Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11335 del 23/05/2011

Cassazione civile sez. lav., 23/05/2011, (ud. 28/04/2011, dep. 23/05/2011), n.11335

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSELLI Federico – Presidente –

Dott. DE RENZIS Alessandro – est. rel. Consigliere –

Dott. FILABOZZI Antonio – Consigliere –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso n. 1739/2010 proposto da:

OMNIOFFICE SAS DI GAETANO FLAMINIO, in persona del suo socio

accomandatario F.G., elettivamente domiciliata in Roma,

Via E. Q. Visconti n. 20, presso lo studio dell’Avv. Nicola Petracca,

rappresentata e difesa dall’Avv. RUMOLO Maurizio del foro di Napoli

come da procure a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

rappresentante legale pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma,

Via della Frezza 17 presso l’Avvocatura Centrale dello stesso

Istituto, rappresentato e difeso, anche disgiuntamente, dagli Avv.ti

CALIULO Luigi, Antonino Sgroi e Lelio Maritato per procura in calce

al controricorso;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza n. 5920/08 della Corte di Appello di

Napoli del 10.10.2008/10.01.2009 nella causa iscritta al n. 2671 RG

dell’anno 2004.

Udita la relazione del Cons. Dott. Alessandro De Renzis svolta nella

pubblica udienza del 28.04.2011;

udito l’Avv. Carla D’Aloisio, per delega dell’Avv. Antonino Sgroi,

per il controricorrente;

sentito il P.M., nella persona del Sost. Proc. Gen. Dott. MATERA

Marcello, che ha concluso per l’inammissibilità e, in subordine, il

rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Il Tribunale di Napoli con sentenza n. 6798 del 2003 rigettava l’opposizione proposta dalla SAS OMNIOFFICE di Michele e Gaetano Flaminio e dal legale rappresentante F.M. in proprio contro l’ordinanza-ingiunzione n. 5504 del 2000, con la quale l’INPS aveva intimato di pagare la somma di L. 2.831.000 per sanzione conseguente ad omesso versamento da parte della società dei contributi assicurativi per il periodo ottobre 1993/luglio 1995, come risultanti dal verbale ispettivo del 18.09.1995.

2. La Corte di Appello di Napoli con sentenza n. 5920 del 2008 ha dichiarato inammissibile l’appello proposto da F.G. in proprio non come legale rappresentante della Omnioffice SAS, perchè non aveva partecipato al giudizio di primo grado, essendo stata proposta l’opposizione dalla società e dal legale rappresentante F.M. in proprio.

La stessa Corte ha rigettato, perchè infondato, l’appello proposto dalla società, osservando che dalle risultanze processuali non trovava conferma il richiesto doppio inquadramento, essendo emerso che l’attività di assistenza tecnica e di riparazione era complementare ed accessoria rispetto a quella, precipua e prevalente, di natura commerciale svolta dalla stessa società. Ad avviso della stessa Corte non erano attendibili i testi escussi D. e P..

3. La Omnioffice Sas ricorre per cassazione con quattro motivi, illustrati con memoria ex art. 378 c.p.c.. L’INPS resiste con controricorso. Viene autorizzata da parte del Collegio motivazione semplificata.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo la ricorrente lamenta violazione dell’art. 437 c.p.c., per avere la Corte territoriale introdotto d’ufficio un nuovo e diverso tema di indagine in relazione all’inquadramento di carattere “artigianale”, profilo non contenuto nella memoria di primo grado dell’INPS. Con il secondo motivo la ricorrente deduce vizio di motivazione sul punto decisivo riguardante l’omessa valutazione degli elementi documentali prodotti.

Con il terzo motivo la ricorrente denuncia vizio di motivazione circa la circostanza decisiva relativa alla non corretta valutazione dell’autonomia con cui erano state svolte dalla società le attività industriali e commerciali.

Con il quarto motivo la ricorrente lamenta vizio di motivazione, per non avere considerato irrilevante la Corte territoriale la costituzione in primo grado di F.M. in proprio, nei cui confronti l’ente previdenziale non aveva svolto alcuna domanda.

2. Il ricorso così formulato, proposto per impugnare la sentenza resa tra le parti dopo il 2 marzo 2006, data di entrata in vigore del D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, incorre nella violazione dell’art. 366 bis c.p.c., introdotto con l’art. 6 dell’anzidetto D.Lgs..

Tale norma impone, per i casi previsti dall’art. 360 c.p.c., nn. 1, 2, 3 e 4, l’illustrazione di ciascun motivo con la formulazione, a pena di inammissibilità, di un quesito di diritto, mentre in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, l’illustrazione del motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione.

Nel caso di specie il ricorso non presenta formulazione di un appropriato ed adeguato quesito di diritto, tale da consentire di individuare lo specifico contenuto dell’impugnazione e il profilo logico-giuridico risolutivo della questione introdotta, nè censura in modo specifico e chiaro il ragionamento attraverso il quale il giudice del gravame è giunto alla dichiarazione di rigetto dello stesso ricorso.

Al riguardo si richiama recente indirizzo di questa Corte (in particolare Sezioni Unite sentenza n. 7258 del 26 marzo 2007, seguita da successiva giurisprudenza), secondo cui l’art. 366 bis c.p.c., non può essere interpretato nel senso che il quesito del diritto (e simmetricamente la formulazione del fatto controverso nel caso previsto dall’art. 360 c.p.c., n. 5) possa desumersi implicitamente dalla formulazione del motivo del ricorso, perchè tale interpretazione si risolverebbe nell’abrogazione tacita della norma, che, come già evidenziato, ha introdotto, a pena di inammissibilità, il rispetto di un requisito formale, da formularsi in maniera esplicita.

Va precisato infine che, contrariamente a quanto osservato dalla ricorrente nella memoria ex art. 378 c.p.c., nessun rilievo assume l’avvenuta abrogazione – a decorrere dal 4 luglio 2009 – della norma anzidetta sul quesito di diritto, abrogazione che non ha efficacia retroattiva, applicandosi alla fattispecie, ratione temporis, la richiamata norma introdotta dal D.Lgs. n. 40 del 2006.

2. In conclusione il ricorso va dichiarato inammissibile. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente alle spese, che liquida in Euro 10,00, oltre Euro 3.000,00 per onorari ed oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 28 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 23 maggio 2011

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