Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11338 del 09/05/2017
Cassazione civile, sez. VI, 09/05/2017, (ud. 22/03/2017, dep.09/05/2017), n. 11338
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –
Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –
Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –
Dott. CRUCITTI Roberta – rel. Consigliere –
Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 3787-2016 proposto da:
L.P., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DI PORTA
PINCIANA 4, presso lo studio dell’avvocato FABRIZIO IMBARDELLI che
lo rappresenta e difende unitamente e disgiuntamente all’avvocato
GIOVANNI GIOVANNELLI;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,
presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e
difende ope legis;
– resistente –
avverso la sentenza n. 1201/25/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA
REGIONALE di FIRENZE, depositata il 1/07/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 22/03/2017 dal Consigliere Dott. ROBERTA CRUCITTI.
Fatto
FATTI DI CAUSA
L.P. ricorre, con due motivi, nei confronti dell’Agenzia delle Entrate (che ha depositato atto di costituzione) avverso la sentenza, indicata in epigrafe, con cui la Commissione Tributaria Regionale, in controversia concernente avviso di accertamento relativo ad iva anno 2008, accogliendo l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate, aveva riformato la decisione di primo grado favorevole al contribuente.
Il Giudice di appello riteneva, differentemente da quanto affermato dall’A.G.O., in giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, che il contribuente fosse obbligato a versare l’Iva su due fatture oggetto di contenzioso civile e che la decisione emessa in quel giudizio non potesse avere alcun valore per la giurisdizione, in materia, delle Commissioni tributarie.
A seguito di proposta ex art. 380 bis c.p.c. e di fissazione dell’adunanza della Corte in camera di consiglio, ritualmente comunicate, il ricorrente ha depositato memoria.
Il Collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della presente motivazione in forma semplificata.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. I due motivi di ricorso, entrambi dedotti ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, sono inammissibili.
La sentenza n. 8053/14 delle S.U di questa Corte ha, infatti, chiarito, riguardo ai limiti della denuncia di omesso esame di una questio facti, che il nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, consente tale denuncia nei limiti dell’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia) e che il ricorrente, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non’abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie.
2. Nel caso in esame con i mezzi non si individuano “fatti” nell’accezione di cui sopra quanto, piuttosto, si censurano con il primp motivo l’iter logico argomentativo del giudice di merito mentre il secondo mezzo, la mancata valutazione giuridica dell’esistenza del giudicato esterno, costituito dalla decisione del Giudice dell’opposizione a decreto ingiuntivo.
3. Ne consegue il rigetto del ricorso senza pronuncia sulle spese per il mancato svolgimento di attività difensiva da parte dell’intimata.
4. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
PQM
Rigetta il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Motivazione semplificata.
Così deciso in Roma, il 22 marzo 2017.
Depositato in Cancelleria il 9 maggio 2017