Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11333 del 29/04/2021

Cassazione civile sez. I, 29/04/2021, (ud. 29/01/2021, dep. 29/04/2021), n.11333

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – rel. Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10642/2019 proposto da:

M.J., elettivamente domiciliato in Roma Via Asiago, 9

presso lo studio dell’avvocato Spighetti Edoardo, e rappresentato e

difeso dall’avvocato Guglielmo Silvana, giusta procura allegata al

ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in Roma, Via dei Portoghesi 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di CATANZARO, depositato il

08/02/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

29/01/2021 dal cons. Dott. PARISE CLOTILDE.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con decreto n. 355/2019 depositato l’8-2-2019 e comunicato il 20/2/2019 il Tribunale di Catanzaro ha respinto il ricorso di M.J. alias M.J., cittadino della (OMISSIS) – (OMISSIS), avente ad oggetto in via gradata il riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e di quella umanitaria, all’esito del rigetto della sua domanda di protezione internazionale da parte della competente Commissione Territoriale. Il Tribunale ha ritenuto che fosse non credibile la vicenda personale narrata dal richiedente, il quale riferiva di essere di religione (OMISSIS) e di essere fuggito perchè temeva di essere ucciso dai membri della setta degli (OMISSIS), alla quale si era rifiutato di aderire al posto del suo defunto padre. Il Tribunale ha ritenuto che non ricorressero i presupposti per il riconoscimento di alcuna forma di protezione, avuto anche riguardo alla situazione generale dell'(OMISSIS), descritta nel decreto impugnato, con indicazione delle fonti di conoscenza.

2. Avverso il suddetto provvedimento, il ricorrente propone ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi, nei confronti del Ministero dell’Interno, che resiste con controricorso.

3. Il ricorso è stato fissato per l’adunanza in camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c. e art. 380 bis 1 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. I motivi di ricorso sono così rubricati: “1. Violazione L. n. 46 del 2017, art. 6 che introduce l’art. 35 bis D.Lgs. n. 25 del 208, comma 11, lett. A e C. Direttiva 2013/32 UE (in particolare gli artt. 12, 14, 31, 46) e della carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea art. 47”; “2. Violazione della L. n. 46 del 2017, art. 6, comma 9”; “3. Violazione e mancata applicazione delle disposizioni contenute nel D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2”; “4. Violazione del disposto del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. C”; “5. Violazione della norma contenuta nel D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32 e D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e conseguente violazione art. 2 Cost. e artt. 3 e 8 CEDU”. Con il primo e con il terzo motivo il ricorrente, nel dedurre che, ai fini della protezione sussidiaria, a differenza di quanto previsto per la definizione dello status di rifugiato, si richiede l’esistenza di un rischio effettivo, censura il giudizio di non credibilità espresso dal Tribunale, contestando la ricostruzione dei fatti di cui al decreto impugnato, in particolare rimarcando che il suo racconto non era lacunoso e stereotipato e che il Tribunale non ha correttamente esercitato i poteri istruttori ufficiosi, in quanto, in caso di rimpatrio, il ricorrente, primogenito maschio, correva il pericolo di essere ucciso dai membri della potente setta degli (OMISSIS), che era una vera e propria organizzazione criminale. Si duole (primo motivo) della sua mancata audizione, che, in mancanza di videoregistrazione, a suo avviso deve essere sempre disposta dal giudice di primo grado. Richiamando la pronuncia di questa Corte n. 17717/2018 e la giurisprudenza della Corte di Giustizia, rileva che l’assenza di audizione del richiedente asilo integra una restrizione dei diritti di difesa e che il verbale della Commissione Territoriale è scarno e poco esaustivo. Con i motivi secondo e quarto si duole della mancata citazione nel decreto impugnato delle informazioni sul suo Paese della Commissione Nazionale Asilo, deduce di avere diritto alla protezione sussidiaria art. 14 citato, lett. c per la situazione generale del suo paese, di violenza indiscriminata, in ordine alle tensioni etniche e religiose, alla grave condizione di povertà e di violazione dei diritti umani, come risulta dal sito (OMISSIS), nonchè dalle pronunce di merito e di questa Corte che richiama. Con il quinto motivo si duole del mancato riconoscimento della protezione umanitaria, richiama la normativa di riferimento, rileva che il suo Paese non può ritenersi sicuro e rimarca che manca nel decreto impugnato l’indagine collegata alla violazione dei diritti alla vita e all’incolumità personale, nonchè quella sul contesto di provenienza e sul ruolo dei governanti locali.

