 1362 e ss. cod. civ., ovvero dell’insufficienza o contraddittorietà della

16416/2013 Lanfranco Bave c/ Agenzra Entrate

circoscrivere l’impugnazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, al solo “omesso esame di

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motivazione. Peraltro, in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso, dette
censure debbono essere accompagnate dalla trascrizione delle clausole individuative
dell’effettiva volontà delle parti (la cui ricerca, che integra un accertamento dì fatto, è
preliminare alla qualificazione del contratto), al fine di consentire, in sede di
legittimità, la verifica dell’erronea applicazione della disciplina normativa. Il ricorrente
non ha invece riportato, con conseguente violazione del principio di autosufficienza

fine di verificare il vizio denunciato, ed ha inammissibilmente dedotto un vizio di
violazione di legge, a fronte della congrua motivazione della CTR (Cass. n. 13587 del
2010; n. 25728 del 2013).
3.

Col secondo motivo si deduce violazione di legge (art. 6 comma 2 TUIR) per avere la
CTR confermato la sottoposizione a tassazione dell’accordo transattivo con l’IACP che
ha riconosciuto una somma a titolo di risarcimento del danno biologico, che, come
tale sarebbe escluso da tassazione ai sensi della norma indicata.
Anche questo motivo va respinto.
Sul punto la CTR ha ricostruito la vicenda, affermando che la somma erogata ha avuto
la funzione di reintegrare il danno da demansionamento, e quindi per compensare il
mancato guadagno, mentre la qualificazione come “danno biologico” era intervenuta
— successivamente- nell’ambito delle trattative e delle reciproche concessioni volte
alla stipula della transazione.
Non sussiste nemmeno la dedotta incongruenza nell’avere la CTR affermato che le
somme in questione corrispondono alla originaria richiesta di differenza retributiva (di
cui alla diffida del 2002) e poi che gli importi per danno biologico e differenza
retributiva non coincidessero, essendo giustificata la misura della maggiore somma
liquidata anche con riferimento a rivalutazione e interessi.

4.

Il ricorso conclusivamente va rigettato, con conseguente condanna, in base al
principio di soccombenza, al pagamento delle spese, liquidate come in dispositivo. Si
dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento dell’ulteriore importo a
titolo di contributo unificato, ai sensi dell’art. 13, comma 1-guater del d.P.R. 30
maggio 2002, n. 115 (introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012,
n. 228.
P.Q.M.

del ricorso per cassazione, il contenuto del contratto — o le sue parti più rilevanti- al

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La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese liquidate in
€. 7.000,00 oltre spese prenotate a debito. Sussistono i presupposti per il versamento
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi dell’art. 13, comma 1-

quater del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 17 marzo 2016
i t4pnsigliere estensore

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