Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11337 del 12/06/2020

Cassazione civile sez. trib., 12/06/2020, (ud. 28/01/2020, dep. 12/06/2020), n.11337

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 120721/2012 R.G. proposto da:

Sifar Placcati s.r.l., in persona del legale rappresentante pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. Maria Luisa Pazzaglia, con

domicilio eletto in Roma, Via Grazioli Lante, n. 16, presso lo

studio dell’Avv. Domenico Bonaiuti, giusta procura speciale a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate in persona del legale rappresentante pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato

presso i cui uffici è domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n.

12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale

dell’Umbria, n. 42/2/2012, depositata il 5 marzo 2012;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28 gennaio

2020 dal Consigliere D’Orazio Luigi.

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. Con contratto di costituzione di diritto di superficie del 26-5-2001, con durata sino al 26-5-2011, poi prorogato sino al 30-8-2013, la Sifar Mec concedeva alla contribuente Sifar Placcati s.r.l. il diritto di costruire un immobile strumentale all’attività di impresa, per il corrispettivo di circa Euro 67.139,40. Alla scadenza del contratto l’immobile, ai sensi dell’art. 953 c.c., sarebbe automaticamente divenuto di proprietà della proprietaria del suolo, ossia della concedente Sifar Mec. Il costo veniva ammortizzato dalla Sifar Placcati in quote costanti per il numero di anni di durata della concessione, ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 104, trattandosi di un bene gratuitamente devolvibile alla scadenza della concessione.

2. L’Agenzia delle entrate emetteva avviso di accertamento nei confronti della Sifar Placcati s.r.l., in relazione all’anno 2004, ritenendo l’ammortamento indeducibile ai sensi del Tuir, art. 104, non potendosi utilizzare l’ammortamento finanziario, caratteristico di tale norma, ma solo l’ammortamento tecnico di cui al Tuir, art. 102, comma 2, per il 3 % del costo storico riconosciuto, salvo poi imputare al conto economico tutto il costo residuo non ammortizzato alla scadenza del diritto di superficie. Veniva, quindi, accertato per il 2004 un maggiore reddito non dichiarato ai fini Ires e Irap di Euro 154.535,00, con una maggiore imposta Ires per Euro 50.996,00 ed Irap per Euro 6.567,00, oltre sanzioni ed interessi.

3. La Commissione tributaria regionale dell’Umbria accoglieva l’appello proposto dalla Agenzia delle entrate avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Perugia che aveva accolto il ricorso presentato dalla contribuente, in quanto il termine “concessione” riguarda solo i rapporti con gli enti pubblici che affidano a terzi la costruzione di un’opera pubblica. Il Tuir, art. 104, u.c., contempla espressamente l’ipotesi di concessione relativa alla costruzione ed all’esercizio di opere pubbliche, con ciò rendendo palese che l’intero articolo è dedicato alle ipotesi di concessione in genere in senso tecnico e non nel senso, ipotizzato dalla contribuente, di attribuzione gratuita di un bene ad un soggetto alla scadenza di un certo termine.

4. Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione la contribuente, depositando anche memoria scritta.

5. Resiste con controricorso l’Agenzia delle entrate.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. Con il primo motivo di impugnazione la società deduce “violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto ed in particolare per violazione e falsa applicazione del Tuir, art. 104, in quanto il giudice di appello ha erroneamente sostenuto che che l’ammortamento finanziario di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 104, deve applicarsi solo alle concessioni di opere pubbliche, ma non anche ai rapporti concessori tra i privati; in realtà il Tuir, art. 104, concerne anche l’attività negoziale dei privati perchè, alla scadenza del termine concordato per la costruzione dell’immobile sul terreno, in base al diritto di superficie, il terreno diviene di proprietà del concedente, proprietario del suolo, per il principio dell’accessione ai sensi dell’art. 953 c.c., trattandosi dunque, anche in questo caso di un bene gratuitamente devolvibile. La società, allora, stante il “generico” riferimento alle “concessioni” nei commi 1 e 2, avrebbe potuto beneficiare dell’ammortamento finanziario di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 104, per tutta la durata del diritto di superficie, e non dell’ammortamento tecnico di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 102, con applicazione quale ammortamento dei coefficienti tabellari previsti dal D.M. 31 dicembre 1988, e segnatamente dell’aliquota del 3 % sul costo di costruzione. Il D.P.R. n. 917 del 1986, art. 104, commi 1, 2 e 3, prevede un ammortamento finanziario in quote costanti, valevole per ogni tipologia di concessione, quindi anche private, mentre il solo art. 104, comma 4, disciplina l’ammortamento finanziario, ma con deduzione di quote proporzionali, per le sole concessioni di costruzione e gestione di “opere pubbliche”.