2. I motivi primo e terzo, da esaminare congiuntamente per la loro connessione, sono inammissibili.

2.1. In base all’orientamento di questa Corte al quale il Collegio intende dare continuità, il ricorso per cassazione con il quale sia dedotta, in mancanza di videoregistrazione, l’omessa audizione del richiedente che ne abbia fatto espressa istanza, deve contenere l’indicazione puntuale dei fatti che erano stati dedotti avanti al giudice del merito a sostegno di tale richiesta, avendo il ricorrente un preciso onere di specificità della censura (Cass. n. 25312/2020).

2.2. Nel caso di specie, il ricorrente non indica i fatti dedotti nel giudizio di merito a sostegno della richiesta di audizione, che è stata motivatamente disattesa dal Tribunale in quanto è stata ritenuta esaustiva l’audizione del ricorrente, peraltro non comparso all’udienza di comparizione, effettuata in sede amministrativa in una con le allegazioni in fatto di cui al ricorso, considerando la mancata indicazione di elementi nuovi (pag. n. 3 decreto).

Il ricorrente, anche nel censurare il giudizio di non credibilità, espresso dal Tribunale all’esito di dettagliata disamina di tutte le allegazioni ed anche mediante ricerca di riscontri al racconto, nelle fonti di informazione, sulla setta degli (OMISSIS) (pag. 10 decreto), si limita a riproporre la propria ricostruzione del narrato, assumendo apoditticamente che non sia contraddittorio. Non deduce di avere indicato nel giudizio di merito, quanto alla vicenda personale, in che modo avrebbe potuto chiarire i fatti, che non sono nuovi rispetto a quelli riferiti alla Commissione Territoriale, ma si limita solo a confutare la valutazione fattane, con dettagliata motivazione, dal Tribunale, ossia sollecitando, inammissibilmente, una rivisitazione del merito in sede di legittimità.

3. Anche i motivi secondo e quarto, entrambi vertenti sul diniego della protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) sono inammissibili.

3.1. Per costante giurisprudenza di questa Corte, l’accertamento della situazione di “violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale”, che sia causa per il richiedente di una sua personale e diretta esposizione al rischio di un danno grave, quale individuato dalla medesima disposizione, implica un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito. Il risultato di tale indagine può essere censurato, con motivo di ricorso per cassazione, nei limiti consentiti dal novellato art. 360 c.p.c., n. 5 (tra le tante Cass. n. 30105 del 2018).

Premesso che detto ultimo vizio neppure è specificamente dedotto in ricorso, a fronte della puntuale indicazione nel decreto impugnato delle fonti informative privilegiate (Easo 2017) in ordine all’insussistenza di una situazione di violenza indiscriminata di rilevanza ai sensi della lett. c) del citato art. 14 (pag.13), il ricorrente si limita a riportare nel ricorso un ampio stralcio tratto dal sito “(OMISSIS)” in relazione al rischio terrorismo, a tensioni etniche e religiose e alla povertà nel suo Paese, nonchè a richiamare pronunce di merito e di legittimità, senza specificamente confrontarsi con la motivazione del decreto impugnato sul punto.

4. Parimenti inammissibile è il quinto motivo, relativo al diniego della protezione umanitaria.

4.1. Con riguardo alla disciplina applicabile ratione temporis in tema di protezione umanitaria, occorre premettere che la domanda di riconoscimento del permesso di soggiorno per motivi umanitari presentata, come nella specie, prima dell’entrata in vigore (5/10/2018) della normativa introdotta con il D.L. n. 113 del 2018, convertito nella L. n. 132 del 2018, deve essere scrutinata sulla base della normativa esistente al momento della sua presentazione (Cass. S.U. n. 29459/2019).

4.2. Ciò posto, il ricorrente, denunciando il vizio di violazione di legge, richiama la normativa di riferimento e sentenze di merito e di legittimità, nonchè afferma di essere soggetto vulnerabile a causa delle gravi violazioni dei diritti umani perpetrate nel suo Paese, ma non deduce di aver allegato nel giudizio di merito ulteriori elementi individualizzanti di rilevanza o fatti specifici che possano rivestire decisività, nel senso precisato da questa Corte e chiarito con la recente pronuncia delle Sezioni Unite già citata (tra le tante Cass. n. 9304/2019 e Cass. S.U. n. 29459/2019), anche in relazione alla situazione del Paese di origine, che, ove prospettata in termini generali ed astratti come nella specie, è di per sè inidonea al riconoscimento della protezione umanitaria.

Il fattore di integrazione in Italia non è specificamente richiamato nel ricorso e neppure è menzionato nel decreto impugnato.

5. Le spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis ove dovuto (Cass. S.U. n. 5314/2020).

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio, liquidate in Euro2.100 per compensi, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima civile, il 29 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 29 aprile 2021

 

 

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