Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11337 del 09/05/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 09/05/2017, (ud. 22/03/2017, dep.09/05/2017),  n. 11337

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – rel. Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23758-2015 proposto da:

C.A.G., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA

CAVOUR presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato NICOLETTA FABIANO;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

e contro

DIREZIONE PROVINCIALE DI FOGGIA – UFFICIO CONTROLLI;

– intimata –

avverso la sentenza n. 385/27/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE DI BARI – SEZIONE DISTACCATA DI FOGGIA, depositata il

23/02/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 22/03/2017 dal Consigliere Dott. ROBERTA CRUCITTI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

C.A.G. ricorre, su tre motivi, nei confronti dell’Agenzia delle entrate (che resiste con controricorso) avverso la sentenza, indicata in epigrafe, con la quale la C.T.R. della Puglia, nella controversia avente ad oggetto l’impugnazione di avviso di accertamento, D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 32 portante maggiore IRPEF relativa all’anno di imposta 2009, ne aveva rigettato l’appello avverso la decisione di primo grado anch’essa sfavorevole.

A seguito di proposta ex art. 380 bis c.p.c. è stata fissata l’adunanza della Corte in camera di consiglio, con rituali comunicazioni. Il Collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della presente motivazione in forma semplificata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1 Il primo motivo – con il quale si deduce la nullità dell’atto impositivo perchè sottoscritto da funzionario privo di delega o comunque non facente parte della carriera direttiva – è inammissibile, siccome proposto solo oggi in sede di giudizio di legittimità. Nella specifica materia, questa Corte ha, infatti, ribadito che tale questione, per la particolare natura del processo tributario, deve trovare ritualmente ingresso solo con l’originario ricorso (cfr. Cass. 18.9.2015 n.18488 richiamata da Cass. 16/10/2015 n. 20984).

2. E’ inammissibile anche il secondo motivo, con il quale si lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo risultante dalla documentazione relativa alla società alla quale era intestato il conto corrente bancario ed al quale il contribuente accedeva nella sua qualità di amministratore. A fronte della chiara motivazione resa sul punto dalla C.T.R. e del conseguente accertamento in fatto dalla stessa operato, il mezzo non introduce un fatto il cui esame sarebbe stato omesso quanto piuttosto evoca una diversa ricostruzione di quel fatto (inammissibilmente come ribadito da Cass. Sez. Unite n.8053/2014).

3. Il rigetto del secondo motivo comporta il rigetto anche del terzo, prospettante violazione di legge e fondato su una ricostruzione del fatto diversa da quella effettuata dal Giudice di merito. La censura è, in ogni caso, infondata.

Per giurisprudenza di questa Corte (sentenze n.ri 767, 10578 e 19692/2011 e, di recente, n.13799/2016)) ai fini dell’accertamento delle imposte dei redditi, i dati e gli elementi risultanti dai conti correnti bancari vanno ritenuti rilevanti ai fini della ricostruzione del reddito imponibile se il titolare non fornisce adeguata giustificazione a prescindere dalla prova preventiva che il contribuente eserciti una determinata attività.

4. La C.T.R., nel ritenere giustificato l’accertamento fondato sul D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, si e pienamente uniformata alla giurisprudenza di questa Corte che legittima l’utilizzo dei dati bancari acquisiti ex art. 32, comma 7 cit. in combinato disposto con il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, lett. d) (cfr. Cass. n. 19888/2011; Cass. n. 17953/2013). E d’altra parte, questa Corte, con la sentenza n. 19692/2011, puntualmente richiamata dall’Agenzia controricorrente, ha chiarito che “in tema di accertamento delle imposte sui redditi, i dati e gli elementi risultanti dai conti correnti bancari assumono sempre rilievo ai fini della ricostruzione del reddito imponibile, se il titolare di detti conti – nella specie, svolgente attivita di collaborazione coordinata e continuativa come amministratore di società a responsabilita limitata – non fornisca adeguata giustificazione, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, poiche questa previsione e quella di cui all’art. 38 medesimo D.P.R. hanno portata generale, riguardando la rettifica delle dichiarazioni dei redditi di qualsiasi contribuente, quale che sia la natura dell’attivita svolta e dalla quale quei redditi provengano. Ne puo inferirsi l’applicabilità dell’art. 32 cit. ai soli soggetti che esercitino attività di impresa o di lavoro autonomo per via del riferimento testuale della disposizione ai “ricavi” ed alle “scritture contabili”, in quanto il dato letterale risulta limitativo unicamente della possibilità per l’Ufficio di desumere reddito dai “prelevamenti”, giacche non puo presumersi in via generale e per qualsiasi contribuente la produzione di un reddito da una spesa, a differenza che per imprenditori o lavoratori autonomi, per i quali, invece, le spese non giustificate possono ragionevolmente ritenersi costitutive di investimenti. Non puo dunque ritenersi che lo strumento di cui all’art. 32 ult. cit. sia utilizzabile, come prospettato dalla parte ricorrente, esclusivamente in ragione dell’attivita di lavoro autonomo o d’impresa del contribuente e/o della specifica natura dei redditi diversi”.

5. Conclusivamente, pertanto, il ricorso va rigettato ed il ricorrente, soccombente, condannato al pagamento delle spese processuali liquidate come in dispositivo.

6. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente alla refusione in favore dell’Agenzia delle entrate delle spese liquidate in complessivi Euro 4.000 oltre eventuali spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 22 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 9 maggio 2017

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