2. Con il secondo motivo di impugnazione la ricorrente deduce “contraddittorietà e insufficiente motivazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, nel momento in cui si ravvisa la possibilità dell’ammortamento finanziario di cui al Tuir, art. 104, solo nelle ipotesi di concessioni di diritto pubblico (escludendo dal novero delle concessioni alla cui scadenza si possa ravvisare una devoluzione gratuita del bene, quella disciplinata all’art. 953 c.c.) sostenendo che è il testo stesso della norma che impone tale interpretazione”. Tale motivazione è errata, contraddittoria o insufficiente in quanto sostiene che, poichè il Tuir, art. 104, comma 4, si riferisce espressamente alle concessioni di opere pubbliche, allora anche il Tuir, art. 104, commi 1, 2 e 3, si riferiscono a tale tipologia di concessioni e non anche a quelle di natura privatistica, come quella rilasciata dal proprietario del terreno con il diritto di superficie attribuito al superficiario. Al contrario, il Tuir, art. 104, primi tre commi, hanno ad oggetto le concessioni nella loro accezione “generica” e quindi ricomprendenti sia concessioni tra enti che tra privati, mentre il Tuir, art. 104, comma 4, attiene solo alle concessioni relative ad opere pubbliche. In realtà, la corretta interpretazione è quella per cui nell’ambito del più ampio genus delle concessioni in genere (sia private che pubbliche) il Tuir, art. 104, comma 4, specifica le concessione di opere pubbliche, come species con trattamento differenziato.

3.1. Il primo motivo è fondato.

3.2. Invero, l’art. 952 c.c. prevede che “il proprietario può costituire il diritto di fare e mantenere al di sopra del suolo una costruzione a favore di altri, che ne acquista la proprietà. Del pari può alienare la proprietà della costruzione già esistente, separatamente dalla proprietà del suolo”.

L’art. 953 c.c., poi, stabilisce che “Se la costituzione del diritto è stata fatta per un tempo determinato, allo scadere del termine il diritto di superficie si estingue e il proprietario del suolo diventa proprietario della costruzione”.

Il D.P.R. n. 917 del 1986, art. 102, comma 1, disciplina l’ammortamento tecnico dei beni materiali, prevedendo che “Le quote di ammortamento del costo dei beni materiali strumentali per l’esercizio dell’impresa, sono deducibili a partire dall’esercizio di entrata in funzione del bene”. Al comma 2 si precisa che “la deduzione è ammessa in misura non superiore a quella risultante dall’applicazione al costo dei beni dei coefficienti stabiliti con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze…i coefficienti sono stabiliti per categorie di beni omogenei in base al normale periodo di deperimento e consumo nei vari settori produttivi”.

Il D.P.R. n. 917 del 1986, art. 104, disciplina l’ammortamento finanziario ed al comma 1 dispone che “per i beni gratuitamente devolvibili alla scadenza di una concessione è consentita, in luogo dell’ammortamento di cui agli artt. 102 e 103, la deduzione di quote costanti di ammortamento finanziario”.

Per l’art. 104, comma 2, “la quota di ammortamento finanziario deducibile è determinata dividendo il costo dei beni, diminuito degli eventuali contributi del concedente, per il numero degli anni di durata della concessione, considerando anche le frazioni”.

Il D.P.R. n. 917 del 1986, art. 104, comma 4, prevede infine che “per le concessioni relative alla costruzione e all’esercizio di opere pubbliche sono ammesse in deduzione quote di ammortamento finanziario differenziate da calcolare sull’investimento complessivo realizzato. Le quote di ammortamento sono determinate nei singoli casi in rapporto proporzionale alle quote previste nel piano economico-finanziario della concessione, includendo nel costo ammortizzabile gli interessi passivi anche in deroga alle disposizioni del dell’art. 110, comma 1”.

