Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11337 del 11/05/2010

Cassazione civile sez. lav., 11/05/2010, (ud. 22/03/2010, dep. 11/05/2010), n.11337

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. LAMORGESE Antonio – Consigliere –

Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

ARIN – AZIENDA RISORSE IDRICHE NAPOLETANE – s.p.a., domiciliata in

Roma, presso la Cancelleria della Corte di cassazione, rappresentata

e difesa dall’Avvocato CESARO ERNESTO per procura a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

I.G., C.D., C.A., CI.

A., elettivamente domiciliati in ROMA, via BARBERINI n. 3,

presso lo studio dell’Avvocato PARLATO GUIDO, che li rappresenta e

difende per procura a margine del controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 753/2007 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 31/08/2007;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

22/03/2010 dal Consigliere Dott. GIOVANNI MAMMONE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

DESTRO Carlo.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO E DIRITTO

C.V., ex dipendente AMAN (Azienda municipalizzata dell’acquedotto di Napoli) – cui è succeduta dapprima l’ARIN (Azienda risorse idriche di Napoli) e poi l’ARIN s.p.a. – assunto prima dell’1.1.63, ricorreva al giudice del lavoro per l’inclusione dell’indennità di incentivazione prevista dall’accordo sindacale 2.9.71 nella base di calcolo della pensione aziendale a carico dell’Azienda, con condanna della stessa al pagamento delle differenze maturate.

Accolta la domanda e proposta impugnazione dall’ARIN s.p.a., in contraddittorio con l’appellato, la Corte di appello di Napoli con la sentenza 1.2-31.8.07 rigettava l’impugnazione.

L’ARIN in liquidazione chiede la cassazione della sentenza deducendo, con unico motivo, violazione del combinato disposto della L. 11 aprile 1955, n. 379, art. 12, L. 5 dicembre 1959, n. 1077, art. 15, L. 26 aprile 1983, n. 131, art. 30, ai fini applicativi ed interpretativi del regolamento organico ARIN e delle delibere assunte dall’Azienda.

Rispondono con controricorso I.G., C. A., C.D. e Ci.An., eredi dell’attore, deceduto in corso di giudizio.

Il consigliere relatore ha depositato relazione ex art. 380 bis c.p.c., che è stata comunicata al Procuratore generale ed è stata notificata ai difensori costituiti.

I controricorrenti hanno depositato memoria.

Il ricorso è infondato.

Il motivo proposto si conclude con il quesito: se possa riconoscersi che l’indennità di incentivazione AMAN non possiede le caratteristiche per rientrare nella retribuzione contributiva CPDEL e che, in omaggio al criterio dell’armonizzazione, l’indennità di incentivazione AMAN non rientra nel trattamento pensionistico aziendale.

La giurisprudenza di legittimità, premesso che il carattere della continuatività di un determinato compenso non può essere concepito in modo assoluto, ma deve essere valutato in relazione alla particolare natura di ciascun compenso preso in considerazione, ritiene fornita di tale carattere l’indennità di incentivazione (o di presenza) in quanto essa, ancorchè erogata nelle sole giornate di effettiva presenza, è causalmente correlata all’ordinaria prestazione lavorativa (Cass. 4.12.00 n. 15418, 24.7.01 n. 10031, 25.7.01 n. 10172).

Conseguentemente, tenuto conto del contenuto della Delib. aziendale 29 settembre 1987, n. 404 (che esplicitamente richiamava “gli elementi retributivi assoggettabili al sistema pensionistico CPDEL”) la stessa giurisprudenza ha ritenuto che la suddetta indennità è computabile nel trattamento pensionistico in quanto ai sensi del D.L. n. 55 del 1983, art. 30, convertito nella L. n. 131 del 1983, possono rientrare nel trattamento pensionistico dei dipendenti degli enti locali “tutti gli emolumenti fissi e continuativi dovuti come remunerazione dell’attività lavorativa” (alla giurisprudenza già citata adde Cass. 17.2.99 n. 1336 e 15.12.00 n. 15829).

Tale iter argomentativo – ora messo in discussione dalla Società ricorrente – è stato successivamente condiviso da numerose successive pronunzie (da ultimo v. Cass., S.u., 6.5.08 n. 11036), che hanno dato luogo ad una consolidata giurisprudenza di legittimità, da cui il Collegio non ritiene di doversi discostare.

Giova, peraltro, ribadire che l’emolumento in considerazione trova origine a livello non aziendale, ma di contrattazione collettiva nazionale (Cass. 3.10.07 n. 20734). Inoltre, la disciplina dell’indennità in questione deve essere ricercata non solo negli artt. 64, 65 e 67 del regolamento organico del 1945, ma anche nella Delib. aziendale n. 404 del 1987.

Infatti, il regolamento aziendale ha natura di mero regolamento di impresa (e, quindi, di atto negoziale), che può essere modificato dalle determinazioni negoziali successive del datore di lavoro, senza che sia possibile attribuire al regolamento il ruolo di fonte sopraordinata (Cass. n. 11036 del 2008, cit.).

Essendo il giudice di merito attenuto a tali principi, il ricorso deve essere rigettato.

Le spese del giudizio di Cassazione, come liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese che liquida in Euro 30,00 per esborsi ed in Euro 2.000,00 (duemila) per onorari, oltre spese generali, Iva e Cpa.

Così deciso in Roma, il 22 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 11 maggio 2010

 

 

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