3.3. Pertanto, la questione centrale da affrontare si incentra sulla applicabilità o meno della disciplina dell’ammortamento finanziario di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 104, non solo alle concessioni pubblicistiche, ma anche agli accordi negoziali di costituzione del diritto di servitù di durata temporanea, nel momento in cui alla scadenza del termine la costruzione diventa di proprietà del concedente, già proprietario del suolo, per il principio dell’accessione di cui all’art. 953 c.c.. Per la contribuente, infatti, la cui tesi non è stata accolta dal giudice di appello, anche in questo caso vi sarebbe una devoluzione gratuita del fabbricato al concedente.

3.4. Va precisato che il codice configura due distinte ipotesi di costituzione di servitù: quella in cui il superficiario ha il diritto di fare e mantenere al di sopra del suolo una costruzione di cui diventa proprietario (concessione ad aedificandum ex art. 952 comma 1 c.c.); quella in cui viene trasferita la proprietà già esistente sul suolo (la proprietà superficiaria, ai sensi dell’art. 952 c.c., comma 2). E’ evidente che nel caso in esame ci troviamo dinanzi alla prima ipotesi, in quanto la Sifar Mec ha concesso alla contribuente Sifar Placcati s.r.l. il diritto di costruire un complesso immobiliare sul terreno di proprietà della prima.

L’art. 953 c.c., poi, prevede che, alla scadenza del termine, il diritto di superficie si estingue e il proprietario del suolo diventa proprietario della costruzione.

E’ chiaro che il proprietario del suolo, ne resta proprietario anche durante il periodo di costituzione del diritto di superficie, tanto che può continuare ad utilizzare il fondo fino all’inizio dei lavori di costruzione, e può riprendere ad utilizzarlo anche se la costruzione per qualsiasi ragione venga meno prima dello scadere del termine (per esempio per demolizione della costruzione). La mancata ricostruzione per venti anni, con l’estinzione del diritto di superficie, farà rivivere il diritto del proprietario nella sua naturale pienezza. Lo stesso avverrà al momento della scadenza del termine del diritto di superficie, ove sia fissato un limite temporale.

L’acquisizione della proprietà della costruzione da parte del proprietario del fondo, quindi, avviene per accessione. Il diritto di superficie, infatti, va proprio a neutralizzare il meccanismo della accessione per il termine concordato di durata del diritto di superficie.

E’ evidente, allora, che il meccanismo di devoluzione di cui all’art. 953 c.c., con il trasferimento della proprietà del terreno al titolare del suolo, in virtù dell’accessione, è molto diverso dalla devoluzione gratuita del bene al concedente, al termine del periodo di concessione rilasciata dall’ente pubblico al privato. In quest’ultimo caso non scatta alcun meccanismo riguardante l’accessione, ma la devoluzione dei beni nel frattempo realizzati dal concessionario avviene in presenza del pubblico interesse che permea il rapporto di concessione pubblicistica (in questo senso anche Risoluzione della Agenzia delle entrate n. 301/E del 18 ottobre 2007; anche Risoluzione della Agenzia delle entrate 5-7-2007, n. 157).

Del resto, la devoluzione dei beni al proprietario del fondo rappresenta solo una possibilità nei contratti di costituzione del diritto di superficie, ben potendo le parti optare per una diversa destinazione della costruzione, anche concordando che la stessa venga demolita, al termine di durata del contratto, con assegnazione dei materiali al concessionario, in quanto l’art. 953 c.c. non è una norma inderogabile, ma lasciata alla disponibilità delle parti contraenti. La volontà delle parti è, allora, libera nello stabilire gli effetti legati all’estinzione del diritto in ordine alla destinazione della costruzione, che ben potrebbe non essere devoluta al proprietario del fondo. L’art. 953 c.c. non è norma imperativa, ma solo dispositiva. L’estinzione del diritto di superficie, al termine della sua durata, non implica necessariamente il passaggio della proprietà della costruzione realizzata dal superficiario, per accessione, al proprietario del suolo, ma soltanto il venir meno per il superficiario della possibilità di mantenere l’edificio su quel suolo. Nella materia di cui trattasi si confrontano solo gli interessi privatistici del proprietario del suolo e del superficiario, in assenza di qualsiasi interesse pubblicistico, sicchè è ben possibile che le parti pattuiscano la mancata devoluzione della costruzione edificata dal superficiario al proprietario del suolo. Il proprietario del suolo, come può demolire la costruzione realizzata dal superficiario, una volta scaduto il termine del contratto, allo stesso modo può pattuire che prima della scadenza di tale termine, sia proprio il superficiario a provvedere a tale demolizione.

E’ evidente che, invece, il D.P.R. n. 917 del 1986, art. 104, si riferisce alle concessioni di diritto pubblico, nelle quali è sempre presente sullo sfondo delle pattuizioni delle parti il diritto pubblico, con impossibilità di prevedere la mancata devoluzione della costruzione all’ente pubblico concedente, al termine del contratto di costituzione del diritto di superficie (Cass., sez. 5, n. 32635/2019). Inoltre, nei rapporti tra le parti private si può anche prevedere che l’acquisto della costruzione da parte del proprietario del suolo possa essere il corrispettivo indiretto della concessione del diritto di superficie. Il superficiario, quindi, anche se non riceve alcun corrispettivo dalla devoluzione finale della costruzione in favore del proprietario del suolo, ha già ricevuto in godimento il diritto di superficie senza avere corrisposto alcunchè al proprietario del suolo. Insomma le variegate pattuizioni contrattuali nei rapporti tra i privati divergono profondamente dai rapporti concessori tra pubblica amministrazione e privato, sottesi dalla presenza di un interesse pubblico dominante.

Del resto il principio nazionale OIC 24 (appendice A.12), in vigore solo per i bilanci aventi inizio a partire dal 1 gennaio 2016 prevede che “le concessioni sono provvedimenti con i quali la pubblica amministrazione trasferisce ad altri soggetti i propri diritti o poteri, con i relativi oneri ed obblighi”.

Con riferimento ai soggetti IAS adopter, poi, l’IFRIC 12 (International Financial Reporting Interpretations Committee) al paragrafo 5, impone regole di contabilizzazione degli accordi in concessione da pubblico a privato.

3.5. Molti elementi depongono per una interpretazione restrittiva della portata del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 104.

3.6. Anzitutto, il dato letterale della norma richiamata che fa riferimento a “beni gratuitamente devolvibili alla scadenza di una concessione”. Il termine concessione va inteso in senso tecnico, come provvedimento amministrativo emesso da una pubblica amministrazione, con acquisizione di una posizione giuridica soggettiva da parte del concessionario pienamente tutelabile nei confronti dei terzi, ma costituente un diritto affievolito nei confronti della pubblica amministrazione. Il diritto reale nei confronti dei privati ed il diritto affievolito nei confronti della pubblica amministrazione si fondano proprio su un contratto di diritto privato che si innesta nel provvedimento amministrativo.

La concessione prevista dal Tuir, art. 104, si configura come un atto amministrativo di carattere negoziale avente ad oggetto attività riconducibili alla competenza dell’ente concedente e comportante il trasferimento di facoltà dell’ente al privato concessionario. Tale ammortamento finanziario non è estensibile a rapporti di altra natura.

La “devoluzione gratuita” di cui al Tuir, art. 104, non può essere ricollegata alla acquisizione della costruzione, gratuita, da parte del proprietario del fondo, in quanto in tale ultimo caso, disciplinato dall’art. 953 c.c., entra in gioco il meccanismo dell’accessione.

Peraltro, nei rapporti privatistici il concedente riceve dal beneficiario del diritto di superficie un corrispettivo per la possibilità edificatoria sul terreno, sicchè v’è comunque una controprestazione, proprio come è accaduto nel caso in esame.

Il Tuir, art. 104, comma 4, poi, specifica la materia delle concessioni pubbliche, con riferimento alle concessioni relative alla costruzione ed all’esercizio di opere pubbliche, anch’esse ammesse al beneficio dell’ammortamento finanziario, con una maggiore tutela in questi peculiari casi del concessionario. Infatti, in tali ipotesi l’ammortamento finanziario non avviene per deduzione di quote costanti, ma le quote di ammortamento sono determinate “nei singoli casi”, in rapporto “proporzionale” alle quote previste nel “piano economico-finanziario della concessione”. Ciò significa che viene particolarmente apprezzato da parte del legislatore lo sforzo costruttivo del concessionario che realizza un’opera pubblico, con un dispendio cospicuo di spese, e quindi riconosce a questi la possibilità di un maggior ammortamento negli anni, soprattutto nei periodi di maggiori spese sostenute per costi di costruzione, consentendo una più immediata correlazione tra spese sostenute e quote di ammortamento proporzionali alle stesse.

L’ammortamento tecnico è funzionale alla mera ripartizione, in una pluralità di periodi, del costo fiscalmente riconosciuto, in quanto sopportato per per l’acquisizione del bene, attraverso quote non necessariamente costanti ed in stretta correlazione con le modalità d’impiego del bene nell’attività da cui deriva il reddito di impresa.

L’ammortamento finanziario è un procedimento tecnico contabile di ripartizione del costo pluriennale dell’immobilizzazione gratuitamente devolvibile negli esercizi di durata della concessione, al fine di sottrarre a tassazione quanto il concessionario complessivamente sborsi per acquistare e mantenere cose destinate al concedente (Cass., 15 novembre 2013, n. 25668; Cass., 7 marzo 1997, n. 2085).

Il Tuir, art. 104, dunque, concerne i beni gratuitamente devolvibili al concedente alla fine della concessione, sicchè il concessionario viene ad essere reintegrato del valore dei beni stessi. Tale tipologia di ammortamento risponde all’esigenza di fronteggiare i costi da sostenere nel corso della concessione in relazione alla restituzione dei beni e degli impianti che devono essere devoluti gratuutamente e in perfetto stato di funzionamento.

3.7. La Corte Costituzionale, poi, con sentenza 6-2-2012, n. 16, ha chiarito che l’ammortamento finanziario, prima cumulabile con l’ammortamento tecnico, ed ora alternativo allo stesso, va considerato come una “vera e propria agevolazione tributaria”, rivolta non tanto all’effettivo ammortamento dei costi relativi a beni oggetto di concessione, quanto piuttosto ad alleggerire il carico fiscale sui concessionari, sicchè le quote annuali di ammortamento finanziario dedotte nel corso della concessione sono state considerate quote di utili esenti da imposta. Infatti, l’eventualità che, scaduta la concessione, le quote di ammortamento finanziario potessero superare il costo dei beni non ammortizzato con l’ammortamento tecnico, rivela la totale estraneità dell’ammortamento finanziario alle finalità tipiche dell’ammortamento. L’ammortamento finanziario consente al concessionario di accantonare un utile, cui potevano attribuirsi i caratteri di sopravvenienza attiva nell’esercizio in cui avviene la devoluzione.

Trattandosi, quindi, di norma agevolativa per il concessionario, ne deriva la doverosa interpretazione restrittiva, con applicazione solo ai concessionari di enti pubblici.

3.8. In un remoto precedente, peraltro, questa Corte ha chiarito che l’ammortamento finanziario di cui al vecchio Tuir, art. 69 (ora Tuir, art. 104) non può applicarsi in ipotesi di locazione di immobile ad uso foresteria, in quanto trova applicazione solo in caso di concessione di beni (Cass., 8416/2009).

Questa Corte (Cass., 15 novembre 2013, n. 25668) ha fatto applicazione del Tuir, art. 104, in una fattispecie in cui la Regione aveva dato in concessione ad una società una infrastruttura ferroviaria di trasporto pubblico, con intervento di ampliamento, ammodernamento e potenziamento della stessa, con la realizzazione di opere che alla fine della durata della concessione sarebbero state devolute gratuitamente alla Regione concedente. Tali interventi sono stati realizzati, quindi, su aree demaniali appartenenti alla Regione, e le relative opere sarebbero rimaste di proprietà dell’ente concedente, come previsto nell’atto di concessione. La “proprietà di concessione” comprende i beni che, alla scadenza della concessione, sono trasferiti agli enti concedenti gratuitamente ed in condizioni di normale funzionamento, ossia “gratuitamente devoluti”, ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 104.

3.9. La deduzione avanzata in sede di memoria scritta dalla contribuente, per cui la fattispecie in esame dovrebbe essere regolata sulla base dei principi contabili, dovendosi applicare il principio di derivazione rafforzata di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 83, come modificato dal D.L. n. 244 del 2016, art. 13-bis, del con la prevalenza della sostanza sulla forma, anche in deroga alla normativa prevista dal testo unico, non può essere condivisa.

In primo luogo, la società non ha dimostrato la sussistenza, all’epoca dei fatti, dei requisiti per l’applicazione del principio di derivazione rafforzata.

In secondo luogo, tali principi contabili vanno applicati solo a partire dal bilancio chiuso al 31-12-2016, mentre, nella specie, l’anno in contestazione è il 2004. L’applicazione di tali principi a ritroso comporterebbe una rivisitazione di tutti i dati di bilancio in precedenza evidenziati nelle scritture contabili.

Infine, per questa Corte, nel giudizio di legittimità, lo “ius superveniens”, che introduca una nuova disciplina del rapporto controverso, può trovare di regola applicazione solo alla duplice condizione che, da un lato, la sopravvenienza sia posteriore alla proposizione del ricorso per cassazione, e ciò perchè, in tale ipotesi, il ricorrente non ha potuto tener conto dei mutamenti operatisi successivamente nei presupposti legali che condizionano la disciplina dei singoli casi concreti; e, dall’altro lato, la normativa sopraggiunta sia pertinente rispetto alle questioni agitate nel ricorso, posto che i principi generali dell’ordinamento in materia di processo per cassazione – e soprattutto quello che impone che la funzione di legittimità sia esercitata attraverso l’individuazione delle censure espresse nei motivi di ricorso e sulla base di esse – impediscono di rilevare d’ufficio (o a seguito di segnalazione fatta dalla parte mediante memoria difensiva ai sensi dell’art. 378 c.p.c.) regole di giudizio determinate dalla sopravvenienza di disposizioni, ancorchè dotate di efficacia retroattiva, afferenti ad un profilo della norma applicata che non sia stato investito, neppure indirettamente, dai motivi di ricorso e che concernano quindi una questione non sottoposta al giudice di legittimità (Cass., sez. 5, n. 19617/2018). La contribuente, sin dal primo grado di giudizio, ed anche nel giudizio di legittimità, ha chiesto l’applicazione dell’ammortamento finanziario di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 104, e non dell’ammortamento tecnico di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 102.

4. Il secondo motivo è inammissibile, in quanto con la censura in ordine al vizio di motivazione di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, calibrata sub specie di vizio di contraddittoria ed insufficiente motivazione, in quanto la sentenza del giudice di appello è stata depositata il 5-3-2012, quindi prima delle modifiche di cui al D.L. n. 83 del 2012, applicabile alle sentenze in vigore a decorrere dall’11-9-2012, in realtà invoca nuovamente una violazione di legge, fondando le doglianze su una non corretta interpretazione da parte del giudice di appello delle norme di cui al Tuir, artt. 102 e 104.

Invero, per questa Corte, in tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e quindi implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; viceversa, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è esterna all’esatta interpretazione della norma di legge e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, sotto l’aspetto del vizio di motivazione. Il discrimine tra l’una e l’altra ipotesi – violazione di legge in senso proprio a causa dell’erronea ricognizione dell’astratta fattispecie normativa, ovvero erronea applicazione della legge in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta – è segnato dal fatto che solo quest’ultima censura, e non anche la prima, è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa (Cass., sez. 1, 22 febbraio 2007, n. 4178; Cass., sez. 1, 12 ottobre 2017, n. 24054; Cass., 11 gennaio 2016, n. 195). 5.Le spese del giudizio di legittimità vanno poste a carico della ricorrente e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Condanna la ricorrente a rimborsare in favore della Agenzia delle entrate le spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in complessivi Euro 5.600,00, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 28 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 12 giugno 2020

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